Cesena
Coronavirus. La direttrice del Nuovo Roverella: “Ci si può concedere di avere paura. Ma la nostra mission è il bene dell’anziano”
La casa di riposo “Nuovo Rovella” ospita 108 anziani nella struttura di via Ancona, nel quartiere Oltresavio. Un luogo non semplice da gestire in questi giorni di emergenza sanitaria da Coronavirus. Ne abbiamo parlato con la direttrice Cristina Capriotti chiamata con il suo staff a rivedere l’organizzazione della casa, tra ingresso vietato ai familiari e massima tutela degli ospiti. Tutti gli ospiti sono anziani e ‘grandi anziani’, con plurime patologie, e proprio per questo più fragili.
L’emergenza sanitaria di queste settimane ha costretto a misure cautelative sempre più stringenti. Da martedì 10 marzo, le visite sono sospese per tutti. Sospese anche le attività motorie, educative e cognitive che prevedono l’ingresso di operatori extrastruttura. A oggi nessun caso di Covid-19 è segnalato in struttura.
Gli anziani vostri ospiti come stanno vivendo questa nuova situazione che non prevede visite da parte dei parenti?
L’assenza prolungata del familiare in visita fa insospettire l’anziano ospite: teme che gli sia capitato qualcosa. Soprattutto le persone lucide che seguono il fenomeno attraverso la Tv sono preoccupate per chi “è fuori dalla struttura”. E’ per questo che abbiamo fortemente incentivato le chiamate dirette tra parente e anziano, meglio ancora se in videochiamata così hanno la possibilità di vedere che è tutto a posto.
Qualche parente è preparato a rispondere ai dubbi dell’anziano, altri si fanno guidare da noi.
Proteggere tutti è l’obiettivo comune ed è questa la motivazione che dobbiamo dare anche noi operatori agli anziani anche più volte nello stesso giorno. Ma siamo qua anche per questo.
La vita in struttura è normalmente scandita da diverse attività di stimolazione, oltre che di condivisione e divertimento. Momenti che gli ospiti, insieme ai familiari, vivono con partecipazione. Come cercate di far vivere loro uno stato di pseudonormalità?
Le animatrici e più in generale gli operatori cercano di riempire il tempo con attività che stimolino e contestualmente spostino l’attenzione verso argomenti piacevoli e al contempo riempiano degli spazi altrimenti occupati dalla presenza del familiare. In questo senso si approfitta di ogni attività: conversazione su vari temi legati ai ricordi, proiezione di film, attività religiose con l’ausilio di tv e radio, potenziamento delle attività riabilitative ma di piccolo gruppo e comunque tenendo gli anziani distanti. Le animatrici sono diventate un supporto importante nella fase del pasto perché alcuni ospiti richiedono un approccio a due che prima era curato dai parenti.
E infine il delicato e prezioso lavoro delle videochiamate: le animatrici fanno tutto il possibile perché si mantenga il collegamento con la propria famiglia. Questo servizio è possibile su due linee telefoniche diverse. Tutto ciò avviene grazie allo scambio con gli altri servizi dell’Asp che ci hanno messo a disposizione due tablet con linea telefonica e oltre quattro operatori a supporto dei vari bisogni della casa.
Le famiglie, da casa… Si possono solo immaginare le telefonate di richiesta di informazioni sullo stato di salute del proprio caro, e se in struttura vi sono situazioni particolari. Quale approccio avete?
Comprendiamo che non vedere e non poter toccare con mano come vanno le cose crea preoccupazione nel familiare per cui accettiamo le tante telefonate di parenti e amici che ci chiedono rassicurazioni sulla salute del singolo anziano e su quella generale. Tuttavia ci siamo dati delle procedure tali per cui la chiamata per un’urgenza riceve subito una risposta dall’operatore interessato. La telefonata differibile di chi vuole “sapere come va” viene messa in nota all’infermiere o alla responsabile assistenziale affinché quest’ultimi richiamino in una fase del turno in cui il lavoro può essere sospeso per dedicare tempo alle telefonate.
A tutti ricordiamo che siamo lì a servizio dei loro cari e che intendiamo mettere in campo tutte le misure necessarie per contrastare la diffusione.
Può riepilogare come la nostra struttura si è riorganizzata in queste settimane?
Cerchiamo di fare all’interno ogni prestazione ed esame necessario alla diagnosi così da evitare di andare in ospedale. Sono state allestite nuove salette e sono stati aggiunti tavoli in sala da pranzo, in modo da aumentare le distanze tra gli ospiti. Sono stati implementati i passaggi per la sanificazione dei punti di contatto e usiamo la macchina dell’ozono nei locali comuni. Peventivamente misuriamo la temperatura e la saturazione su gruppi random di anziani. A supporto degli operatori stiamo mantenendo lo Sportello di ascolto con la psicologa che fa consulenza tramite videochiamata. Sono confermati i servizi di parrucchiera e podologa affinché la cura dell’ospite non venga meno. E in preventivamente, stiamo elaborando dei piani di reperimento e gestione del personale qualora si presenti una situazione di emergenza. Da oltre quattro settimane si è imposto l’uso continuativo delle mascherine per tutti gli operatori e se ne stanno realizzando a mano delle altre per far fronte alla potenziale mancanza di fornitura.
Sono aumentati i punti di rifornimento dei disinfettati e ogni strumento utilizzato in modo promiscuo (come ad esempio i tablet che vengono dati in mano agli anziani), viene disinfettato prima di essere dato ad un altro ospite.
Per quello che riguarda i necessari rifornimenti, i fornitori seguono percorsi alternativi e i manutentori che entrano nei reparti non si avvicinano agli ospiti. Lo svolgimento di servizi nevralgici viene insegnato a più addetti affinché in caso di assenza per quarantena di alcuni, ci siano altri già istruiti.
Tutto questo potrà servire per contrastare la diffusione del Coronavirus all’interno della casa e comunque ci consentirà di dire che abbiamo fatto tutto il possibile.
C’è una comunità cittadina che vi ha consegnato i propri cari. Questa lontananza, anche fisica, forzata, e con motivazioni così gravi… Cosa vi sentite di dire a ciascun familiare?
Possiamo immaginare i dubbi e le preoccupazioni di chi deve stare fuori dalla casa, ma i familiari sappiano che valutiamo e analizziamo le situazioni che capitano giornalmente studiando in team qual è la risposta più adeguata. Il nostro agire non vuole sottovalutare le casistiche, ma nemmeno farsi guidare dall’allarmismo. Siamo attenti e ponderati.
“Uniti ce la faremo”. Un appello alla responsabilità, alla solidarietà e alla sensibilità. Ce lo ripetiamo da più parti… Come operatori impegnati in prima linea nel rispetto delle misure di contenimento, quali sentimenti, preoccupazioni e speranze avete in questi giorni?
Ci si può concedere di avere paura, si può essere arrabbiati per quanto sta capitando, ma poi bisogna rimboccarsi le maniche ed entrare in turno con l’unica mission di prenderci cura dell’anziano. Fare bene la nostra parte è un puzzle del grande sistema di contrasto al Covid-19: se rallentiamo il contagio diamo tempo alla ricerca e alla scienza di fare dei passi in avanti.
Oggi più che mai avete messo in campo cuore e professionalità. Si sente di inviare un ringraziamento?
Devo esprimere un ringraziamento a tutti gli operatori per la costanza e la collaborazione dimostrata in questo periodo. E visto che per il 98 per cento siamo donne con figli o genitori da accudire, ringrazio i tanti nonni, mariti e mogli che restano a casa con i nostri cari così da permetterci di esser presenti al Nuovo Roverella.