Guerra, profughi e accoglienza, “questo è il nostro sì”

Una risposta a un’emergenza. “Sì, venite, vi aspettiamo”. La signora Annamaria giovedì scorso è in casa insieme al marito, non lontano dalla chiesa parrocchiale di San Pio X, alle Vigne, quando riceve la telefonata di Gaia, una donna ucraina conosciuta in passato e ora in servizio nella zona dell’Ippodromo.

Gaia è in auto a Trieste, dove si è fermata per riposare un po’ dopo già tante ore di guida, dalla Moldavia al confine con l’Ucraina. E la telefonata di Gaia è per la famiglia cesenate, lei che nell’immediato non sapeva chi contattare per chiedere aiuto. Il giorno prima Gaia aveva raggiunto il confine a bordo di un furgone partito da Cesena. Ad aspettarla in Moldavia c’erano la figlia Anna, con l’amica Irina e i suoi due figli. “Erano state accompagnate fin lì dal fidanzato della figlia, che poi è tornato indietro per mettersi a servizio dell’esercito ucraino, come tutti gli uomini dai 18 ai 60 anni – è il racconto di Annamaria -. A bordo dell’auto lasciata dal fidanzato, carica con le poche cose che sono riuscite a portare, piano piano le tre donne e i due ragazzi sono arrivati a Cesena venerdì sera. E sono qui con noi, tra i primi profughi ucraini ad arrivare a Cesena, come ci hanno detto dal Comune. Primi di tanti che seguiranno…”.

La famiglia e i tanti amici di Annamaria subito si sono messi a disposizione per accogliere al meglio le due donne. Con loro I. di 11 anni e V. che ne compirà 17 nei prossimi giorni, stanchissimi dal viaggio e provati dalla situazione di guerra. Per loro, subito tamponi e vaccini, passaggio in Commissariato e contatto con il Comune di Cesena, con il sindaco Enzo Lattuca e con l’assessore ai servizi sociali Carmelina Labruzzo. Ieri, domenica, hanno partecipato alla Messa in parrocchia.

Per Anna e Irina si sono aperte le porte di una famiglia accogliente: “La nostra casa è stata in fretta allestita per farli riposare al meglio. I nostri figli e i tanti amici si sono prodigati in mille modi per allestire gli spazi in modo da renderli autonomi, nel rispetto dei loro tempi  e di un certa intimità – prosegue Annamaria –. Abbiamo qualche difficoltà nella comunicazione, noi che non parliamo inglese, ma comunque ci capiamo ed è sufficiente così. Siamo nonni e bisnonni ottantenni e dove non arriviamo noi… ci penserà nostro Signore. Guardare le tragiche immagini in tv e dire mi dispiace, non è sufficiente. Ora è il momento di dire dei sì”.