“In Compagnia della Romagna”, al via la rassegna dedicata al dialetto

Presentati gli appuntamenti a cura di “Te ad chi sit è fiol”, in collaborazione con la Biblioteca Malatestiana e l’istituto “Friedrich Schürr"

Da sinistra: Zanfini, Belli, Acerbi

Ritorna la rassegna “In compagnia della Romagna”. A organizzarla è l’associazione culturale “Te ad chi sit è fiol”, presieduta da Leonardo Belli, in collaborazione con la Biblioteca Malatestiana e l’istituto “Friedrich Schürr”, dedicato al più grande studioso della lingua romagnola. Giunta alla sua nona edizione, la rassegna rappresenta un’occasione preziosa per incontrare uomini e donne che si fanno autentici portavoce del dialetto romagnolo.

Tre appuntamenti (più altri) in calendario

Il programma, presentato questa mattina alla stampa, si aprirà il 24 novembre con la conferenza di Davide Pioggia, dal titolo “Cesena crocevia della Romagna”, che si terrà alle 17 nella sala Lignea della Biblioteca Malatestiana. Il 22 dicembre, il contadino e poeta Loris Babbini, introdotto dal giornalista e professore Paolo Turroni, interpreterà “L’è sera”. Durante lo stesso incontro, Theo Pezzi, presentato da Elena Giovannini, proporrà “Ec’ e parché uj e la Romagna”. A chiudere i primi tre appuntamenti sarà Giuseppe Bellosi, che il 19 gennaio presenterà “Inciòn”. Gli incontri del 22 dicembre e del 19 gennaio si svolgeranno alle 17 nell’Aula Magna della Biblioteca Malatestiana. Sono previsti ulteriori appuntamenti, che verranno annunciati prossimamente.

“Rassegna di successo, ma pochi i giovani”

“L’idea che il dialetto non sia cultura, ma qualcosa da cui liberarci, è un pregiudizio superato – afferma l’assessore alla Cultura Camillo Acerbi -. Il dialetto è pienamente parte della cultura: basta pensare alla vastissima produzione letteraria in romagnolo per comprenderlo”. Leonardo Belli esprime soddisfazione per il grande successo raggiunto dalla rassegna in nove anni, con un pubblico sempre più ampio. “L’unico difetto è la mancanza di pubblico giovane“, che, commenta Paolo Zanfini, direttore scientifico della Biblioteca Malatestiana, “probabilmente, soprattutto nelle zone centrali della nostra città vive una lontananza dai nonni o da altre persone anziane che ancora parlano dialetto in casa”.