Cesena
Petrini (Ccr): “Ai politici chiediamo di tenere aperto sempre il dialogo. Primo compito di un sindaco è creare comunità”
“Il tessuto imprenditoriale del nostro comprensorio risulta sano e dotato degli elementi strutturali necessari per vincere la sfida competitiva globale. Nel complesso si può dire che, escluso il settore delle costruzioni e del turismo balneare, tutta l’economia cresce in media con le altre aree più dinamiche d’Europa ed ha superato la crisi”. Lo sostiene il direttore generale del Credito cooperativo romagnolo, Giancarlo Petrini, con uno sguardo alla missione della banca (si tiene l’assemblea dei soci sabato 11 maggio alla Fiera di Cesena a partire dalle 14,45) e un altro alla tornata elettorale che interesserà Cesena e altri sette Comuni nel territorio.
“La forte vocazione all’esportazione – prosegue il direttore – permette alle aziende di minore dimensione di incrementare i volumi di vendita in presenza di una stagnazione della domanda nazionale. Le aziende del cesenate sono in grado di sfruttare la tecnologia e la logistica disponibile, raggiungendo a costi contenuti ogni angolo del pianeta. Sono gli effetti positivi della globalizzazione, dove il mercato è il mondo ed è disponibile per chi ha capacità organizzative e intellettuali”.
Direttore, per uscire in maniera definitiva dalla crisi si potrebbe fare di più?
Molto si è fatto e molto si potrebbe fare se i nostri imprenditori fossero più orientati al lavoro di gruppo. Al momento l’organizzazione a rete e la realizzazione di progetti in comune sono ancora limitati, con la conseguenza che l’elevato potenziale della nostra classe imprenditoriale viene sfruttata in misura ridotta. Esiste un individualismo che limita la capacità di intercettare la domanda che quotidianamente si manifesta.
In concreto?
La visione strategica dovrebbe essere quella di puntare a diventare un’area che a livello mondiale sia di richiamo per specifici prodotti o servizi. Per realizzare una visione di questo genere, occorre mettere insieme le proprie idee, parte delle proprie forze e creare un network dove le relazioni tra i diversi operatori economici consentono di giocare una partita in squadra. Le iniziative sono ancora molto frazionate e non raccordate organicamente.
La politica può giocare un ruolo?
Il ruolo della classe politica è importante e va svolto in armonia con le diverse rappresentanze di categoria, l’università, i sindacati. Sotto questo aspetto siamo ancora molto indietro. Una buona idea non ottiene mai il consenso della maggioranza e della opposizione. Siamo sempre spaccati tra guelfi e ghibellini, bianchi e neri. Non esiste quasi mai dialogo. Andrebbe fatto tesoro di un proverbio citato spesso da papa Francesco: se vuoi andare veloce corri da solo, se vuoi andare lontano corri insieme a qualcun altro. Era rivolto ai giovani, ma è perfetto anche per i nostri politici e imprenditori.
Da dove partire?
Il nostro comprensorio è ben amministrato e non ci sono particolari criticità da risolvere. Questo non significa che non si siano interventi cui dare priorità. Certamente un sistema di comunicazione stradale migliorato in grado di collegare le principali città della Romagna sarebbe un ottimo sostegno allo sviluppo economico e sociale. È importante il contributo di governi nazionali e regionali, ma un’azione concertata di tutte le amministrazioni del territorio, mirata al finanziamento dell’opere necessarie, potrebbe avere una maggiore efficacia. Occorre rendere agevole e veloce il trasferimento di persone e merci tra i comuni del comprensorio e della Romagna.
Non abbiamo collegamenti adeguati?
Non è accettabile che per raggiungere in auto Savignano o San Mauro Pascoli sia necessaria un’ora per andare e altrettanto per tornare. Rende precario e difficile il servizio sanitario, scolastico, pubblico. Limita lo sviluppo dei rapporti tra le persone e le istituzioni, limita lo sviluppo dell’economia. Collegare tutti i paesi con un sistema viario usufruibile sia con auto, ma anche con altri mezzi (biciclette soprattutto), consentirebbe di elevare il livello di attrattività di questi luoghi, creando un effetto “vasi comunicanti” tra persone e cose. Ci sarebbero maggiori stimoli a investire all’interno delle città e paesi per incrementare e diversificare l’offerta. In altre parole, non credo che il problema dei centri storici siano i parcheggi, ma come arrivarci da fuori città o paese.
Come agisce la Banca che lei guida?
Il Credito cooperativo romagnolo affonda le sue radici nelle sacrestie delle nostre parrocchie. La prima tra le nostre casse nacque a Gatteo oltre 120 anni fa. Da allora tutte le energie delle persone che si sono adoperate nella gestione di queste realtà sono sostenute da una visione della propria opera che fa riferimento alla dottrina sociale della chiesa nella prospettiva della solidarietà. Una solidarietà continuamente “ripensata”.
