Intervista a Franco Pollini, direttore del Teatro “Bonci”

 

Franco Pollini è da molti anni il direttore del Teatro comunale di Cesena. Sta per andare in pensione, e abbiamo ritenuto opportuno incontrarlo per raccontare questi decenni di vita teatrale cesenate. 

Pollini, prossimo alla pensione. Quando termina questo impegno lavorativo?

Al 31 maggio termino il mio rapporto di lavoro con Ert; dal primo giugno vado in pensione, d’altronde ho compiuto 67 anni, era ora.

Tutto già deciso, quindi.

Già era stato definito tutto a settembre; da parte mia c’è stato il compimento dell’età che dà diritto alla pensione di anzianità, anche se da due anni potevo andare in pensione anticipata, ma ho preferito restare. 

Cosa succederà adesso a Cesena?

Ert vuole riorganizzare la squadra del “Bonci”. A Cesena su alcune mie funzioni verrà a lavorare Cosetta Nicolini, che un tempo lavorava per la “Raffaello Sanzio” e già da qualche anno lavorava per Ert a Bologna, e così tornerà a Cesena. La situazione cesenate era un po’ anomala, perché a Bologna e Modena non c’è un direttore del teatro, a Cesena sì, perché quella era la qualifica che avevo io quando c’è stata la fusione fra Cesena e Ert. Per il futuro non so quel che accadrà. Di sicuro, per noi cittadini cesenati il “Bonci” è particolare, un teatro dalle caratteristiche diverse da altri teatri di Ert, come l’“Arena del Sole” di Bologna e lo “Storchi” di Modena, perché a Cesena il nostro Teatro comunale svolge tutte le funzioni, di musica e di prosa. 

In sintesi, qual è la particolarità del “Bonci”?

È una bellezza intrinseca, senza grande sfarzo, però con un’armonia che colpisce sempre chi lo vede. 

Facciamo un po’ di storia…

Io sono entrato nell’Ufficio cultura del Comune di Cesena alla fine del 1979, e dal 1986 sono diventato dirigente del Teatro comunale. Alla fine degli Anni Novanta, quando si decise di esternalizzare il teatro, ho deciso di rimanere al “Bonci”, invece di restare in Comune nel Settore cultura. Mi trasferii ad Ert con le funzioni di direttore del Teatro comunale. Fu il momento più difficile per la mia vita professionale, perché lasciavo la cultura cesenate, in particolare il Centro culturale San Biagio, che all’epoca era un faro culturale, e purtroppo oggi è molto ridimensionato. 

Tanti anni, tanti ricordi.

Ho intenzione di raccogliere i fatti salienti in una pubblicazione, per salvare i ricordi di una vita in teatro. Dovendo fare un breve estratto di memorie, la prima cosa che mi viene in mente è la presenza di Marcello Mastroianni con le “Ultime lune” nel 1996, quando riaprimmo dopo i restauri: il suo ultimo spettacolo. Fra gli altri, il Trio Lopez Marchesini Solenghi, con debutti a livello nazionale. Eravamo, al tempo, luogo di debutto per grandissimi del teatro. Uno spettacolo memorabile furono i “Dialoghi delle carmelitane” per la regia di Luca Ronconi, forse il più intenso degli spettacoli che Ronconi portò al “Bonci”. Ricordo Carmelo Bene, in scena qui dal 1974 al 1996. Ricordo che nel 1984, quando morì Eduardo De Filippo, Bene recitava al “Bonci” nell’“Adelchi”. Alla fine dello spettacolo venne alla ribalta e, fra lo stupore del pubblico (molti ignoravano l’accaduto, le notizie all’epoca viaggiavano più lentamente) fece un memorabile epitaffio di Eduardo, ricordando il caro amico scomparso. Per la musica, non posso dimenticare il grande violoncellista Mstislav Rostropovich, che si esibì da noi poco tempo dopo la caduta del Muro di Berlino: era stato immortalato dalle televisioni di tutto il mondo mentre suonava accanto al Muro in demolizione. Fra le cose meno piacevoli da ricordare, la tensione che ti nasce dalla responsabilità: ricordo il grande restauro del 1996. La paura era che da una parte il pubblico si disamorasse, dall’altro eravamo preoccupati per la tenuta dell’edificio durante i lavori di restauro. 

E fra i ricordi meno piacevoli, ci sono state delle occasioni perdute?

Negli Anni Ottanta cercammo di costituire un centro produttivo per il Teatro Ragazzi, con Franco Mescolini. Purtroppo non ci sono state le occasioni per realizzarlo. E ancora, mi dispiace che certi mutamenti della scena hanno reso la prosa meno appetibile che in passato; le occasioni si sono rarefatte. Questo si collega a un forte ridimensionamento economico, che diminuì l’impegno della città: oggi il teatro ha a disposizione un 30% in meno di venti anni fa, e per questo motivo la stagione musicale è stata molto sacrificata. Speriamo che in futuro possano tornare i grandi musicisti, perché ad oggi i grandi concerti del passato il “Bonci” non se li può permettere, al di là di chi gestisce il teatro. 

La riflessione, dopo due anni di pandemia?

La pandemia non è stato l’elemento più negativo. Ha permesso di fare un lavoro di manutenzione importante, e in più ha dato una grossa scossa al pubblico, che è cambiato, si è ringiovanito fisicamente e mentalmente. Da qui bisogna ripartire e ricostruire. Il Teatro Ragazzi, ad esempio, è vivo e attivo. Certo, è difficile sostenere gli artisti meno conosciuti dal grande pubblico. C’è tanto da fare, ma nella cultura non c’è niente di acquisito. Non ci si può mai appisolare. 

E cosa accadrà dal primo giugno?

Dal primo giugno mi troverò ad un passaggio molto delicato, continuerò a fare le mie ricerche, a realizzare i miei libri, mi adopererò molto più liberamente senza vincoli di nessun tipo, e tornerò al “Bonci” da semplice spettatore; anzi, invito a realizzare un bel cartellone perché voglio occupare le mie serate invernali.