Nascere al tempo del Coronavirus. Il primario del “Bufalini”: “Anche le neomamme sono eroi di questi tempi drammatici. Non dimentichiamolo”

In ospedale è un periodo strano per tutti. Anche per chi è chiamato ad aiutare chi si affaccia alla vita. Lo conferma il primario del reparto di Ostetricia e ginecologia, il dottor Patrizio Antonazzo. “Non siamo direttamente coinvolti con chi si occupa dei pazienti Covid, ma a tutti è stato chiesto di limitare l’attività alle sole urgenze, interruzioni di gravidanza comprese (come prevede la legge, purtroppo, ndr). Tutta la parte ginecologica del nostro lavoro al momento è rinviato”, dice il medico.

“Dobbiamo evitare che la gente venga in ospedale – aggiunge il dottore -. E questo vale anche per noi. Tutto è ridotto ai minimi termini. Funziona l’attività di Ostetricia, anche se, per quanto possibile, cerchiamo di indirizzare al consultorio le donne in gravidanza fino alla 40esima settimana. Prima sera fino alla 37-38esima settimana di gestazione. Ovviamente per tutti quei casi a basso rischio che già sono gestiti dal territorio”.

L’ospedale come luogo potenzialmente a rischio è di difficile comprensione, ma in questi momenti di emergenza sanitaria si vive questa strana situazione. “Ma il mistero della nascita continua – aggiunge il primario -. Nel primo trimestre dell’anno abbiamo avuto 470 parti, in un numero maggiore rispetto al 2019. Per limitare gli accessi, ai papà sono chiesti maggiori sacrifici. Possono stare con la mamma solo nel momento del travaglio e nelle due ore successive al parto. Per il resto, la mamma rimane da sola. Per la parte ambulatoriale, i padri devono rimanere in auto. D’altronde ci è chiesto di dire di no agli assembramenti e alle uscite senza motivo. Una sola regola vale ora: accessi ridotti per i padri”.

Una mancanza di certo, in ogni caso. “Dal punto di vista emotivo è penalizzante. Pensiamo al caso del parto indotto: il padre non può aiutare in questo frangente che può durare anche a lungo”. E poi…? “E poi gli operatori con la mascherina, compresi anche le mamme e i papà. Tutti mascherati. In questo modo i gesti e gli affetti sono fortemente penalizzati”.

“Cerchiamo di compensare con gli occhi – aggiunge il dottore – e di fare passare attraverso di essi ciò che si vorrebbe esprimere con altro. È una modalità di interazione del tutto diversa, non dal punto di vista assistenziale ovviamente. Lei pensi che in sala travaglio tutti indossiamo la mascherina. Il momento della nascita è di certo, in questo modo, meno romantico”.

E i timori di questi giorni, dottore? “Ogni giorno torno a casa e ho paura di portarmi a casa qualcosa da qua. Non conviviamo con il Covid-19, ma la paura esiste davvero. Ci esponiamo anche noi a questo rischio. Per questo i tempi di permanenza in ospedale, anche per le neomamme sono ridottissimi, quando è possibile. Se tutto è nella norma, dopo la 24esima ora dopo il parto, figlio e mamma vanno a casa. Via skype seguiamo poi tutti con un ambulatorio contattabile al 334.1559475 e con consulenze sempre su skype su appuntamento alla email allattamento.ce@auslromagna.it. Oltre, ovviamente a ciò che da sempre si realizza sul territorio”.

Infine dottore, quali sono i pensieri di questi giorni così drammatici? “Mentre si guardano i bollettini con i quali si contano i morti e i malati c’è la vita che nasce. Le dico che si sta parlando tanti, e giustamente, di medici e infermieri come eroi, io le assicuro che anche le mamme di queste settimane tanto condizionate dai timori legati al Coronavirus sono veri e propri eroi. Non dimentichiamolo”.