Cesena
Il manager Tersi su economia e territorio nel dopo-Covid: “Ci sarà un forte rimbalzo nei prossimi anni”
Casa Tersi, sulle pendici di Paderno, è una sorta di officina delle idee da cui lo sguardo può spaziare su gran parte della Romagna. Qui il manager cesenate, orgoglioso di ricordare le sue origini in una famiglia di agricoltori (“mi hanno insegnato ad agire in piccolo e pensare in grande”, dice) tiene il suo quartier generale.
Il suo è un osservatorio privilegiato, anche grazie ai rapporti che intrattiene in città dove gli sono stati affidati diversi incarichi, da Cesena fiera a Cesena sport city, e ad altri che coltiva fuori territorio, in particolare a Roma. Ma il suo cuore pulsa per la città natale e per la Romagna, una terra invidiata da molti “per la sua orografia che va dal mare alla pianura e si allunga sulle colline fino alla montagna”.
Tersi, come si apre il nuovo anno? Con quale visione lo dobbiamo approcciare?
Mi permetta una battuta: è difficile rimettere il dentifricio dentro il tubetto. Nessuno poteva prevedere quello che è accaduto nell’anno appena chiuso. Ora occorre reagire. Noi qui abbiamo il dovere di affrontare la ripartenza, facendo leva anche sulla generosità della gente di questi luoghi, di questa nostra terra molto operosa.
Cosa vede all’orizzonte?
Al momento c’è ancora tanta incertezza. Il 2020 ha dato la possibilità di proporre nuovi stili sociali e di impresa, per fare economia. Si tratta di un aspetto su cui tutte le filiere hanno lavorato. Le faccio un esempio citandole le fiere, visto che le vedo dall’interno. Tutto il sistema fieristico avrà un’evoluzione. Ai tre attori principali, fornitori, espositori e territorio, si aggiunge l’opportunità offerta dal mondo digitale che ha avuto il merito di avvicinare i mercati globali. Avremo sempre di più fiere di tre soli giorni che poi si prolungheranno nel resto dell’anno grazie ai legami creati con i network digitali. Da un problema è nata un’opportunità. Di certo, nella cassetta degli attrezzi ci sarà molto da fare. Inoltre vedo fusioni tra i grandi poli fieristici italiani. Avremo fiere d’area.
Con che tipo di atteggiamento si può uscire dalla crisi?
Propositivo, di fiducia. Ci sarà un rimbalzo nei prossimi anni. E sarà molto importante. Occorre avere in mente aperture di capitali alternativi. Mi spiego. Le cinque banche che operano sul territorio vorranno giocare un ruolo propositivo. E mi piace citarle: le Bcc, il gruppo Intesa, l’Unicredit, il Credit Agricole e la Bper. Quando cito i capitali alternativi mi riferisco ai fondi di investimento e ai club deal che si possono costituire anche per acquisire maggioranze e minoranze qualificate in società di capitali. Sono gruppi funzionali alla crescita del business e possono fornire network e capitale umano.
Come il nostro territorio affronta il 2021?
Anche se l’economia legata al turismo ha tenuto, per il circuito dei servizi ci sarà un rimbalzo. Tutto il mondo della ristorazione, per citare un esempio, ha subito tanto dalle chiusure per il Covid. Chi opera nel settore moda è stato molto toccato. Penso a Campomaggi e alla Camac. Il lusso nel mondo ancora tiene e i grandi brand sono meno in crisi, ma gli artigiani hanno sofferto. Il lockdown su questa categoria ha inciso parecchio. Ma, ripeto, ci sarà un rimbalzo anche per loro. Il Cesenate ha tenuto soprattutto grazie al food.
Lei pensa che se un’azienda ha perso il 30 per cento possa recuperare lo stesso 30 per cento?
Credo che la perdita sia stata dovuta alla chiusura, quindi sia del tutto recuperabile. E poi è accaduto lo stesso in tutta Europa. Non dimentichiamo che abbiamo imprese con il sole in faccia. Le cito la Guidi-Albisole che produce carne e frutta; Jingold che si occupa di kiwi giallo; Infia che fa packaging innovativo; la Cesenate che ha acquisito la maggioranza del marchio Alce nero. Le faccio questi nomi per non parlare dei soliti noti. Sono tutte aziende legate alla Grande distribuzione organizzata (Gdo). Questo legame ha permesso loro di tenere e per tutti loro non ci sarà impatto sul lavoro. Sempre qui da noi le posso citare il comparto sementiero e anche quello metalmeccanico. In una parola: Cesena ha un variegato portafoglio di interessi produttivi. Per questo motivo è un territorio che potrà avere un’opportunità di crescita e di lavoro, anche perché a Cesena si sta bene.
