Quale la cura migliore per il disagio mentale?

Una conoscenza completa del mondo dei Servizi di salute mentale per dare risposte più efficaci ai pazienti. E’ l’obiettivo del convegno ‘Dall’approccio farmacologico alla presa in carico globale della persona con disagio psichico: pratiche a confronto’, organizzato dal Dipartimento di salute mentale e dipendenze patologiche in collaborazione con l’associazione ‘Porte aperte della Romagna’ che si terrà per tutta la giornata di domani giovedì 7 marzo al Centro servizi Ausl della Romagna a Pievesestina di Cesena.

“E’ importante far conoscere la realtà in cui si opera, quante persone si rivolgono ai Servizi di salute mentale e qual è l’organico in attività e quali percorsi intraprendono gli utenti – spiega Valerio Cellini, presidente di ‘Porte Aperte della Romagna’ che tutela e promuove i diritti delle persone affette da problemi psichici –. E’ bene sapere quale organizzazione del lavoro si attua e con quali équipe, quanta popolazione fa uso esclusivo di psicofarmaci, quante persone fanno percorsi psicoterapeutici, riabilitativi e di inclusione sociale. E poi ancora quanto e quale sociale è coinvolto in percorsi abitativi e in inserimenti lavorativi. Infine è utile fare un bilancio dell’uso dello strumento del budget di salute”.

Al convegno hanno aderito le associazioni ‘Ama la vita’ e ‘A testa alta’ di Ravenna’, ‘Se questo è un uomo’ di Cesena, ‘Il volante’ di Forlì e ‘Orizzonti nuovi’ di Rimini.

‘Porte Aperte della Romagna’ compie quest’anno 25 anni, “un lungo periodo di conoscenza, di consapevolezza, di crescita e di conflitti di collaborazioni con i Servizi di salute mentale”, sottolinea Cellini.

Più volte l’associazione ha lamentato la grave situazione in cui vivono molte persone con disagio mentale e le loro famiglie, ritenendo insufficiente la presa in carico dei pazienti, sia per carenza di medici e operatori che per indirizzi di intervento psichiatrico eccessivamente medicalizzati. Per questo sostiene l’appello della Siep (Società italiana di epidemiologia psichiatrica) che denuncia “lo stato drammatico in cui è ridotto il sistema di cura per la salute mentale in Italia, a seguito dei tagli alla sanità, alle restrizioni al turn-over e allo snaturamento dei principi fondanti la salute mentale di comunità”. In questo scenario, fra l’altro di forte crescita della popolazione con disagio mentale, “la loro risposta sta assumendo caratteristiche sempre più riduttive, impone la risposta farmacologica come strumento principale della cura e riduce fino ad azzerarli gli interventi psicoterapici e di inclusione sociale”.