Italiani, tornate alla Storia. Anche a proposito di immigrati
È nota l’esortazione di Ugo Foscolo alla Nazione nella sua orazione inaugurale del Corso di Letteratura a Pavia: «O Italiani, io vi esorto alle storie perché niun popolo più di voi può mostrare né più calamità da compiangere né più errori da evitare né più virtù che vi facciano rispettare».
E qui mi fermo per trattare di un comportamento comodo e liberatorio, nel mondo politico soprattutto ma anche di molti altri, di trovare sempre “un altro”, persona o situazione, su cui scaricare la propria incapacità o errore e quindi giustificarsi comodamente e ingiustamente.
Me ne dà occasione la quasi miracolosa salvezza della undicenne Yasmine, unica superstite di una quarantina di persone partite da Sfax (Tunisia) e naufragate nel Mediterraneo. E ricordo quindi il problema degli “immigrati” su cui ripetutamente viene scaricata la causa di nostri mali invece di esaminarsi sulla propria capacità o volontà di risolverli.
Le migrazioni umane sono un fenomeno economico e sociale legato alla natura umana e hanno formato le successive società stanziali. La motivazione è sempre quella: guerre o invasioni, conquiste o bonifiche di territori. Esse sono inarrestabili specialmente quando motivate da esigenze essenziali di vita. Sono un po’ come corsi d’acqua da una sorgente improvvisa che non si possono fermare ma di cui va favorito un decorso logico e adeguato e diventeranno una benedizione. Infatti il Creatore ha affidato la terra all’uomo, non alle nazioni.
Le nazioni dell’opulenza economica non possono quindi limitarsi ad elemosine, ma devono mettere in atto programmi ed interventi per la elevazione sociale ed economica dei miserabili della terra e offrire l’accoglienza possibile. Ciò che non sembra sia oggi il caso dell’Italia. Infatti le norme sul “salvataggio in mare” sembrano più preoccupate di allontanare le benemerite Ong anziché di salvare naufraghi come si è verificato in non pochi casi. Senza con questo sminuire gli interventi della Guardia Costiera.
E il “decreto flussi” approvato dal Senato, più che regolarizzare i frequenti tentativi via mare per trovare sponde ospitali, “segnala la volontà non di tutelare, ma di respingere i richiedenti asilo”, come ha notato la Fondazione Migrantes a inizio mese, non ostante quanto da essa largamente esposto e documentato nell’ascolto in Commissione Affari Costituzionali della Camera il 24 ottobre scorso.
Si comprende quindi la triste conclusione del presidente della Commissione Ecclesiale per le Migrazioni della Cei, il vescovo di Ferrara monsignor Giancarlo Perego: «un passo indietro della nostra democrazia».
Dobbiamo ricordare cosa abbiamo vissuto nella nostra storia di popolo di migranti in cerca di lavoro e di una casa per vivere con la famiglia in serenità nel Nuovo Mondo. Ed a quale prezzo! Sui viaggi in mare per raggiungere gli Usa ho scritto qualcosa nel Corriere Cesenate del 5 luglio 2018. I piroscafi, “carrette degli oceani”, ad esempio, ammassavano nella stiva “merce umana”. Il “Città di Torino”, 600 imbarcati di cui 45 deceduti; “Matteo Brazzo” con colera e una ventina di morti; “Frosini” con la sua “tonnellata umana” e 127 morti per asfissia.
E la valutazione delle Autorità locali dei nostri emigrati, nel Nuovo Mondo, era la seguente: “Generalmente sono di statura piccola e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano anche perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno e alluminio nelle periferie delle città dove vivono vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue per noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina, ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi o petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti fra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché sono poco attraenti e selvatici, ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro. I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare fra coloro che entrano nel nostro Paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali”.
La relazione prosegue così: “Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano purché le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal Sud dell’Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione” (relazione dell’Ispettorato per l’immigrazione al Congresso americano dell’ottobre 1912, citato in Migranti-press Migrantes del 16 ottobre 2009).
Inoltre, quanto a delinquenza, non va nemmeno dimenticato che in Usa non c’era la mafia. Ma ce l’hanno portata gli italiani.
Italiano, ricorda!