Cosa significa ripensare la solidarietà?
Certamente non significa mettere in discussione il magistero, che anzi si dimostra sempre più attuale e lungimirante. Piuttosto significa coniugare il magistero con l’evoluzione socio-economica che, essendo costante e rapida, presenta aspetti sempre nuovi. Significa “ripensare” nel senso di approfondire, riflettere ulteriormente, per fare emergere la fecondità di un valore, in questo caso la solidarietà, che contiene potenzialità inesauribili. Il sistema economico uscito da questa lunga crisi ha reso ancora più urgente questo “ripensare” davanti a un fatto sconcertante e nuovo anche per la nostra comunità. Se da una parte abbiamo patrimoni che crescono grazie all’opera virtuosa di operatori capaci, dall’altra sono sempre più numerosi i sotto-occupati e le famiglie che vivono in condizioni di povertà relativa. Il nostro territorio non sfugge a questa dinamica e il contributo che l’opera della nostra banca può dare è importante nel limitare le conseguenze di derive estremiste del sistema. Abbiamo ripensato alla solidarietà non solo come semplice assistenza nei confronti dei più poveri, ma come ricerca di vie per informare il sistema economico e sociale, cercando di correggerlo in modo coerente con i diritti minimi di tutti. È uno sforzo, non sempre ben visto dal mondo economico e finanziario, al quale non sempre viene riconosciuta cittadinanza sociale. La crisi attuale non è solo economico e finanziaria ma anche etica e antropologica. Ci si è dimenticati che al di sopra degli affari, della logica e del personale tornaconto, c’è l’essere umano al quale deve essere offerta la possibilità di vivere dignitosamente e di partecipare attivamente al bene comune.
In termini di gestione della Banca significa che…
Siamo consapevoli che i nostri clienti che affidano i loro risparmi, frutto di anni di sacrificio, non possono essere traditi e il nostro agire è e sarà sempre improntato alla massima prudenza. Ma nella gestione del credito la nostra banca è il luogo in cui l’imprenditore, le parrocchie, la diocesi, le associazioni, le famiglie, i politici, i professionisti, i sindacalisti attingono linfa per alimentare il loro impegno economico o sociale all’interno di un confronto continuo. Un dialogo continuo, indispensabile per evitare di cadere in una relazione arida, ostile e disumanizzata.
Occorre ampliare il raggio d’azione?
Abbiamo osservato in queste relazioni, nei momenti più gravi della crisi, la scomparsa di un fattore fondamentale di sviluppo: la speranza. Non abbiamo lasciato solo nessuno, anche nei momenti di maggiore difficoltà. È la missione della nostra banca negli ambiti della vita sociale, economica e politica. È una missione che non compiamo da soli ma collaborando con altri che condividono una visione etica di solidarietà senza fazioni e distinzioni cercando di allargare il più possibile la nostra rete. L’ultima iniziativa in ordine di tempo, si chiama “coltiviamo buone idee”. Una collaborazione con le associazioni di volontariato di qualsiasi estrazione, finalizzata a creare una rete di solidarietà verso la realizzazione di obiettivi, coinvolgendo tutte le persone volenterose che hanno a cuore le persone in difficoltà. Un’idea di solidarietà tecnologicamente avanzata che sfrutta internet e i social network, sostenuta e proposta dalla nostra banca. Facciamo rete, senza guelfi e ghibellini, bianchi o neri, destra o sinistra.
Infine, cosa chiedere ai politici?
Di tenere aperto il dialogo. I problemi si risolvono collaborando se si ha a cuore il bene comune. Lasciare da parte sterili critiche, confrontarsi su progetti di integrazione sociale, di collaborazione economica, di supporto familiare, di coinvolgimento degli anziani spesso lasciati soli. Lavorare insieme per dare speranza ai giovani, contrastare fenomeni di illiceità diffuse (penso alla droga che circola vicino alle scuole, alle violazioni continue delle abitazioni). Certamente ognuno ha la sua soluzione, ma pensare che sia in assoluto la migliore ne limita l’efficacia e soprattutto, crea barriere invalicabili al confronto e all’accettazione reciproca. Ne consegue un’azione politica che impedisce la nascita di una comunità, cellula primaria della costituzione di un popolo, di una nazione. È l’opera primaria del sindaco: creare comunità.
Concludo con un massima che ripeteva con frequenza il nostro vescovo Lanfranchi: se hai un euro e lo scambi con un euro di un’altra persona entrambi avranno un euro, ma se abbiamo un’idea e la scambiamo abbiamo due idee a testa. Si tratta di un principio sul quale basare la costituzione di una rete. Una visione ulteriore della solidarietà.
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Sulla versione cartacea (pagina 15) a colloquio anche con il presidente della Bcc di Sarsina, Mauro Fabbretti, in vista dell’assemblea per l’approvazione del bilancio (utile oltre i 500 mila euro) che si terrà domenica 12 maggio.