Il rettore Ubertini ospite di Rotary e Lions: “L’ingegnere del terzo millennio sarà un umanista”

“L’università in un mondo che cambia. Il ruolo della formazione”. Se ne è parlato ieri sera durante una conviviale online promossa dal Rotary e dal Lions. A fare gli onori di casi i rispettivi presidenti, Alessio Avenanti e Maurizia Boschetti. Numerosi i club in collegamento dall’Emilia Romagna e anche dal resto d’Italia. Oltre 150 i contatti costanti per tutta la serata. 

Ha aperto l’incontro il governatore del Rotary Angelo Andrisano, fino a pochi mesi fa rettore di Unimore, l’università di Modena e Reggio Emilia. Andrisano ha sottolineato che “queste riunioni sono in piena sintonia con il motto di quest’anno il Rotary connette il mondo. In un momento così difficile siamo riusciti a creare una rete di relazioni veramente inaspettata, che ci sta consentendo di realizzare buone cose e di portare avanti buoni progetti”. Il sindaco Enzo Lattuca, nel suo saluto introduttivo, ha messo in evidenza che oggi “una città non si può più considerare tale senza la presenza dell’università. E la nostra si dovrà sempre più chiamare Università di Bologna e della Romagna, come fu definita il 15 novembre scorso quando ci fu l’inaugurazione, per la prima volta nella storia ormai millenaria dell’ateneo bolognese, dell’anno accademico fuori Bologna e nell’occasione a Cesena”.

Il presidente del Campus cesenate, Massimo Cicognani (erano presenti anche i presidenti Sergio Brasini di Rimini, Luca Mazzara di Forlì ed Elena Fabbri di Ravenna) ha ricordato che la serata si sarebbe dovuta tenere nel nuovo Campus e che “proprio oggi (ieri per chi legge, ndr) è ripartito il cantiere dello studentato. I lavori dovrebbero terminare entro il 2020. Comprendono gli alloggi e la biblioteca. E poi c’è la nuova sede di Psicologia che verrà inserita nel bando ministeriale per le sedi universitarie. Già è finanziata dal Comune e dall’ateneo. Per questo nuovo intervento, tanto atteso, la fine lavori è prevista per il 2023. Con il campus di Villa Almerici e l’avamposto al mare, a Cesenatico, completeremo tutte le strutture della presenza universitaria a Cesena”.

“Ma non ci siamo fermati solo agli edifici – ha aggiunto Cicognani -. Il nostro campus ha una vocazione tecnologica, con anima umanistica, vista la presenza di Psicologia e Architettura. Ora davvero l’Alma mater è l’università di Bologna e della Romagna, visti i 21 mila studenti presenti nelle quattro sedi romagnole, i 1.500 addetti nel complesso e i 300 milioni di euro di budget annuo complessivo. Sono numeri da medio ateneo per il nostro Paese. Con il progetto Romagna salute arriverà la scuola di Medicina, per migliorare, e riferisco parole del rettore, il livello di tutela della salute su tutto il territorio. A Cesena, con la presenza di Ingegneria biomeccanica il collegamento è già nei fatti”.

“Questo periodo è stato definito come una quarta rivoluzione industriale – ha esordito il rettore Francesco Ubertini, uno dei più giovani in Italia. Ingegnere civile, è docente di Scienze delle costruzioni –. Un periodo che sta modificando la nostra società. Una trasformazione spinta dal progresso tecnologico che chiama tutti a ripensare al concetto di spazio, come si può notare con il collegamento di stasera, e a quello del tempo, una velocità vertiginosa cui non eravamo preparati, con ritmi mai sperimentati. E ciò è avvenuto in tempi brevissimi. Le aziende sono cambiate totalmente: ora sono tutte digitali. Operatori e robot lavorano assieme, nello stesso spazio. Gli interventi chirurgici vengono eseguiti da remoto, con un joystick, senza l’uso diretto delle mani sul paziente, con un chirurgo che può essere ovunque nel mondo”.

“Parlare di intelligenza artificiale significa parlare di oggi, del presente. Pensiamo alle risposte di Google che sono personalizzate in base a chi le pone, ai suoi gusti, alle sue scelte. Pensiamo al commercio online fatto da almeno metà della popolazione mondiale. Pensiamo ai big data, un patrimonio rilevante. Tra poco avremo, come università, un supercalcolatore che sarà in grado di elaborare 200 milioni di miliardi di operazioni in un secondo, sostenuto economicamente dall’Europa. Una quantità esorbitante, fuori da ogni immaginazione. Forse ci sfugge la portata di queste trasformazioni. Si tratta di una grandissima sfida per tutti, università compresa”.

