Don Paolo Pasolini: “Se non abbiamo il cuore pieno di cielo, anche il cuore si riempie di fango”

Un grande secchio d’acqua all’ingresso della chiesa. A cosa serve? A pulirsi (parola grossa…) i piedi dai ‘zaccharoni’ di fango che abbiamo ai piedi tutti, oggi, davanti alla chiesa della parrocchia di San Rocco. Lì, tra il Savio e il Ponte Vecchio, crocevia di strade, di villette familiari, di destino e di fatica. E brulicare di solidarietà.

“La Parola di Dio di oggi ci ha fatto alzare lo sguardo per guardare oltre a quello che vediamo ora: fango, problemi, distruzioni – così ha aperto l’omelia don Paolo Pasolini, parroco di San Rocco di Cesena, alla Messa delle 11 – In questi giorni in chat mi hanno mandato lo spezzone del film dove c’è Don Camillo a mollo nell’acqua dopo l’alluvione del Po. Tutti sono sfollati: in chiesa e con le porte aperte, come se avesse un grande amplificatore davanti, don Camillo parla in modo accorato alla gente. Ha parole forti di speranza: ‘il sole tornerà, asciugherà fossi, campi e case. Tornerete nelle vostre case’. Grazie a chi mi ha inviato questo spezzone perché sono parole belle, vere. Sì, il sole tornerà, ma io non sono don Camillo. Primo: sono l’unico ad avere chiesa, casa, e opere parrocchiali asciutte. Anche negli spazi sotto. Questo è un atollo in mezzo al mare”.

“E non sono don Camillo anche perché non sono tra quelli che dice andrà tutto bene – prosegue -. Non sono capace di dirlo. Dopo tre anni vissuti come questi, non bastano frasi fatte e pacche sulle spalle. Vedo sguardi smarriti e arrabbiati. E mi sentirei come quei politici che vanno in giro a dire forza forza a favore di telecamere e di sé”.

Nel Vangelo di oggi abbiamo sentito parole diverse. Se non abbiamo il cuore pieno di cielo, anche il nostro cuore si riempie di fango come la cantina – prosegue il ragionamento -. Se il tuo cuore non ha una speranza forte… con la sostanza e consistenza di Altro, si riempi di fango. E quando il cuore è pieno di fango, allora è veramente terribile.

“Gesù ci dice: io sono con voi fino alla fine del mondo”, don Paolo riprende il Vangelo di Matteo. “Anche adesso che il fiume ti ha portato via tutto. E in collina non ci sono strade, vie di comunicazioni. Non arrivano nemmeno i soccorsi perché non c’è modo di arrivare. Sarsina, Mercato Saraceno, Rocca San Casciano… non ci sono più le strade”.

“Ci rialzeremo e guarderemo avanti. Il Signore ci dice oggi una cosa importante: ci dice che è con noi ogni giorno. Noi facciamo fatica a mettere insieme: è questo il problema della nostra fede. Viaggia ad altri livelli. La fede ci dice cose, e la realtà ci smentisce continuamente”.

“In questi giorni abbiamo visto tanti giovani: ci sta l’allegria di chi entra in casa con un badile che non ha mai tenuto in mano… a 16 e 17 anni si inizia a connettere la vita. Ragazzi, la vita è questa: una serie ininterrotta di onda e di fango. E’ brutto dire così? Quando muore una persona casa, è un’ondata di fango… I fallimenti, sono tutte ondate di fango. Quando arriva la malattia, non ti puoi spostare di continuo: resti come la casa, resta lì e si prende tutta l’onda di fango. Spero che tutti i ragazzi che ringrazieremo per la loro generosità, riflettano su questo. Questa è la vita. E’ questo che devono imparare a capire: di fronte alla vita, non si scappa. Abbiamo tutti le fragilità, ma con cuore pieno si resiste a ogni onda di fango. Ne arriveranno altre, e non dal Savio”.

Gesù ci dice di avere i piedi piantati in cielo. Lì è asciutto. Di avere il cuore pieno di cielo. Lo so che dire questo da uno che è all’asciutto… – prosegue -. La parrocchia è diventata un centro di emergenza. Il salone interrato raccoglie persone e necessità. Nei prossimi giorni ci sarà bisogno di un ufficio per le richieste: non economiche, ma per sistemare le persone. Non siamo il Comune, ma ci facciamo da intermediario. Esistono tante persone sole, che non hanno parenti. La nostra cucina continua, fino a quando ci sarà possibile, cucinare qualcosa di caldo. Arriva la scatoletta di tonno, ma se avessi casa infangata, l’ultima cosa che vorrei è una scatoletta di tonno. La parrocchia deve spendersi per questo, noi ci siamo e cerchiamo di esserci. Questo ci aiuta ad avere cuore pieno di speranza e gioia. Non possiamo stare in piedi sorreggendoci sulle nostre stampelle che ci vengono tolte ogni volta che arriva fango”.

“Siamo arrabbiati? – conclude don Paolo – mettiamo la nostra rabbia sull’altare. Siamo vuoti? Mettiamo il nostro vuoto sull’altare. Gesù, mettici dentro tutta la speranza di cui abbiamo bisogno”.