Cesena
Al teatro Bonci “Richard II”, un re in frantumi
Il dramma storico dedicato a re Riccardo II è il primo tassello della doppia tetralogia teatrale di William Shakespeare dedicata al percorso che condusse il trono d’Inghilterra dai Plantageneti ai Tudor, la dinastia di Enrico VIII e di Elisabetta I.
Composto alla fine del XVI secolo, forse nel 1595, è una delle opere giovanili del Bardo e racconta vicende avvenute quasi due secoli prima, fra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo. Riccardo II è un re irresoluto, dedito ai piaceri e non è in grado di comprendere che la disfida fra due pari del regno, Bolingbroke e Mowbray, può minare la stessa sua corona. Bolingbroke, esiliato, vede il suo patrimonio incamerato dal re che così vuole pagare la guerra contro gli Irlandesi. Nonostante i più fedeli consiglieri cerchino di frenare Riccardo da un’azione che va contro tutte le regole, minando la sua stessa figura di sovrano (lui è re solo perché discende da un re), Riccardo decide di infrangere quelle regole, e si impossessa dei beni di Bolingbroke, che allora muove con un piccolo esercito contro l’Inghilterra. Appena giunto nell’isola la popolazione e i nobili insorgono contro Riccardo, sperando che Enrico possa essere un re migliore di lui. Riccardo, avuta notizia che non gli è rimasto più nessuno fedele, cede alla realtà dei fatti, accetta di perdere la corona e di venire imprigionato. Mentre il nuovo re, Enrico IV, fa fatica a gestire il trono che ha ottenuto con il tradimento, un suo fedele, sperando di fargli cosa gradita, va a uccidere il re detronizzato. Alla notizia della morte di Riccardo, Enrico non esulta, ma profetizza che quell’omicidio farà iniziare una lunga serie di delitti, di cui lui non è in grado di vedere la fine. Lo spettatore del tempo, invece, vedeva benissimo la fine di quel lungo bagno di sangue. Dopo le guerre civili, dopo la guerra delle Due Rose (Lancaster contro York), sarebbero stati i Tudor a pacificare finalmente l’Inghilterra. Quando Shakespeare compose la tetralogia che inizia con Riccardo II e termina con l’eroico Enrico V, il pubblico aveva già apprezzato la tetralogia seguente, con le guerre civili del tempo di Enrico VI e la torva figura di Riccardo III: in questa serie di drammi, oltre ad occuparsi della storia inglese recente, egli si occupa di filosofia, di politica, d’arte. Questi drammi sono in realtà delle enciclopedie della cultura del tempo, ridotte ad uso dello spettatore in un paio d’ore di vicende, in cui il protagonista, in questo caso, si interroga sulla natura della regalità. Un tema davvero scottante, tanto che nel 1601 una ripresa del Riccardo II fu utilizzata per preparare una congiura contro Elisabetta I. La scena più efficace, e più barocca del dramma è quella in cui Riccardo, deposto, chiede di avere uno specchio e osservandosi in uno degli oggetti magici per eccellenza (simbolo stesso di Dioniso, dio del teatro), confronta il sé stesso del presente con quello del passato, chiedendosi dove sia finito il re di un tempo; successivamente infrange lo specchio e in ogni frammento dell’oggetto ritrova un frammento di sé. Un re in frantumi, nel senso letterale della parola.
Giunge al “Bonci” l’allestimento di Peter Stein (da giovedì 30 novembre a domenica 3 dicembre) con una particolarità nel cast: a dare corpo e voce a Riccardo è Maddalena Crippa, moglie del regista. Una scelta senza dubbio spiazzante e originale, che potrebbe permettere di osservare il personaggio con occhi nuovi. Potrebbe: di fatto, tuttavia, l’interpretazione del re è piuttosto tradizionale, e se non si può che lodare l’espressività vocale dell’attrice, non pare ci sia un qualcosa di totalmente inedito e inaspettato in questo suo Riccardo. L’impostazione registica è estremamente essenziale, come la scarna, minimale scenografia. Forse sarebbe stato il caso di rendere un po’ più minimale anche il testo, perché oltre tre ore sono tante per seguire le vicende, complesse e contorte, delle famiglie della corte reale inglese. Certamente i contemporanei di Shakespeare non si perdevano fra i vari nomi, ma per noi oggi sono quasi solo suoni, e sintetizzare un po’ questa parte avrebbe fatto solo bene allo spettacolo, che in generale è apparso meno teso ed efficace di quello che ci si sarebbe aspettati. Valida la compagnia degli attori, non originali né efficaci le musiche, non particolarmente riusciti i costumi, che ibridavano le vesti del tempo con quelle di oggi. Alla prima serata, di giovedì, pubblico particolarmente esiguo, con applausi concentrati nel finale.
La compagnia incontrerà il pubblico venerdì primo dicembre alle ore 17,30 nel foyer del “Bonci”.