Cesena
In città una “comunità che accoglie”. Un modello di integrazione sociale
La città di Cesena è ora più ricca. Una nuova tessera del puzzle è stata aggiunta al welfare. Lo si è realizzato con una decisa stretta di mano fra tre soggetti, le associazioni del territorio, i cittadini e l’Amministrazione comunale, che alla “cultura del rifiuto”, sempre più imperante, hanno preferito la “cultura dell’accoglienza”. A seguito di anni di lavoro e di un impegno collettivo, è stata presentata ieri sera al palazzo del Ridotto alla cittadinanza “Una comunità che accoglie”, piattaforma programmatica che da oggi offrirà nuove risposte alla sfida della cosiddetta ‘seconda accoglienza’, una fase non sempre facile che succede alla prima, ossia all’arrivo dei rifugiati politici sul territorio nazionale italiano.
Il progetto, portato avanti da Arci solidarietà, associazione papa Giovanni XXIII, Auser Cesena, Caritas diocesana, Cgil Cesena, Cisl Romagna, Istituto Lugaresi, Misericordia Valle Savio e Spi-Cgil Cesena, è rivolto in particolare (ma non solo) ai rifugiati e ai richiedenti asilo che si trovano senza un alloggio e rischiano di rimanere per strada.
Nell’ambito di questa piattaforma ciascuna delle associazioni di volontariato e di promozione sociale che ne fanno parte potrà esprimere la propria opinione rispondendo a una domanda che in molti si sono rivolti in questi anni in cui i flussi migratori diretti verso le coste italiane sono aumentati a vista d’occhio facendo spesso del mare Mediterraneo un “cimitero a cielo aperto”, come ricordato più volte da papa Francesco.
“Cosa portano le tante persone che arrivano nella nostra città e che si trovano in una situazione di estremo disagio?”
Da questo interrogativo, sociale ed esistenziale, dopo quasi sette anni, la città di Cesena ha tratto un’inedita esperienza comunitaria di integrazione sociale. La sintesi di questo lavoro avviato nel 2010 è stata l’apertura del dormitorio di via Andrea Costa 108 avvenuta nel dicembre scorso per rispondere all’emergenza freddo, e resa possibile da un privato che ha messo a disposizione un appartamento. Nel corso di queste settimane in totale sono 24 le persone (visti i 12 posti letto a disposizione), con il supporto dei volontari che vi offrono servizio, che vi hanno trovato ristoro anche grazie al contributo finanziario del comune di Cesena e dell’Unione dei comuni della Valle del Savio. Cinque di queste persone sono riuscite a realizzare un rienserimento sociale trovando un lavoro e un’abitazione.
“Gli anni che abbiamo trascorso dal 2010 a oggi sono stati di grandi cambiamenti e di serie difficoltà. Anni in cui la comunità ha risposto a cambiamenti repentini e a bisogni nuovi. Questa sera rappresenta la sintesi perfetta di un percorso che tutti assieme abbiamo affrontato”. Lo ha detto l’assessore ai servizi per le persone Simona Benedetti manifestando soddisfazione dinanzi a questa nuova esperienza cesenate. “L’impoverimento della nostra comunità è sotto gli occhi di tutti ormai da anni. Abbiamo cercato di capire quali potessero essere le soluzioni più efficaci a limitare questo fenomeno e oggi possiamo dire di essere riusciti a costruire un pezzettino nuovo di welfare in questa città”, ha aggiunto ringraziando a nome del Comune la Diocesi con il vescovo Douglas Regattieri che ha avviato un importante percorso di accoglienza e di ascolto andando a sostituirsi al Governo che fino ad ora non ha fornito le giuste risposte al problema.
Inoltre, “Una comunità che accoglie” non si rivolge esclusivamente ai rifugiati politici o ai “migranti” ma anche a tutti quei cittadini italiani colpiti gravemente dalla crisi economica e che adesso non possiedono un lavoro e neppure un tetto sotto il quale potersi riparare. Per affrontare questa situazione di grave impoverimento la papa Giovanni XXIII, la Caritas diocesana, la Uil, la Cisl, e tante altre associazioni del cesenate, hanno desiderato dare una degna risposta rimboccandosi le maniche e proponendo un’idea di comunità che da oggi è concreta.
Nel corso della presentazione non sono mancate le testimonianze di famiglie che hanno aperto le porte a ragazzi bisognosi e senza una propria famiglia. Toccante l’esperienza condivisa da Luciana e da suo marito Paolo che circa un anno fa hanno allargato il proprio amore di genitori a un ‘nuovo figlio’ arrivato dalla Costa d’Avorio. Commoventi, inoltre, le stesse parole di Modì, un 26enne del Mali che una volta uscito dal centro di prima accoglienza è stato accolto da Corrado e Raffaella che a loro volta hanno raccontato quanto sia difficile poter amare un ‘nuovo figlio’ a causa della complicata burocrazia italiana.