La classe operaia va in paradiso. Dal cinema al palcoscenico, al “Bonci” di Cesena dall’8 all’11 febbraio

«Ce n’est q’un début», non è che l’inizio, si gridava durante il maggio del 1968 in Francia. Quel movimento ha, in effetti, trasformato il mondo – o almeno, la società occidentale – ma oggi riesce ancora a fare giungere la sua voce? Uno dei frutti della contestazione, contestato a sua volta tantissimo, fu il film La classe operaia va in paradiso, del 1971, di Elio Petri, con l’iconico Gian Maria Volontè nel ruolo dell’operaio Lulù Massa, stakanovista incallito, che dopo la mutilazione a un dito acquista un embrione di coscienza di classe. Film contestato, nonostante i premi internazionali, l’opera è stata trasformata da Emilia Romagna Teatro (Ert) in un dramma diretto da Claudio Longhi, che di Ert è da poco tempo direttore. Protagonista, Lino Guanciale, attore ormai volto noto del piccolo schermo e già adoperato più volte proprio da Longhi, che qui mostra una grande crescita tecnica e artistica. Si potrebbe pensare che questo adattamento dal film del 1971 possa apparire solo un’operazione, come si dice oggi, “vintage”, per riportare al pubblico del tempo che fu i ricordi meravigliosi di un’epoca che ebbe anche molti aspetti negativi (in primis la lotta armata che insanguinò l’Italia, parallelamente alla strategia della tensione).

In realtà l’operazione di Claudio Longhi è molto più raffinata, molto intellettuale (per certi versi forse anche troppo intellettuale): lo si comprende subito ad apertura di sipario con la declamazione, in greco moderno, di un frammento dal poema di Esiodo Le opere e i giorni, il primo poema didascalico dell’umanità, in cui l’antichissimo poeta greco tesse le lodi del lavoro. Dall’antichità più remota si passa alla contemporaneità, perché mentre la voce declama i versi (per fortuna viene proiettata anche la traduzione italiana) scorrono immagini di oggi e di ieri, e si comprende bene che non si parlerà solo del lavoro nel 1971 ma del lavoro di oggi, 2018. L’idea è molto buona, la realizzazione un po’ meno efficace: non basta gettare nel discorso “Amazon” o “call center” per collegare un film strutturalmente connesso con i problemi del lavoro di quasi cinquant’anni fa ai problemi di oggi. Se l’idea di gettare un ponte fra passato e presente, per quanto non perfettamente sviluppata, è sembrata interessante, è sembrato invece un esercizio intellettualistico mettere in scena gli autori della sceneggiatura originale che discutono con i personaggi-attori il film stesso. L’idea poi di sovrapporre ai luoghi del 1971 i luoghi di oggi risulta quasi banale, scadendo in un già visto che non stimola. Dal punto di vista drammaturgico e tecnico, Longhi adopera ogni possibile accorgimento per ampliare la vicenda, anche citando La ragazza Carla di Elio Pagliarani, una scelta, questa sì, veramente lodevole, che permette di riascoltare un piccolo capolavoro della poesia moderna italiana. L’insieme, pur approfittando di una compagine teatrale veramente di qualità, oltre al bravissimo Lino Guanciale, e pur permettendo al pubblico di godere di un paio di scene veramente poetiche, in primo luogo la scena conclusiva, immersa in una nebbia protagonista insieme agli interpreti, di grande suggestione, lascia qualche dubbio: la storia del film del 1971 è un po’ tirata per i capelli e mostra i segni del tempo passato, l’idea di mettere in scena un’opera teatrale che, di fatto, è un commento a un film lascia perplessi (chi non conosce il film, ci si chiede, cosa avrà capito?), e, infine, quasi tre ore di durata sono davvero tanto per una vicenda che, forse, dalla sintesi avrebbe potuto trarre qualche giovamento.

Giovedì sera il “Bonci” vedeva ben poco pubblico presente, che però ha – giustamente – tributato vivissimi applausi agli ottimi interpreti. La compagnia teatrale incontrerà il pubblico presso il Teatro “Bonci” sabato 10, alle 18.