Coronavirus. Il dottor Placucci del Pronto soccorso: “Molti di noi sono esattamente dove vorrebbero essere. Come se questo fosse il momento in cui dare senso alla nostra professione”

Il Pronto soccorso da sempre è la prima linea dell’ospedale. Un avamposto anche in questa emergenza da Coronavirus. “Sono molto diminuiti i codici bianchi e verdi – dice il dottor Nicola Placucci, 37 anni a giorni, in forza al Pronto soccorso dell’ospedale “Bufalini” – con un notevole calo nel numero degli accessi. Ma le urgenze rimangono e non sono di certo differibili. Sono molti di meno i traumi da incidenti stradali e sul lavoro. Sono diversi invece gli accessi per febbri e problemi respiratori, tutti riconducibili, direttamente o indirettamente al Covid-19”.

“Avere a che fare con questi sintomi è diventata la parte maggiore del nostro lavoro. Vale a dire suddividere i pazienti tra chi deve essere instradato verso i reparti Covid e chi no, avendo sempre cura di mettere tutti in sicurezza. Abbiamo diviso il Pronto soccorso in due unità operative separate. Da una parte i non Covid, dall’altra chi si presenta con tosse, febbre e problemi respiratori”, aggiunge il dottore.

“Eseguiamo un’azione di filtro – prosegue il medico – stratificando i pazienti secondo la loro gravità e decidendo chi può andare a casa e chi deve essere ricoverato. Facciamo anche i tamponi, ma solo quando lo riteniamo opportuno. Non li eseguiamo su richiesta, ma solo in presenza di sintomi riconducibili al Coronavirus. Molti di noi hanno fatto il tampone e oggi, come organico, siamo parzialmente ridotti. Al momento i colleghi positivi sono ancora pochi. Da subito abbiamo utilizzato i dispositivi di protezione che finora ci sono. Di risorse, comunque, ne servono tante perché i bisogni sono numerosi e continueranno a esserci. Anche finita l’emergenza non si potrà abbassare la guardia. In futuro dovremo adottare norme diverse rispetto a quelle che abbiamo sempre applicato”.

“E’ ancora presto per poter stare tranquilli – continua il dottor Placucci -. Siamo pronti e preparati a questo, anche a lavorare di più. Tutti i turni che ci vengono chiesti nei reparti Covid sono fatti in lavoro straordinario. Questo momento così delicato fa emergere le diverse nostre personalità. Come gruppo, siamo 25 medici e una quarantina di infermieri, ci sentiamo in salute e di buonumore. In questo frangente è stata trovata tanta motivazione, anche se l’uso dei dispositivi di sicurezza rende difficile approcciare il paziente. Ma lo spirito di gruppo aiuta tantissimo”.

Fate mai i conti con la paura? “Molti di noi sono esattamente dove vorrebbero essere. Come se questo fosse il momento in cui dare senso alla nostra professione. Si tratta di un impegno e di una sfida che non hanno precedenti. Anche come gruppo. E anche la risposta che sta dando il sistema sanitario regionale mi pare efficace e virtuoso. Mostra la bontà della nostra organizzazione che non seleziona le persone. Curare tutti senza distinzione è per noi l’orgoglio più grande. E ciò diventa particolarmente vero lavorando in Pronto soccorso, dove tutti affluiscono”.

“Siamo votati a questa risposta senza pregiudizi – dice il medico/maratoneta, vincitore nel 2017 della Nove Colli a piedi -. Ci confrontiamo con l’emergenza a viso aperto, con consapevolezza e altruismo e con le dovute precauzioni. Vorremmo lasciarci alle spalle questo periodo quanto prima, ma ora lo affrontiamo”.