Cesena
Un’invocazione: restaurate le mura di Cesena
Dopo l’esordio, martedì 20 settembre, con una lezione di Orlando Piraccini nel decennale della morte di Ilario Fioravanti (1922 – 2012), le attività dell’Università della Terza età di Cesena hanno preso l’avvio, venerdì 23 settembre, con una lezione dell’architetto Pino Montalti sulle mura di Cesena e sulla necessità di un lavoro di restauro e ripristino, non più differibile.
Nel salone di Palazzo Ghini, di fronte a un pubblico assai attento, che al termine ha rivolto all’architetto numerose domande, Pino Montalti ha passato in rassegna le caratteristiche della cinta muraria cesenate. Da circa 40 anni studia le mura di Cesena e ne ha una conoscenza assai dettagliata.
«Già nel 2009, ricorda Montalti, fu realizzato un progetto per il recupero delle mura, per un totale di quasi quattro chilometri. Non si tratta di un manufatto di piccola importanza, perché le mura sono, insieme con la Biblioteca Malatestiana, l’unica opera superstite a Cesena direttamente voluta da Malatesta Novello. Si tratta quindi di un potente elemento dell’identità cittadina».
Fra gli elementi più visibili del tessuto delle mura, va senza dubbio contata la cosiddetta “portaccia”, ovvero la porta sul percorso del Cesuola. Ce n’erano due, originariamente: una all’ingresso del Cesuola nella città, vicino alla chiesa di Sant’Agostino, e una in uscita, negli attuali giardini di Serravalle. La portaccia è quasi completamente interrata: due terzi sono sotto terra. Il progetto prevederebbe di liberare il manufatto per renderlo completamente visibile, e rendere allo stesso tempo visibile il Cesuola, il torrente che dagli Anni Trenta del Novecento scorre, invisibile, nel centro urbano. Se il tetto della Portaccia è stato messo in sicurezza, non altrettanto sicura è la situazione degli interni, che richiedono, secondo Montalti, un lavoro di restauro assai urgente.
Lo stesso si può dire dei “rastelli”, ovvero i camminamenti che conducevano dalla pianura verso l’ingresso della Rocca, strutturati in modo che non si potesse salire direttamente, ma compiendo delle lente giravolte: questi percorsi furono visti da Leonardo da Vinci quando nel 1502 era a Cesena come ingegnere del duca Valentino, e furono ammirati. «I rastelli sono estremamente ammalorati, precisa Montalti, in quanto la vegetazione sta scalzando tutti i mattoni e le pietre; ancora poco tempo, e non resterà più nulla di un manufatto che fu visto ed annotato da Leonardo da Vinci. Il restauro non sarebbe neanche troppo oneroso, ma bisogna iniziarlo, prima che sia troppo tardi».
Sempre all’interno delle mura di cinta, c’è un altro luogo gravemente degradato: l’ex lazzaretto. Ha una struttura peculiare, posto nel torrione di nord-ovest, allo scopo di un vasto controllo del territorio. Oggi è totalmente fatiscente, e da parte dell’Amministrazione comunale era stata ipotizzata la vendita di un immobile non più in uso. Montalti contesta l’opportunità di vendere un manufatto che è parte integrante della struttura delle mura cittadine.
«Il progetto di recupero riguarda anche il Giardino pubblico: pochi centimetri sotto il terreno ci sono le mura di cinta: basta scavare un po’ per estrarle e porre di fronte agli occhi di tutti un frammento importante della storia cesenate».
Cesena si gloria del titolo di “Città malatestiana”, ma sembra che il manufatto più grande di quel periodo storico, che rende Cesena una città unica in Romagna per l’estensione delle mura cittadine, sia stato per ora parzialmente dimenticato.
«Invece di esaltare le mura, scavando il terreno e mostrando la loro dimensione, cosa che costerebbe anche poco, ricorda Montalti, si è proceduto a costruire a ridosso delle stesse mura, come è stato fatto recentemente accanto al torrione “Beluxorum” dove è stata costruita una pizzeria, che di fatto oscura le mura».
La programmazione dell’Università della Terza età proseguirà martedì 27 settembre (alle 15,30 nella Sala Cacciaguerra del Credito cooperativo romagnolo, viale Bovio 80) con una conferenza di Michele Andrea Pistocchi: “Un manoscritto del Quattrocento tra Romagna e Parigi. Quando la guerra diventa poesia”.