“A fine febbraio, in una sola settimana, i nostri 80 mila studenti sono stati in grado di seguire da casa tutte le lezioni, con il 95 per cento del personale in smart working – ha proseguito il rettore -. Questi cambiamenti porteranno con sé rischi e opportunità. A me piace guardare alle opportunità e il fattore più importante penso sia costituito dalla formazione. A mio avviso è più importante oggi rispetto a ieri, sia per i giovani sia per i territori. L’università è ricerca e innovazione che si radicano sul territorio grazie agli studenti che vi vengono formati”.

“In Italia siamo chiamati a fare diversi passi in avanti – ha detto ancora Ubertini -. Siamo al penultimo posto in Europa per laureati. Un problema enorme per il nostro Paese. Qua da noi siamo in controtendenza rispetto al resto del Paese. L’Alma mater è cresciuta, anche nei ranking internazionali delle grandi università, anche se le altre nel mondo hanno il bilancio che è 10 volte il nostro, la metà degli studenti e il doppio di docenti. Oggi possiamo dire che la scelta compiuta 30 anni fa fu lungimirante. Uno sforzo notevole voluto da tutto il territorio che ha fatto crescere l’intera Romagna”.

“La Romagna sprigiona energie positive – ha detto ancora Ubertini -. Come dimostrano le start up studentesche che possono essere accreditate con il logo dell’università: sono quasi tutte romagnole. Qua, d’altronde, ogni anno si laureano 5 mila studenti, numeri da media università nel Paese. Credo che si possa andare davvero verso il cambiamento del nome, come ricordato dal professor Cicognani”.

E veniamo alla nuova facoltà di Medicina in Romagna. “Questo progetto, “Romagna salute”, ha la stessa portata dell’avvio dei corsi di 30 anni fa – ha aggiunto il rettore -. Si tratta di un processo di progressiva integrazione tra università e sanità romagnola. Avremo un policlinico universitario della Romagna. Un’azienda territoriale universitaria, la prima in Italia, con un impatto positivo sui cittadini e sul territorio. Qualcosa di nuovo e di complementare. Come avvenne 150 anni fa a Bologna con il Sant’Orsola. Pensate che gli studenti svolgeranno i loro tirocini nelle strutture dell’Asl della Romagna. E pure gli specializzandi, nei quattro ospedali romagnoli. Ci sarà una forte integrazione con il territorio. A Cesena e a Rimini sono previste forti integrazioni con i corsi già esistenti. Nella vostra città penso a Psicologia e al polo tecnologico e informatico. Si tratta di un progetto molto ambizioso che partirà già a settembre con i primi 200 studenti. Nelle strutture sanitarie attuali avremo assieme professionisti ospedalieri accanto a docenti universitari. Una grandissima opportunità per i giovani ricercatori. La storia ce lo dirà. Tra dieci anni si potranno trarre i primi bilanci. Ce ne vorranno 30 per vederlo maturo, questo progetto. Un’enorme sfida per noi. Vi posso assicurare che l’università ci crede”.

Alberto Zambianchi, presidente della Camera di Commercio, ha ricordato le ricadute economiche sul territorio: 23-24 milioni di euro a Forlì con seimila studenti e 21-22 per Cesena dove studiano 5.000 ragazzi, più le ricadute culturali. Lo stesso Zambianchi ha menzionato Leonardo Melandri, cui occorre aggiungere il cesenate Giobbe Gentili, quali fautori dell’ateneo di Bologna in terra di Romagna. Due padri che non si possono dimenticare.

Sollecitato da alcune domande, il rettore Ubertini ha affrontato il tema del nuovo anno scolastico vista l’emergenza Covid. “L’università di Bologna torna in presenza – ha assicurato -. Mentre altri atenei, tra i più prestigiosi al mondo, hanno già dichiarato che andranno solo online, noi diciamo che torneremo in aula, ovviamente tutelando la salute di tutti, il nostro primo obiettivo. Assicureremo anche la presenza online, per non escludere nessuno tra i nostri studenti. Quindi avremo una didattica mista, anche perché le aule avranno una capienza ridotta”.

Infine il rettore ha risposto anche sulle obiezioni circa il numero chiuso. “Si tratta di una contraddizione evidente: da una parte non abbiamo i laureati e dall’altra non facciamo entrare gli studenti. Questo Paese deve decidere se ci crede o non ci crede – ha incalzato il rettore -. La ricetta non è una formazione iperspecialistica. Credo sia molto meglio un corso di storia rispetto a un altro ultraparticolare. Le nostre mille aule andranno rinnovate per saper integrare e interagire. Abbiamo un piano da 360 milioni di euro per investimenti in strutture. Prima di lasciare l’incarico bandirò tutte le gare per gli appalti. Alla fine di questi investimenti enormi avremo il 40 per cento in più di aule rispetto a oggi”.

Poi la chicca finale. “L’ingegnere del terzo millennio – ha concluso il professor Ubertini – sarà un umanista. In Italia non stiamo andando in quella direzione, ma noi siamo chiamati a correggere quella rotta”.