Cesena
Banco di solidarietà, la maggioranza delle famiglie aiutate ha un lavoro
Un servizio apprezzato, non solo come aiuto materiale, ma anche come relazione umana. È quello del Banco di solidarietà di Cesena, così come emerge da una ricerca effettuata dalla stessa associazione. Lo scorso dicembre è stato chiesto a 115 famiglie con Isee sotto i 9.000 euro, che ricevono due volte al mese alimenti, prodotti igienico-sanitari e buoni acquisto, di raccontare, attraverso una serie di domande, le loro necessità e l’impatto del servizio svolto dal Banco di solidarietà.
I risultati sono stati illustrati oggi pomeriggio presso la sede della Fondazione Cassa di risparmio di Cesena. Fra i presenti, il sindaco di Sarsina Enrico Cangini, l’assessora cesenate ai Servizi per le persone e le famiglie Carmelina Labruzzo e il candidato sindaco del centrodestra Marco Casali.
«Il Banco di solidarietà – ha introdotto l’incontro il presidente dell’associazione Alessio Bonaldo – si occupa di povertà ed educazione con la consegna domiciliare personalizzata di beni di prima necessità. L’iniziativa più visibile è il Donacibo, arrivata al 15esimo anno, con una raccolta di alimenti in 82 scuole del territorio. Il nostro aiuto è improntato sulla prossimità e l’efficienza. I risultati della ricerca che presentiamo non intendono mostrare che siamo bravi, ma offrire uno spunto di riflessione per leggere quanto accade in città».
«L’attenzione alle persone non si esaurisce con gli aiuti economici – è intervenuto Arturo Alberti in rappresentanza della Fondazione Carisp e di Romagna Soldale -. L’incontro fa diventare permanente una relazione di solidarietà, come è avvenuto dopo l’alluvione».
«Al questionario – ha illustrato il volontario Pierpaolo Bravin – hanno risposto in 80 famiglie, di cui 54 della Valle Savio e 26 del Rubicone. Due su tre hanno un’occupazione». Entrando nello specifico delle risposte, «una famiglia su tre considera il proprio budget insufficiente per la spesa alimentare e le bollette. L’inflazione ha inciso molto per la metà del campione». Riguardo ai desideri, «l’importo più gettonato, in aggiunta al proprio reddito, sarebbe da 250 a 500 euro». Degli interventi del Banco, quello più apprezzato è il voucher alimentare, seguito dai prodotti igienico-sanitari e dal pacco alimentare. «Nel 2023 – ha detto Bravin – abbiamo consegnato 60.000 euro in buoni acquisto, per i quali, grazie alla rete di collaborazioni, ne abbiamo spesi solo 49.000. Abbiamo consegnato kit igienico-sanitari per 30.000 euro e 2.300 pacchi alimentari».
A una specifica domanda sull’utilità del supporto del Banco di solidarietà, il 60 per cento delle famiglie ha risposto che permette di risparmiare su alcune spese, a seguire, c’è l’apprezzamento come aiuto personale e continuo nel tempo.
Il questionario lasciava anche la possibilità di raccontare liberamente, in poche righe, la propria esperienza. Nelle risposte è emerso uno spaccato con varie difficoltà, accanto alle famiglie straniere con molti figli: nuclei monoreddito, famiglie con gravi problemi di salute, lavori precari, depressione.
A commentare i risultati della ricerca è stato chiamato il sociologo Ivo Colozzi, professore dell’Università di Bologna: «Due aiutati su tre su tre sono lavoratori. Il dato è molto significativo perché evidenzia il problema del lavoro povero. Da un’apposita commissione istituita dal ministero del Lavoro nel 2022 è emerso che in Italia (dati Eurostat 2021) i lavoratori poveri sono l’11,7 per cento del totale, stazionari rispetto alla rilevazione precedente. La stima è di 2,6 milioni di lavoratori. Si tratta di un fenomeno consistente».
Per il sociologo, la soluzione del salario minimo è «riduttiva, in quanto, come emerge anche dalle risposte delle famiglie cesenati, non esistono solo fattori economici, ma anche personali, sanitari e psicologici che impediscono di trovare lavoro». Per Colozzi la «risposta alla povertà lavorativa richiede un’amministrazione condivisa, un modello di intervento che coinvolge ciascuno per la sua parte: lo Stato, gli Enti locali, le imprese, il terzo settore, su un piano di collaborazione paritaria che trova il suo strumento operativo nella co-programmazione o co-progettazione in tutti i settori di interesse generale. Occorre lavorare con questa metodologia anche per evitare di sprecare risorse pubbliche e rendere più efficienti gli interventi».
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