Don Giorgi al funerale di Giannina Semprini: “La nostra vita è una corsa verso un destino buono che Dio ha preparato per noi”

“Quando uno ha il cuore buono non ha più paura di niente…”. Il canto alla Comunione durante il funerale di Giannina Semprini (cfr pezzo a lato) che si è celebrato poco fa nella chiesa dell’Osservanza racchiude il senso della vita di una donna che si è sempre spesa per gli altri. Assieme a don Fiorenzo Castorri, Giannina fondò il Centro “Don Milani” perché chiunque potesse avere un supporto psicologico, in caso di bisogno. Umile e discreta, signorile ed elegante, come è stata descritta anche questa mattina nei ricordi delle quattro nipoti che hanno voluto tracciarne un breve profilo, Giannina lascia in città un ricordo e una scia di bene indelebili. La chiesa gremita di familiari, parenti, amici e conoscenti ha dimostrato il tanto bene diffuso e profuso a piene mani in tutta la sua lunga esistenza. Giannina era nata a Cattolica il primo giugno del 1930.

Presiede la Messa don Ernesto Giorgi. Con lui sull’altare ci sono altri quattro sacerdoti, tra cui l’ex parroco dell’Osservanza, padre Giovanni Bianchi e il parroco di Torre del Moro, don Paolo Foschi. Con loro il diacono Gabriele Lughi.

Le letture pronunciate dal figlio di Giannina, Augusto Biasini (Biagio per gli amici) danno subito il senso alla celebrazione. Dalla lettera di san Paolo ai Filippesi viene letto: “La nostra cittadinanza è nei cieli” e il ritornello del salmo “Ha sete di te l’anima mia” fanno intendere a chiunque lo spirito col quale ha vissuto Giannina, arrivata alla fede in età adulta. Una fede che ha inciso nella sua vita, fino alla fine, e che ha prolungato nella sua famiglia, fino ai pronipoti. 

Nell’omelia don Ernesto ricorda che “Quando muore qualcuno, anche in età avanzata, si avverte innanzitutto un grande silenzio. Non sappiamo cosa dire davanti al mistero della morte. Un mistero che ci interroga. E torna in tutti una domanda ineludibile: a cosa serve la nostra vita se deve scomparire? Anche la più amata e stimata?”.

Poi il sacerdote approfondisce la riflessione. “Non siamo troppo frettolosi nel dare la risposta alla domanda di fondo della nostra vita – aggiunge -. Siamo tanto più veri quanto più sappiamo confrontarci con questa domanda”. Quindi si chiede: Perché è importante che si ridesti questa domanda? Perché Gesù è venuto per questo: perché non si perda nulla e Lui lo risusciti nell’ultimo giorno. Chiunque crede nel figlio abbia la vita eterna”, come è stato letto nel Vangelo secondo Giovanni.

“Per questo la nostra fede rallegra le nostre parole – dice ancora don Ernesto -. La nostra vita è una corsa verso l’inizio, non verso la sua fine. Un destino buono che Dio ha preparato per noi”.

Il sacerdote sottolinea un altro aspetto “ancora più importante – aggiunge -. Noi crediamo nella resurrezione dei corpi, non solo dell’anima. La nostra identità personale, anima e corpo, sarà ricostituita. Come Gesù ha fatto per se stesso. Niente di tutto il bene di cui Giannina ci ha dato testimonianza umile e semplice va perduto. Tutto della nostra vita è prezioso. Accumuliamo quell’abito di cui ci rivestiremo nel regno dei cieli. Io vado a prepararvi un posto, ci ha detto Cristo: questo è il destino buono che si realizza anche per Giannina. Una donna dalla fede forte e radicata, che si è distinta per operosità di bene di cui ci ha dato testimonianza. Per questo ringraziamo il Signore di avercela donata”.

Prima della benedizione della salma prendono la parola quattro nipoti, tutte donne. “Cara nonna – dice la prima – ricordiamo il tuo fascino e la tua bellezza e la tua ostinata volontà di aiutare i più bisognosi. Per tutti noi sei stata una nonna/madre. Con il desiderio di capirci e comprenderci, chiedendo, e lasciandoci la libertà di contestarti.

Un’altra nipote fa memoria della disponibilità all’accoglienza. “Con alcuni era un confessionale. Hai passato la vita ad ascoltare le persone. Sei stata di esempio, anche per la tua gentilezza”.”Ci ha sempre dato affetto incondizionato e sei stata schietta e pungente – prosegue una terza nipote -. La nonna bisa bella. Lei che si è lasciata conquistare dalla fede in età adulta”. Infine, sottolinea una quarta nipote, “hai saputo riempire la tua esistenza di un senso profondo. Lasciarti andare è inaccettabile, ma anche da lassù ci proteggerai e pregherai per noi”.

Quindi è stata letta la poesia di Eugenio Montale “Portami il girasole ch’io lo trapianti”. Ecco il testo:

Portami il girasole ch’io lo trapiantinel mio terreno bruciato dal salino,e mostri tutto il giorno agli azzurri specchiantidel cielo l’ansietà del suo volto giallino.Tendono alla chiarità le cose oscure,si esauriscono i corpi in un fluiredi tinte: queste in musiche. Svanireè dunque la ventura delle venture.Portami tu la pianta che conducedove sorgono bionde trasparenzee vapora la vita quale essenza;portami il girasole impazzito di luce.Portami il girasole…

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