A questo cosa si può aggiungere?
Il ruolo delle istituzioni sarà importante per attrarre persone e capitali.
E l’università?
È cresciuta molto ed è una vera risorsa. È il petrolio per la città. Abbiamo un bouquet di facoltà innovative. Si tratta di una formazione di grande valore per i giovani, una nuova forza per le imprese. Penso a Marco Ramilli, e alla Yoroi da lui fondata, che ha percorso tutta la sua formazione a Cesena, fino a essere uno dei maggiori esperti al mondo in cybersecurity. Penso alle facoltà di Informatica e Psicologia. L’università e la città dovranno essere capaci di attrarre docenti e di trattenere i giovani. È da qui che bisogna partire.
Ci sarà spazio per queste opportunità?
Il nuovo campus è multifunzionale e gode del favore di tutto l’ateneo e degli amministratori locali. Ricordo che lo scorso anno accademico è stato inaugurato per la prima volta fuori Bologna, a Cesena. E l’università in Romagna ha come faro Cesena. Ricordo anche le parole del rettore Francesco Ubertini: “Se non studi non lavori”. Non ha detto “se non vuoi studiare, vai a lavorare”. Attenzione, quindi. Oggi un giovane non può prescindere dallo studio e dalla formazione, che poi è per sempre, per tutta la vita.
Una frase da stampare per i giovani e per tutti noi…
Deve accadere da noi ciò che è successo nel distretto motor valley, tra Bologna e Modena, dove hanno messo insieme aziende del valore di Ducati, Maserati, Pagani, Lamborghini e Ferrari. Ci deve essere un’intesa tra politica, imprese e università. Un’intesa che deve essere incentivata. Magari meno carità spicciola e più carità, se mi consente, culturale, tra virgolette. Occorre attrezzarsi per domani. Un domani che è già oggi.
L’università, un’occasione preziosa per il territorio…
Ringraziamo e non dimentichiamo chi l’ha voluta in Romagna e a Cesena. Siamo in questo momento nella curva più interessante del percorso. È ora di buttarci tutto il fuoco dentro.
Siamo pronti per la svolta digitale e quella green, le vere rivoluzioni chieste anche dal Next generation Eu, il recovery fund, per intenderci?
Abbiamo già questa mentalità innovativa, al di là di qualche senatore maturo. Abbiamo un humus favorevole e l’Emilia-Romagna è ben governata. Mancano forse ora le disponibilità finanziarie che solitamente appartenevano alla Fondazione della Cassa di Risparmio, che non ha più le importanti risorse da dedicare al sociale ed al territorio. Sono fiorite, in questo vuoto, alcune iniziative lodevoli: lo storico consorzio Romagna iniziative, Romagna solidale, la Fondazione Orogel-Fruttadoro, la Wellness foundation. Sono un privilegio per il territorio grazie a imprese che hanno costituito una catena del valore. Grazie a loro arrivano risorse alla Caritas diocesana, alla Croce rossa italiana, alla Comunità papa Giovanni XXIII, al Banco di solidarietà, agli Amici di Casa insieme della Maratona Alzheimer, alle parrocchie, e credo che l’elenco potrebbe essere lungo. Non ci rendiamo conto, a volte ho questa impressione, di quanto ci vogliamo bene in questa città. Ho in mente anche quanto realizzano club service come Rotary, Lions e Panathlon.
Che fare, allora, con tutta questa ricchezza di proposte?
Occorre fare sintesi delle esigenze con un impegno di squadra. Insieme vedo la politica, il mondo imprenditoriale, le associazioni di volontariato e i cittadini. Tutti insieme per favorire una maggiore cultura aggregativa sincera che dia spazio anche al pensiero diverso. Un pensiero che può arrivare da diverse direzioni. Adesso le parlo da ex vicepresidente di Cesenalab: vedere le energie dei giovani è accogliere un pensiero diverso. Penso a Enrico Martini di Tulips che ho trovato al lavoro anche il 2 gennaio. Penso a Rockin’ 1000 e ai tanti usciti dai diversi incubatori di start up. Questa città è anche di chi la pensa diversamente. Un altro esempio è dato dal progetto Cesena sport city: ci sarà meno calcio. La libertà di movimento, anche durante gli ultimi lockdown, ha fatto comprendere le opportunità offerte da diversi sport. Lo sport come nuovo trend. Ci vuole un pensiero innovativo. Ho in mente lo stile dello smartworker. È di certo diverso da quello di chi andava in ufficio in giacca e cravatta. Non sarà più così. Abbiamo un sindaco giovane, potrebbe aiutare.
