Il Campo della Stella ricorda Benedetto XVI: “Magistero oceanico”

Il pensiero di Joseph Ratzinger «è come un oceano, sia nell’estensione, sia nella profondità». Lo ha detto monsignor Massimo Camisasca, vescovo emerito di Reggio Emilia e fondatore della fraternità San Carlo, venerdì 24 marzo all’incontro sul tema “L’eredità di Benedetto XVI” organizzato per celebrare i primi 40 anni di attività del centro culturale “Campo della Stella”.

L’appuntamento, con grande partecipazione di pubblico, si è svolto al Palazzo del Ridotto di Cesena. Dopo i saluti di Ombretta Sternini, presidente del “Campo della Stella”, e del vescovo Douglas Regattieri, sono seguiti gli interventi di monsignor Camisasca e di Sergio Belardinelli, professore di Sociologia dei processi culturali all’università di Bologna, moderati da Leonardo Lugaresi.

Profonda, quasi ratzingeriana, l’esposizione di monsignor Camisasca che di Joseph Ratzinger ha citato tre testi di periodi diversi (1958, 1983 e 2000), a sottolineare la «continuità essenziale della sua riflessione teologica», al di là della vulgata che lo vuole prima progressista e poi conservatore. «In realtà – per il vescovo emerito di Reggio Emilia – leggendo l’Opera omnia di Benedetto XVI, emergono la sua assoluta libertà e l’apertura della ragione, scandagliando il vero con domande sempre nuove».

Per monsignor Camisasca Ratzinger «ha aperto le finestre dello studio teologico, non per farvi entrare lo spirito del mondo, ma per permettere allo Spirito di Dio di rinnovare la sua Chiesa».

Per il presule, «già prima del Concilio, l’attenzione di Ratzinger era rivolta alla Chiesa come mistero, rispetto a una visione della Chiesa come società perfetta. Al centro di essa vi è la liturgia, mai intesa come insieme di riti e osservanze, ma come luogo di culto dell’umanità, amore fino alla fine, perché l’adorazione e l’abbraccio sono una cosa sola».

Venticinque anni dopo, Ratzinger sottolinea l’importanza della “comunione” nella Chiesa, «come partecipazione comune all’obbedienza del Figlio» e nel 2000, riflettendo sulla costituzione apostolica “Lumen Gentium”, critica le diverse riduzioni sociologiche operate in ecclesiologia. «La Chiesa – scriveva Ratzinger in un passo richiamato da monsignor Camisasca – non esiste per sé stessa ma dovrebbe essere lo strumento di Dio per radunare gli uomini attorno a Lui. La crisi della Chiesa, come essa si rispecchia nel concetto di popolo di Dio, è “crisi di Dio”; essa risulta dall’abbandono dell’essenziale. Ciò che resta, è ormai solo una lotta per il potere. Bisogna perciò tornare a un’ecclesiologia di comunione». Un «avvertimento ancora attuale», ha sottolineato il presule.

Di «magistero oceanico» di Benedetto XVI ha parlato anche il professor Belardinelli, evidenziando che tra i meriti del Papa teologo c’è quello di «non aver mai scisso il tema della ragione dal tema della fede: ciascuno ha bisogno di essere illuminato dall’altro». Per Belardinelli «Ratzinger è il Papa della Verità. Da cardinale scrisse che in un’epoca di crisi in cui le questioni umane fondamentali sono ricacciate nel soggettivo, abbiamo nuovamente bisogno del coraggio della verità». Per il sociologo, «da Ratzinger impariamo che la verità non è nemica del pluralismo, ma del relativismo. La verità è plurale per sua natura. Nessuno ha il monopolio esclusivo della verità, dal momento che essa eccede continuamente i discorsi degli uomini. Ciò non vuol dire che tutti i discorsi valgono allo stesso modo. La verità non dipende da noi. Possiamo però riconoscerla».

Per il sociologo, la politica è un banco di prova della verità e «i cristiani dovrebbero dire le cose come stanno, evitando di raccontare favole e di fare promesse che non si possono mantenere».

Secondo Belardinelli, «Benedetto XVI è stato, fra i papi, quello con più sensibilità liberale, convinto che la libertà abbia un presupposto nella verità e che non sia sinonimo, come spesso viene declinata, di fare quello che piace». Da qui una riflessione sull’Europa: «Ratzinger ha insistito tantissimo che tornasse a pensarsi anche cristiana. Sapeva che il destino del continente dipende da quanto sarà capace di riconciliarsi con la tradizione che l’ha segnata. Se Europa e Chiesa si estraniano a vicenda, nessuno ci guadagna ed entrambe si ammosciano».