Alessandro Donati ospite al Rotary sul doping: “Non c’è nessuna possibilità di scalfire questo sistema”

“Le urine dei calciatori non vengono mai esaminate. Su 12 mila esami fatti, 2.000 erano anomali, ma non se ne fece nulla”. Non usa giri di parole Alessandro Donati, ospite ieri sera al Rotary club di Cesena quest’anno guidato da Massimo Cicognani. Introdotto dalla ex campionessa di atletica, Nicoletta Tozzi, Donati ha tenuto incollati alle sedie i soci del sodalizio che a lungo hanno posto domande sul mondo dello sport e sulla degenerazione del doping, al suo interno.

Dal 1977 al 1987 Donati è stato allenatore della nazionale di atletica leggera. Ha allenato, tra gli altri, Stefano Mei campione europeo sui 10.000, Donato Sabia finalista olimpico sugli 800 metri e Francesco Pavoni primo finalista italiano ai mondiali sui 100 metri.

Donati viene sollevato dall’incarico dopo la denuncia della frode attuata dai giudici del salto in lungo in occasione dell’ultimo salto di Giovanni Evangelisti durante i  Campionati del mondo di atletica del 1987, a Roma. È stato tra i primi a denunciare il marciatore Schwarzer. “Poi – ammette – su di lui avevo pregiudizi, anche se allora si dopava”. 

“Il doping – spiega il professore – sono farmaci utilizzati con i sani”. Che fa nomi e cognomi, non tantissimi, anche se allusioni sono chiare. “Quando vedete un tennista con dei braccioni così…”.

Cita una nota campionessa di fondo che, prosegue Donati, “mi ha minacciato più volte di querele, ma non l’ha mai fatto”.

E di Pantani che pensa, gli è stato chiesto. “Gli fecero capire: la strada è questa – aggiunge Donati -. Pantani che è forte, con l’epo ridicolizza gli avversari. Quando ebbe quegli incidenti che conoscete anche voi, aveva l’ematocrito a 60 (il limite è a 50, ndr). In più assumeva cocaina”.

“Ma di scalfire questo sistema – insiste Donati – non c’è nessuna possibilità. La vicenda delle urine dei calciatori la segnalai a Guariniello, il pm di Torino, che iniziò a indagare”.

Comunque, precisa Donati, “l’85 per cento degli allenatori è fuori dal doping. Purtroppo, però, chi si schiera contro al sistema non trova solidarietà. Io sono stato emarginato. Da 35 anni non sono più considerato dalla Nazionale. Ecco perché oggi dico: non è servita a nulla questa mia battaglia. Questa è una delle ultime serate su questo argomento. Ho deciso di dedicarmi solo all’allenamento degli atleti, anche se un conto è allenare con un cannone in mano, il doping. Un altro è farlo a mani nude. Ai ragazzi dico: se vi dopate, e il vantaggio per uno che corre i 10.000 metri può essere di 30-40 secondi, poi diventate ostaggio di chi vi dopa”.

Di Alex Schwarzer, il marciatore squalificato per doping e poi, dopo diverse vicissitudini, arrivato sotto la sua ala dice: “Mi chiese di allenarlo perché voleva dimostrare ai suoi figli di avere una faccia pulita. Gli fecero 42 controlli a sorpresa. Prima si dopava, dopo l’hanno voluto incastrare con esami che sono stati manomessi”.