Confcommercio e il futuro dell’imprenditoria

La crisi è ormai superata ma adesso c’è da intraprendere un percorso in salita affinché le piccole e medie imprese del territorio possano sopravvivere alle regole sempre più stringenti del mercato globale. Un cammino che interessa la stessa città di Cesena che necessita di una nuova regia organizzativa per le dismesse attività commerciali che incorniciano il nuovo assetto di piazza della libertà. È questo, in sintesi, l’appello di Augusto Patrignani, presidente della Confcommercio cesenate, che si rivolge a imprenditori e al territorio con l’amore che un romagnolo d’hoc nutre per la propria terra ma anche con lo spirito dell’uomo di mercato che investe nelle risorse locali.

Le imprese romagnole sono fuori dalla crisi?

Iniziamo a scorgere i primi segnali di una ripresa anche se molte imprese continuano a chiudere perché non guadagnano. Il costo del lavoro è molto alto appesantito da una ferrea pressione fiscale e dai costi elevati della burocrazia. Alcune imprese invece lavorano poco e si affidano a garanzie date alle banche da familiari: dichiarare fallimento per loro sarebbe una doppia sconfitta, per se stessi ma anche davanti ai loro cari che dovrebbero pagare il debito agli istituti di credito.

Qual è il messaggio che indirizza alle banche?

Dovrebbero aiutare le piccole imprese e fare un’analisi delle persone serie che ci sono dentro. Guardare un po’ meno al rating, cercando di dare prestiti non solo ai grandi gruppi ma anche al piccolo commerciante che ha un’idea e che dimostra di poterla portare sempre più in alto. Il nostro territorio avverte i primi sintomi dell’assenza della Cassa di Risparmio, anche se le difficoltà le avvertiremo con gli anni. Molti enti che in passato si rivolgevano alla Fondazione per prestiti e sostegni finanziari oggi bussano alla nostra porta.

Come si inserisce Confcommercio nel mercato odierno?

Ci siamo chiesti cosa può servire al futuro imprenditore. A differenza del passato, quando l’associazione era un erogatore di servizi obbligatori, contabilità, libri paga. Oggi abbiamo messo in campo servizi che non sono obbligatori ma che possono aiutare a stare sul mercato. Pensiamo a “Rigenera”, un’azienda che si frappone fra il commercialista e la banca e che non dà consulenza di carattere fiscale o tributario ma mette in campo un business plan del progetto e indica all’imprenditore di quanto ha bisogno. Rappresenta una sorta di bussola di rotta per potere andare sul mercato. Al momento segue 50/60 aziende del territorio ma sta ottenendo feedback in tutta Italia.

Chi è l’imprenditore tipo che si rivolge a Confcommercio?

Spesso ragazzi che non hanno un lavoro e che si improvvisano imprenditori. A questi chiediamo se hanno un  progetto e un proprio business plan,. Alcuni gli scoraggiamo mostrando che il progetto non starebbe in piedi e che causerebbero disagi a se stessi e alla famiglia perché se l’attività crolla ne risentono tutti. Quello che evidenziamo in maniera scientifica sono i costi da rapportare a un eventuale fatturato rapportato a un eventuale richiesta del consumatore.

C’è ancora spazio sul mercato per le aziende piccole e familiari?

Gli spazi si sono assottigliati soprattutto nei settori dell’abbigliamento e del tessile. Non si può più pensare di aprire un negozio in centro. Oggi serve l’idea precisa e un marchio che attrae. Se aprire un’attività devi prendere atto del panorama commerciale attuale.

Che panorama c’è per Cesena?

Cesena sta cambiando e cambierà. Questo potrebbe portare a un ritorno delle attività tradizionali che oggi hanno chiuso i battenti. Molto ci sarà da fare per piazza della libertà altrimenti resterà un’area spopolata a livello sociale e commerciale. Piazza della libertà va organizzata come se fosse un centro commerciale: c’è bisogno di tracciare un disegno atto a renderla vendibile dinanzi al consumatore che deve recarsi con voglia. Le attività sono tutte morte, adesso si tratta di riportarne altre rivolgendosi a commercianti capaci che non si lasciano intimidire da questi anni di spopolamento dell’area.

Cosa ha portato a questa desertificazione commerciale?

Lasciare il pagamento dell’Imu a locali commerciali sfitti, ad esempio. Ma la cosa più grave è stata aprire un unico grande cantiere chiudendo la piazza alla città. Avrebbero dovuto aprire piccoli cantieri tali da consentire alla piazza di vivere ancora e da incentivare i commercianti a migliorare le proprie attività.

Come vede il futuro della Romagna?

La Romagna è un territorio che si vende da solo e che ha una propria bandiera. Siamo una terra accogliente, ospitale, con tradizioni e sapori che tutti ci invidiano. La Riviera è il nostro petrolio, il turismo è fondamentale per il nostro paese. I dati l’anno scorso hanno registrato un notevole incremento e bisogna dare atto al ministro Dario Franceschini che ha avuto delle belle intuizioni. Un turista da noi si sente uno del territorio anche se non lo è. Questa è la nostra caratteristica assieme all’enogastronomia, ma dobbiamo ancora crescere migliorando la rete delle infrastrutture.

Oltre le infrastrutture cos’altro migliorerebbe?

La sicurezza. Oggi sono stati oltrepassati quei livelli che un tempo riguardavano il ladruncolo di campagna. La gente, e gli stessi commercianti, non si sentono al sicuro e vivono blindati. Bisogna che ci sia un miglioramento legislativo sotto questo aspetto. Abbiamo leggi che andavano bene quarant’anni fa quando si cercava il recupero e la premialità. Oggi sono quanto mai necessarie l’efficacia e la certezza della pena.