Archivio di Stato: braccio di ferro tra Comune e Ministero

La sede cesenate dell’Archivio di Stato è di nuovo a rischio? Quella che sembrava una polemica archiviata, grazie alla disponibilità del Comune nel concedere la sede attuale in comodato gratuito, in attesa del trasferimento a Torre del Moro, è tornata alla ribalta di prepotenza.

Dal ministero per i Beni e le attività culturali, infatti, è giunto a Palazzo Albornoz nei giorni scorsi una sorta di ultimatum: o il Comune si impegna entro la fine del mese di febbraio a mantenere l’Archivio in città alle nuove condizioni imposte da Roma, oppure l’Archivio cesenate si avvierà alla chiusura. E la cosa, come ripetuto in passato da molti addetti ai lavori, sarebbe una perdita gravissima per la città, dato che l’Archivio è frequentato non solo dagli studiosi di storia locale, ma anche da tanti studenti universitari che, da quelle carte, traggono spesso linfa per la propria tesi di laurea.

Ma quali sarebbero le nuove condizioni dettate dal Ministero? Secondo la Direzione generale Archivi, non basterebbe la disponibilità del Comune a concedere il comodato gratuito a tempo indeterminato, ma dovrebbe garantire anche eventuali altri spazi necessari a contenere “il prevedibile sviluppo dell’archivio per almeno un decennio”. Spazi che, nell’angusta sede del chiostro di San Francesco, al momento scarseggiano dato che l’Archivio ha di fatto esaurito ogni superfice a disposizione. A detta del Ministero poi, come se non bastasse, l’Amministrazione comunale dovrà farsi carico del costo delle ulteriori scaffalature occorrenti, oltre a impegnarsi a erogare un contributo annuo all’Archivio. Un ultimatum bello e buono.

Quello in atto non è certo il primo scontro tra Comune e Ministero. Basti pensare al maggio scorso, quando da Roma bocciarono l’ipotesi di un trasferimento dell’Archivio a Torre del Moro (in una palazzina di proprietà del Demanio, da ristrutturare per 1,7 milioni di euro). Ma è sintomatica di un rapporto teso e di un braccio di ferro che sta andando avanti da troppo tempo.

Una sfida combattuta a colpi di cavilli e portafogli chiusi. Lo Stato, infatti, nel cercare di razionalizzare al massimo la spesa ha pensato di chiudere tutte le sedi distaccate degli archivi accentrando tutto nei capoluoghi di provincia (un po’ come già avvenuto per le sezioni distaccate dei tribunali). E nella trattativa per il mantenimento della sezione cesenate richiama addirittura un regolamento (ancora in vigore) del 1911.

Al momento il Comune ostenta ottimismo, tanto che in un comunicato ringrazia le associazioni che hanno sollevato il tema dell’Archivio in passato e definisce “ormai imminente la conclusione del percorso per mantenerlo in città” aggiungendo poi quasi ironicamente “quando c’è una volontà comune si possono raggiungere risultati insperati”. Mentre, all’atto pratico, contesta al Ministero l’applicazione del regolamento del 1911 e si impegna a versare il canone per l’anno trascorso. Roma si accontenterà di questo?

E dire che sarebbe bastato, a suo tempo, modificare lo statuto della Provincia di Forlì-Cesena per dare al comune malatestiano la stessa dignità del capoluogo, come avvenuto a Pesaro e Urbino. Ma del senno di poi, sono pieni gli archivi.