Che cos’è l’innovazione?
È la disobbedienza alla tradizione. La disobbedienza che ha avuto successo. Ricordo cosa disse papa Francesco in piazza del Popolo il primo ottobre 2017: non balconate. E in aggiunta, vado a memoria, ma il concetto è quello: “Giovani, ascoltate gli anziani, ma siate anche rivoluzionari. E non abbiate paura di sbagliare. Fate”. I particolarismi non devono più esistere. Ai giovani va dato spazio vero. Ascoltare gli anziani, favorire i giovani. Penso alle borse di studio, a percorsi nuovi da intraprendere e da incentivare. Non tiriamoci indietro verso le nuove generazioni. È anche vero, e ce lo dobbiamo dire, che alcuni playmaker degli ultimi decenni ora sono usciti di scena per vicende diverse. I nomi sono noti a tutti. È segno che qualcosa sta anche cambiando.
Il mondo sta cambiando…
L’attore Paolo Cevoli ha modificato la sua strategia comunicativa. Si occupa di narrazione di storie attraverso il mondo digitale. Lo fa in maniera alta, non banale. Racconta storie di questa nostra terra di Romagna. Allora mi domando: ha un target di fruitori la fiera delle vase che potrebbe tenersi nei giorni di San Giovanni (24 giugno, ndr)? Il Conservatorio “Maderna” non potrebbe dare vita, negli stessi giorni, a un festival? Occorre ragionare per silos, in verticale: la fiera di San Giovanni, l’estate nelle piazze, il mercato dell’antiquariato… come se fosse una nuova edizione della Settimana cesenate, rivisitata alla luce della rivoluzione di questi anni. Tradizione e innovazione insieme.
Bisogna pensare in grande, mi pare di capire…
Gli obiettivi bisogna porli sempre sopra gli ostacoli. In città abbiamo portato due premi Nobel (Joseph Stiglitz nel 2020 ed Eric Maskin nel 2018, ndr) ed economisti della fama di Carlo Cottarelli. Un festival dell’economia a cui pochi credevano. Ci siamo riusciti, anche se non sono mancate le resistenze. Credo ci voglia un pensiero in grande perché Cesena ha la struttura e il fisico per pensare in grande. Qua abbiamo la biblioteca Malatestiana, un gioiello unico al mondo, gli ex voto della basilica del Monte. Mi si dirà che Cesena non vive di turismo. Ma io vi dico, e sono dati Istat, che ogni 100 euro di transazioni turistiche ne generano altri 86 per settori contigui. Dobbiamo riempire di contenuti le nostre proposte. Ecco perché ci vuole il concorso di tanti sponsor. Dobbiamo dare il sorriso alla gente. E noi qui siamo nelle nicchie più alte. Le racconto questo: ero ospite in Toscana dagli Elkann. Alain mi racconta che passavano da Cesena a bordo di una Ferrari. “Esci a Cesena – venne detto a chi guidava -. C’è la Malatestiana da vedere”. Allora le dico: ad ammirare la nostra biblioteca possiamo portare chiunque, dai bambini piccoli, agli opinion leader, agli intellettuali. Penso anche al mondo della cultura, a Marino Moretti, a Pascoli, a Carducci, ad Artusi. Per vedere Cagnacci a Santarcangelo vengono dall’Austria: l’ho constatato con i miei occhi. Ancora: cosa non si può fare d’estate alla pieve di Monte Sorbo? E poi abbiamo personalità del mondo dello sport e dello spettacolo del calibro di Arrigo Sacchi, Alberto Zaccheroni, Biagio Antonacci, Laura Pausini.
In una parola finale?
Puntando sempre in alto, abbiamo l’obbligo di arredare di proposte concrete, di valore e realizzabili, il nostro business plan per i prossimi 5-10 anni. Da qui passano la ripresa e la crescita di Cesena e di tutta la Romagna.