Cesena
A 92 anni è morto Vittorio Gregotti, “papà” del quartiere ex Zuccherificio
Il nome di Vittorio Gregotti, architetto e urbanista, è conosciuto in tutto il mondo come grande firma dell’architettura. A Cesena però è indissolubilmente legato al progetto del quartiere ex Zuccherificio.
Ricoverato da qualche giorno a Milano per una polmonite da Coronavirus, l’architetto di origini piemontesi è morto stamattina.
Il suo “Piano particolareggiato per l’area dell’ex Zuccherificio” gli fu commissionato alla fine degli anni ’80 dalla Fondazione Cassa di risparmio di Cesena e presentato nel 1991. I lavori al quartiere cominciarono quasi una decina d’anni dopo, per arrivare alla realizzazione del Ponte Europa unita, l’inaugurazione dell’Ipercoop (2002), l’espansione del don Baronio (2001), la costruzione del centro direzionale Carisp (oggi diviso tra Credit Agricole e Ausl Romagna), l’edificazione di palazzine popolari (vicine al semaforo sulla via Emilia) e altre residenze nel resto del quartiere, per un totale di 288 alloggi.
All’appello manca ancora oggi il fantomatico albergo-residence progettato nel ’99 (doveva sorgere attorno alla ciminiera dello zuccherificio), mentre il campus universitario di Ingegneria e Architettura è stato inaugurato nel 2018 e quello di Psicologia (con altri servizi universitari) è in costruzione nell’area dove un tempo si era ipotizzato di trasferire parte del Comune o realizzare la nuova caserma dei Carabinieri.
Secondo i piani iniziali i lavori sull’area, pari a 22 ettari complessivi, si sarebbero dovuti concludere nell’estate del 2003.
Nelle intenzioni di Gregotti il comparto doveva rappresentare un prolungamento del centro storico, un legame sottolineato anche dall’uso massiccio dei mattoni e dalle dimensioni degli edifici, tutti rapportati l’uno all’altro per dare armonia all’insieme.
L’effetto finale però, pur apprezzato dagli esperti di architettura, è risultato alienante agli occhi di molti cesenati. Lo stile gerarchico e neo-razionalista di Gregotti fa apparire gli edifici residenziali del quartiere, all’uomo della strada, come padiglioni di ospedale o reparti di un carcere. O, nella migliore delle ipotesi, simili a un grande dormitorio universitario, quello che potrebbe in effetti diventare una volta completato il campus. Un destino, questo, preferibile a quello del quartiere Zen di Palermo, considerata (anche a causa di problemi esterni) la peggiore realizzazione di Gregotti.