Cesena
Viaggio da incubo sulla gincana della E45
Ancora una volta, potrei aggiungere. Gli anni passano, ma le condizioni in cui versa la superstrada E45 rimangono le stesse, se addirittura non peggiorano. In questo racconto rivivo quanto sperimentato mercoledì 26 maggio quando sono andato e tornato da Cesena a Perugia. Pochi giorni prima avevo percorso il tratto Cesena-Ravenna. Tratto nel quale a fatica si trova un solo chilometro libero da cambi di carreggiata o restringimenti di corsia. Non è diversa la situazione sul versante sud, almeno fino a Bosco, all’ingresso del capoluogo umbro. In tutto circa 400 chilometri, tra andata e ritorno, di un asse stradale che altre volte è stato definito come la Salerno-Reggio Calabria del centro-nord.
Avvallamenti e strettoieDopo il viaggio di andata in cui mi sono solo stupito, nell’ennesima occasione, in quello di ritorno mi sono preso tutti i rischi del caso. Ho ridotto di molto la velocità e ho cercato di fissare chilometri e uscite per descrivere al meglio quanto ho dovuto affrontare alla guida. Può darsi che la narrazione possa essere a tratti imprecisa perché ho dettato al telefonino mentre ero alla guida. So che non è il massimo (un paio di volte mi sono fermato per non correre troppi rischi) ma è stato più forte di me: non ho potuto non registrare dello stato indecente del manto stradale, gli avvallamenti, le strettoie, i tir che ti stringono verso le barriere di cemento. L’asfalto spesso diventa un terribile budello tra buche da evitare e camion che fanno lo slalom alla ricerca dei tratti meno accidentati.
Pericolosi imbutiAppena imboccata la superstrada nei pressi di Perugia, ecco un cartello che 155 chilometri per Cesena. Trovo pezze e buche sull’asfalto in zona Ponte Valle Ceppi. A Ponte Felcino il manto stradale è nuovo. Sembra una manna, ma dura poco. Al chilometro 81-82 siamo già in doppio senso di marcia sulla stessa carreggiata, il primo di una serie infinita. Si viaggia così per cinque chilometri, fino a Resina. Al 92esimo chilometro di nuovo tante buche e a quello successivo la sosta d’emergenza (davvero troppo poche in una strada senza corsia dedicata) è chiusa apparentemente senza motivo e senza preavviso. Al 100esimo chilometro sono di nuovo su un’unica corsia, per tre chilometri. Poi tre di tregua e altri tre di doppio senso, in un alternarsi di scambi di carreggiata che mantiene il guidatore sempre sotto pressione. Impossibile distrarsi un attimo. Io viaggio tranquillo anche per appuntarmi distanze e difficoltà incontrate. Dopo l’uscita per Promano ci sono ancora buche di un certo rilievo. I lavori riprendono al chilometro 115. Si viaggia su un’unica corsia, con il guard rail che fa della strada un pericoloso imbuto.
La tela di PenelopeGli avvallamenti non mancano mai. Ne segnalo sul mio cellulare al 122esimo chilometro. Il camionista davanti a me fa lo slalom per evitarle, incurante di chi lo segue. Siamo prima di Città di Castello. Poco dopo si respira un po’ per un tratto appena rifatto, fino al 128esimo chilometro. È sempre la stessa tela di Penelope che si vive da decenni sulla E45: si rifà un pezzo e si incanala su quello tutto il traffico per rifare il tratto a fianco. Il carico da sopportare è enorme e in breve distrugge la strada appena rinnovata. In questo modus operandi da girone infernale si va avanti all’infinito. Un destino pazzesco in un vortice senza fine.
Gallerie semibuieDopo questi pochi chilometri di tregua, mi trovo di nuovo tutto a destra su un’unica corsia. Siamo a Selci Lama. I lavori sono concentrati al centro della carreggiata. Il new jersey separa i due sensi di marcia, molto lontani tra loro. Così si arriva fino al chilometro 133. A quello 137 incontro lavori temporanei per poche decine di metri all’altezza di San Sepolcro sud. Incrocio l’avviso che indica la chiusura dell’uscita per Madonnuccia. Al chilometro 141 ci sono di nuovo operai all’opera con scambio di carreggiata che trovo al termine della prima galleria in direzione nord. Poi finalmente arriva un bell’asfalto nuovo fino al km 148, Pieve Santo Stefano sud. Si viaggia su un’unica carreggiata a doppio senso di marcia, fino all’area di servizio ai piedi dell’inizio dell’ascesa che porta in Romagna. Qui mi fermo per appuntare con maggiore calma qualche nota. Appena riparto mi trovo davanti dei lavori, all’uscita dall’autogrill. Siamo al km 150, su unica corsia, fino a Pieve Santo Stefano nord. In mezzo c’è il new jersey a separare i mezzi in transito. I camion sono tantissimi. Un cartello avvisa della chiusura dell’uscita di Verghereto. Tre chilometri sono tutti così, poi tregua e di nuovo, dopo Canili, con doppio senso su unica carreggiata. Dopo San Piero in Bagno mi fermo per scrivere: la galleria di Montecoronaro, 950 metri semibuia, è a doppio senso, così come quella sotto il paese di Verghereto lunga 400 metri. È aperta quella della Roccaccia, prima di Bagno di Romagna, ma subito dopo incontro lavori fino a San Piero in Bagno.
Gigantesca gincanaSono sul tratto peggiore e si vede. Ci sono continui scambi di carreggiata, al km 183, al 184 con rientro a due chilometri da Quarto dove è indicata la chiusura dell’uscita Sarsina nord. Qui è tutto un cantiere fino a Montepetra, dove terminano i lavori. Seguono 26 chilometri di pace, finalmente. Si arriva così a Cesena ovest, al km 223, dove riprende la rumba quasi ininterrotta che porta, in un delirio di passione, tensione, deviazioni e scambi di corsie e carreggiate, fino a Ravenna, al termine di un percorso più da gigantesca e infinita gincana che da viaggio nell’Italia del terzo millennio.