Cesena
Chiesa di Santa Cristina. Sabato al via la mostra di opere di Giovanni Cappelli
Un Giovanni Cappelli inedito quello che si potrà ammirare da oggi sabato 25 marzo, alla chiesa di Santa Cristina a Cesena, inaugurazione alle 11, la mostra “Giovanni Capelli, opere sacre (1944-1976)” visitabile fino al 16 aprile dal giovedì alla domenica, dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 18.
È stata presentata, questa mattina, l’esposizione che mostra un lato poco conosciuto dell’artista, componente della Scuola cesenate assieme ad Alberto Sughi e Luciano Caldari. Ventidue opere di epoche e stili molto diversi che danno un’idea del rapporto tra Cappelli e la sua spiritualità.
“La mostra – spiega Marino Mengozzi, direttore dell’Ufficio arte sacra della diocesi di Cesena-Sarsina – è nata in occasione della visita pastorale del vescovo, Douglas Regattieri. Abbiamo scoperto anzitutto una Via Crucis, bisognosa di restauro, che avevamo progettato di esporre in occasione della Quaresima del 2020. Poi tutto si è fermato a causa del Covid e non solo, e abbiamo pensato di proporla quest’anno, in occasione del Centenario della nascita. Il progetto, poi, si è allargato ad altre opere conservate al Museo diocesano e ad altre tele ignote della Collezione della famiglia Cappelli”.
È la vita quotidiana del secondo Dopoguerra a Cesena quella che “fotografa” Cappelli in queste opere, con un taglio che rivela una profonda spiritualità, che non viene riconosciuta dalla critica successiva: i “santi Gioacchino e Anna con Maria bambina”, la tela del santuario di Martorano sembra raffigurare una famiglia contadina di quegli anni. Una storia che si intreccia con la vita, quella dello stesso Cappelli: la Via Crucis in carboncino che costituisce il pezzo principale della mostra è stata vergata su fogli per la contabilità a partita doppia, quelli che aveva fornito all’artista il parroco di Ardiano, quando era sfollato lì.
“La sua era un’arte che trovava ispirazione nel sacro e nell’arte italiana del primo 900 – spiega l’artista Tommaso Magalotti -. Figurativa, schematica, essenziale”.
Nella Pala di San Pietro, Cappelli rappresenta il famoso passo del Vangelo della Tempesta sedata: “Un momento drammatico, fallimentare – prosegue Magalotti – nel quale il Signore prende per mano San Pietro. L’intento di Cappelli nel realizzare questa tela era ringraziare la parrocchia per averlo accolto e ospitato. La fede se l’è portata dentro, sempre, ma poi si è aggregato alla mentalità che non valorizzava questo aspetto”.
Una fede che traspare anche nelle opere successive, come la Pala di Gattolino, con un Cristo risorto in un contesto industriale e urbano. Un Cristo che risorge davvero per tutti, anche per gli hippies ritratti in primo piano nell’opera. E quindi per ciascuno di noi.