Le tre pietre d’inciampo per Giorgio, Mario e Amalia

È sorprendente come quello sconfortante senso di impotenza di fronte a tragedie come la Shoah può essere alleggerito da un fiore.

Questo dev’essere successo a chi oggi pomeriggio ha assistito alla prima installazione delle nove Pietre d’inciampo in memoria delle famiglie ebree arrestate e deportate da Cesena tra il 1943 e il 1944.

I tre “sampietrini” portano i nomi di Mario e Giorgio Saralvo e Amalia Levi, che furono arrestati nel dicembre del 43, condotti in carcere a Forlì e poi nel marzo del 44 deportati ad Auschiwitz da dove non tornarono più.

È iniziata così a Cesena la settimana della Memoria che prevede una serie di celebrazioni.

“Con queste pietre vogliamo restituire il nome ai nostri concittadini perché viene dimenticato chi non ha nome”. Così il sindaco Enzo Lattuca, presente alla cerimonia insieme alla presidente del Consiglio Comunale Nicoletta Dall’Ara, all’assessore alla Cultura Carlo Verona e al rabbino capo della comunità ebraica di Ferrara, rav Luciano Meir Caro. Molta gente ha voluto assistere alla toccante cerimonia, tra cui i bambini delle scuole primi promotori di questa iniziativa che finalmente si è realizzata, e all’avvocato Jacchia, unico discendente presente delle famiglie ebree cesenati sterminate.

Le tre pietre sono incastonate a terra, proprio davanti alla porta di casa Saralvo, affacciata su quella che una volta si chiamava piazza Vittorio Emanuele, oggi piazza del Popolo, esattamente trent’anni dopo la posa della prima pietra d’inciampo realizzata dall’artista Gunter Demnig, avvenuta a Colonia. Da allora sono state posizionate oltre 70 mila pietre d’inciampo nel mondo, di cui 1000 in Italia. “Piccoli monumenti” che portano la firma dell’artista come anche quelli messi a terra oggi dal sindaco.

Ai giovani soprattutto, si è rivolto anche l’accorato e sofferente intervento del rabbino Luciano Meir Caro. “Sono un sopravvissuto – ha detto – e ogni giorno me lo ricordo. Mi chiedo come possa essere possibile che io sia qui oggi quando la maggior parte dei miei correligionari non c’è più. Posso dire che ho avuto la ‘fortuna’ di aver perso nello sterminio degli Ebrei ‘solo’ mio padre, tre o quattro zie e qualche cugino. La chiamo fortuna, immaginate con quale dolore, perché penso che in Polonia su tre milioni di ebrei ne sono sopravvissuti diecimila e dei 9mila ebrei di Cesena deportati ne sono tornati solo qualche decina. Una tragedia indicibile e ancora peggiore se pensiamo che per ognuno di quei deportati c’è stata da parte di un concittadino italiano una denuncia. Nel ventesimo secolo c’erano le taglie sulla testa degli Ebrei. Ma nel momento in cui ricordo questo, non posso non pensare che se io sono qui oggi lo devo ad un concittadino che sprezzante del pericolo non si è piegato e mi ha salvato, riuscendo a intravedere il divino che c’è in ogni uomo”.

“Non voglio stimolare rancore con questo mio intervento – ha continuato – ma solo suscitare una riflessione. Ognuno di noi si deve chiedere: in circostanze analoghe, come mi sarei comportato?”.

Poi l’appello diretto ai giovani: “Ogni volta che vediamo un’ingiustizia – ha detto – rivolta a qualcuno vicino a noi e restiamo in silenzio prepariamo il terreno per una nuova Auschwitz”.  Poi una preghiera, recitata in lingua, forse in ebraico, rivolta a tutte le vittime della violenza.

Il pomeriggio è proseguito poi nella Sala Sozzi del Palazzo del Ridotto con l’incontro “Le pietre della della memoria” organizzato da Ali, agenzia per il lavoro immateriale nell’ambito del progetto “Memoria della memoria” parte di Memoria del 900 Regione Emilia-Romagna assessorato Cultura e Paesaggio. Hanno partecipato Francesca Druetti, autrice con Benedetta Rinaldi del volume “Le pietre della memoria” (edizioni People, 2020), Gino Gianuizzi, docente presso l’Accademia di belle arti di Bologna ideatore e coordinatore del progetto “Memoria della memoria” insieme con Isabella Bordoni e Valentina D’Accardi.

Nei prossimi giorni, ancora da definire, alla presenza degli studenti e dei loro insegnanti, saranno collocate le altre pietre in prossimità delle abitazioni da cui sono state prelevate le sorelle Forti e Jacchia, in Corso Ubaldo Comandini e Corso Garibaldi.

Qui di seguito, la photogallery di Sandra&Urbano

Posa pietre d’inciampo 19 genn 22 | Flickr