Il fondo Zaffagnini, una dedica alla “gente comune”

La “cosiddetta” gente comune, i volti, le mani, gli oggetti della vita di tutti i giorni. Sono loro a comporre l’archivio di 12 mila fotografie di Giovanni Zaffagnini (fotografo, classe 1945, di Fusignano, e anche padre di Fabio, ideatore di Rockin’1000) acquistate dalla Regione Emilia Romagna che poi le ha assegnate alla Biblioteca Malatestiana di Cesena, la quale ora ne è proprietaria.

 

La notizia è arrivata stamane nel corso della conferenza stampa promossa dall’assessore alla Cultura del Comune di Cesena Carlo Verona e dall’assessore regionale Mauro Felicori, presente anche lo stesso Zaffagnini che durante il periodo della pandemia stava per chiudere un accordo di vendita del fondo, con un acquirente americano, per 250 mila euro.

 

Poi la proposta della Regione ha convinto l’autore a lasciare all’Italia il prezioso fondo che racconta le tradizioni folkloristiche e le indagini etnografiche sulla Romagna condotte a partire dagli anni 70 con Giuseppe Bellosi. “Io sono uno che mantiene la parola. Sono contento che le mie fotografie siano qui nella prestigiosa biblioteca Malatestiana ma non aver chiuso l’impegno che avevo preso con gli americani resta una macchia per me”, spiega Giovanni Zaffagnini, che poi racconta. “Ho imparato tantissime cose da questo lavoro durato vent’anni. Insieme a Bellosi abbiamo intervistato e fotografato la cosiddetta gente comune. Dico “cosiddetta” perché la gente comune non esiste. Esistono le persone, ciascuna con una sua storia, degna di essere raccontata. Ho imparato tantissimo”.

 

“Io e Giuseppe – continua il fotografo – avevamo deciso di andare a parlare con le persone usando solo il dialetto e abiti semplici, per non generare distanza. E, soprattutto, facevamo domande semplici, che non contenessero già risposte. Nessuno ci ha mai detto di no. Abbiamo incontrato gente che ha visto la guerra, la fame e la miseria e ha avuto tempo di rifletterci sopra, traendone spesso un pensiero profondo, più di quello di tante menti celebrate. Oggi non abbiamo tempo di riflettere, c’è chi pensa per noi… Dedico questo fondo alla gente comune”.

  

Ora il compito del Comune sarà quello di valorizzare il Fondo Zaffagnini, catalogarlo, digitalizzarlo e renderlo consultabile per i ricercatori, mettendo a disposizione ulteriori fondi rispetto alla somma destinata dalla Regione per l’acquisto. Dal lavoro scaturirà un “catalogo parlante” in cui le fotografie scattate da Zaffagnini dialogheranno con le interviste e le registrazioni sul campo effettuate dallo studioso di dialetto e storico Giuseppe Bellosi, come ha spiegato Roberta Cristofori, tecnico dell’Ibc.

 

La collaborazione tra i due ricercatori era accomunata dall’intento di documentare la sopravvivenza della cultura folklorica tradizionale in anni di grandi cambiamenti sul piano economico, sociale e culturale. Con sensibilità profonda e con occhio sapiente, Zaffagnini ha così costruito uno patrimonio documentario straordinario per qualità di immagini e ricchezza delle testimonianze, sui riti, le modalità del vivere, le credenze, la spiritualità della civiltà rurale. Sono 11.477 negativi in bianco e nero su pellicola di 35 mm, provvisti di relative stampe a contatto (328 provini); 1.947 stampe 13×18 e un numero minore di stampe di grande formato realizzate per mostre; 2.207 digitalizzazioni di negativi realizzati dall’autore, con un importante lavoro di post-produzione che, essendo effettuato in prima persona, rende al meglio l’efficacia delle immagini analogiche (eliminazione di graffi, impurità di stampa, calibratura del contrasto delle luci).

 

Il fondo, ha sottolineato l’assessore Verona, va ad unirsi agli altri presenti a Cesena, derivanti da  donazioni di singoli fotografi, il patrimonio del Centro Cinema come il fondo Divo Cavicchioli, o l’archivio fotografico di Cliciak, unico festival di fotografia di scena in Italia.

 

“Sono contento, questo è un esempio di quello che il pubblico deve fare in ambito culturale – ha detto l’assessore Felicori – e che il mercato non fa: conservare la memoria, gli archivi, i beni culturali, il nostro patrimonio. Questo non porta consenso, ma fa parte della ‘nobilità’ della politica”.

“La ripartenza non passa solo dal rifacimento di argini o di ponti – ha aggiunto – ma anche dalla ricostruzione dello spirito pubblico di un territorio. Questo fondo rappresenta le radici culturali della Romagna, averlo trattenuto in Italia contribuisce al processo di riscatto e restituisce nuova fiducia “.

Ad oggi, ha detto l’assessore regionale, il censimento dei fondi pubblici e privati conta 5 milioni di fotografie, il nostro obiettivo è censire, digitalizzare e mettere a disposizione di chi fa ricerca.