Al “Bonci” il sogno di Federico Fellini

La sera di giovedì 4 novembre, dopo l’esordio a Rimini, appare sul palcoscenico del “Bonci” di Cesena una moderna opera lirica, ispirata al film inesistente più famoso della storia del cinema. Federico Fellini ideò “Il viaggio di Giuseppe Mastorna detto Fernet” nel 1965, e realizzò addirittura gli storyboard del film. All’inizio pensò a Totò come protagonista, poi ipotizzò di affidare il ruolo a Marcello Mastroianni, infine a Paolo Villaggio.

Nel 1992, dopo tanti tentativi infruttuosi, la storia prese vita non tramite il cinema, ma il fumetto: Milo Manara realizzò la versione a fumetti del film, che rimase però interrotta alla prima parte. Nella parte realizzata, noi seguiamo le disavventure di Giuseppe Mastorna, un violoncellista. Il musicista sta facendo un tour internazionale, ma in una imprecisata città del Nord Europa il suo aereo deve effettuare un atterraggio d’emergenza. Mastorna affronta varie peripezie, e alla fine della prima parte ascolta un telegiornale che annuncia un disastro aereo, da cui non è sopravvissuto nessuno. Mastorna, però, non capisce, perché il telegiornale è in tedesco. Dunque, il nostro eroe è morto, ed è ora in un aldilà molto peculiare, in cui incontra personaggi simbolici che rappresentano la sua esistenza e anche l’esistenza universale.

Nell’anno del centenario dantesco non si poteva pensare meglio, fondendo l’esperienza del grande regista romagnolo con la suggestione del viaggio ultraterreno. Fra i tanti punti di contatto fra Fellini e Dante, che costellano l’intera produzione felliniana, risalta in modo particolare, per un curioso paradosso, proprio il film che non è mai esistito, di cui si può leggere la prima parte nel fumetto, già ricordato, di Milo Manara. Non fu realizzato il seguito per un curioso errore: alla fine del primo episodio, invece della scritta «continua» apparve la scritta «fine», e Fellini, attentissimo a questi “segnali” da una dimensione soprannaturale, decise di non andare contro la volontà del destino.

Ora la storia è stata adattata da Matteo D’Amico (musica e libretto), per la regia e la voce recitante di Valter Malosti, nuovo direttore di Ert, che si presenta così sul palcoscenico del “suo” teatro, per mostrare al pubblico cesenate che la direzione di Emilia Romagna Teatro si unisce all’attività di regista e interprete. Accanto a Malosti troviamo Luca Grassi (baritono), Yuliya Tkachenko (soprano), Vittoria Magnarello (soprano), Eleonora Lué (mezzosoprano), Aslan Halil Ufuk (tenore), Ken Watanabe (basso-baritono), gli attori Marco Manchisi e Matteo Baiardi, la danzatrice Barbara Martinini. La musica è eseguita dall’Orchestra Arcangelo Corelli, diretta da Jacopo Rivani. 

Regista e compositore hanno deciso di mantenere il testo originario, inserendo però sulla scena la figura di Fellini, specie di Virgilio incaricato di guidare gli spettatori attraverso le vicende. Nel cartellone si definisce semi-scenico questo allestimento, che si serve non di grandiose scenografie, ma di immagini (luci e immagini a cura di Cesare Accetta e Sergio Metalli), che riempiono il teatro con la loro vivacità, facendo dimenticare agli spettatori dove si trovano. Se la voce del narratore fa da filo rosso per unire i vari momenti dello spettacolo, la musica rappresenta la vera scommessa per un prodotto del genere, in cui testo e note appartengono al medesimo autore. Bisogna essere molto disponibili in questo tipo di operazioni, perché si tratta di strutture musicali di fruizione non sempre immediata. Il cast dei cantanti è di livello discreto, ma su tutti spicca Luca Grassi, che interpreta Mastorna: voce limpida, chiara nella dizione, bella interpretazione del personaggio.

La cosa che si vuole segnalare maggiormente, però, è che il teatro era quasi pieno: essendo uno spettacolo che era presente anche nel cartellone del Teatro “Alighieri” di Ravenna è accorso anche il pubblico ravennate, ed il colpo d’occhio è stato di quelli che non si ricordava più. Vedere il teatro pieno è stata, in un certo senso, la realizzazione delle ultime parole dell’opera: «Meraviglioso, tutto è meraviglioso. Tutto è così com’è, e come deve essere». Non che questi ultimi giorni siano stati meravigliosi, tutt’altro: però, vedere il “Bonci” pieno è un primo assaggio di quella normalità che tanto desideriamo, e che speriamo di vedere sempre più spesso. Alla fine, applausi scroscianti per tutti.