Cesena
Recital di Mariangela Gualtieri, tanti applausi dal “Bonci” gremito
Il brusio di un teatro gremito è sempre un fenomeno particolare. Quando il teatro non è pieno, è un sussurro; quando ci sono pochi spettatori, ancora di meno; ma quando il teatro è davvero pieno, in ogni ordine di posti, allora è un suono che ha una sua maestà, che può ricordare l’orchestra quando si intona, prima che inizi un concerto. C’è l’emozione, perché si sa che sta per iniziare qualcosa di importante. Poi si spengono le luci, e le prime note risuonano nell’aria, ed ecco che il brusio cessa, e inizia il prodigio del teatro.
Mercoledì 25 ottobre, è con le parole di Mariangela Gualtieri e le musiche di Uri Caine (pianoforte) e Paolo Fresu (tromba) che inizia l’edizione 2023 di “Ciò che ci rende umani”, la rassegna ideata dal Teatro Valdoca di Cesena, che cerca da anni di riflettere e fare riflettere sulla particolarità di questa strana creatura, l’essere umano, capace delle più straordinarie meraviglie e degli orrori più cupi. Lo diceva già Sofocle, nella sua tragedia “Antigone”: «molte potenze sono tremende, ma nessuna lo è più dell’uomo». Il poeta greco usa il termine “deinòs”, che indica qualcosa di straordinario: ciò che è tremendo è ciò che fa tremare, e si può tremare di gioia o di dolore, quindi l’umanità è sempre posta a un bivio: tutto è possibile.
Il recital-spettacolo, in forma totalmente improvvisata, aveva inaugurato l’edizione 2022 del “Salone del libro” di Torino, in diretta su RadioTre Rai. A distanza di molti mesi, quell’evento si ripropone, modificandosi, con una regia, quella di Cesare Ronconi (autore anche di luci e allestimento scenico), e alcuni giorni di prove, quindi cala la parte di pura improvvisazione in favore di una piccola parte di rielaborazione teatrale.
Lo spettacolo, di appena un’ora, è un vero e proprio inno al mondo, alla terra, alla sua grandezza e alla sua fragilità. In scena non c’è nulla, o quasi: a sinistra il pianoforte da concerto, a destra la postazione di Fresu con le sue trombe e i suoi strumenti elettronici, e al centro, su un piccolo rialzo, avvolta in un abito bianco monacale, eccola: Mariangela Gualtieri, piccolo ma gigantesco protagonista. Fisicamente è minuta, la sua voce deve essere ingigantita dal microfono, e apparentemente le cose che dice non sembrano così profonde, così sagge, così indispensabili, perché in tutti questi anni Mariangela Gualtieri ha lavorato sullo scavo, sulla sottrazione, e la sua poesia, il teatro-poesia che ha creato con Cesare Ronconi, è qualcosa di distinguibile, particolare, necessario, in un mondo che dell’urlo scomposto ha fatto la sua ragion d’essere, in un ordinato disordine. In tutto questo, la voce, semplice, aggraziata, leggera di questa poetessa, moderna e antica al tempo stesso, sembra rimettere ordine, riconoscere che ci sono cose importanti e altre no, che i sentimenti più profondi non richiedono una retorica tambureggiante, ma delicatezza, calma, pace.
Le splendide parole dell’autrice, unite alle musiche suggestive di Caine e Fresu hanno reso la serata del 25 ottobre davvero memorabile, come hanno testimoniato i minuti di applausi alla fine, testimonianza di un affetto che non si fa ingannare da mode o da parole d’ordine, ma riconosce che c’è una scrittrice che ha qualcosa di importante da dire e la ascolta, con immutata passione.
Per informazioni sulla rassegna: www.teatrovaldoca.org.