Dall'Italia
La Parte I della Costituzione. Balboni: “Nessuno è mai da solo, ma è parte di una comunità”
“Se c’è una motivazione – e a mio avviso c’è anche se non bisogna enfatizzare troppo questo aspetto – per cui la nostra Costituzione è stata definita la più bella del mondo, è proprio per la sua prima parte. Tra i principi fondamentali e i diritti e doveri dei cittadini, più di un terzo del testo della Carta è dedicato all’impianto fondativo della nostra convivenza”.
Enzo Balboni, professore emerito di diritto costituzionale all’Università Cattolica di Milano, è stato vicino a Lazzati e Dossetti e quando parla della genesi della Costituzione italiana descrive un “momento magico” in cui “tre grandi filoni culturali, quello cattolico-democristiano, quello social-comunista e quello liberale-azionista” sono riusciti a trovare un “compromesso” (termine che oggi suona male, ma che storicamente ha un significato alto) nel progettare la casa comune. E in questa logica si comprende anche la scelta di intitolare “Diritti e doveri dei cittadini” quella che tecnicamente è la Parte I della Costituzione, vale a dire gli articoli dal 13 al 54, preceduti dai Principi fondamentali (artt. 1-12) e seguiti (artt. 55-139) dalla Parte II dedicata all’Ordinamento della Repubblica, cui vanno aggiunte le diciotto Disposizioni transitorie e finali.
Non solo diritti, ma anche doveri, quindi.Sì, c’è questo aspetto meno ampio ma profondo che riguarda i doveri. E vale la pena ricordare che nella tradizione culturale italiana c’era stata anche un’importante opera di Mazzini che aveva sottolineato i doveri rispetto ai diritti. Nella Costituzione troviamo per esempio il dovere di solidarietà economica e sociale, il dovere di partecipare alla vita politica e amministrativa – compreso il dovere, sia pure non sanzionato, di votare – e il dovere tributario, in base al quale tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva e secondo criteri di progressività. Ma ci sono anche dei doveri di tipo diverso e di cui si parla meno, come il “dovere e diritto dei genitori” di “mantenere, istruire ed educare i figli”: è l’unico caso in cui il dovere precede il diritto. E poi c’è il più ampio campo dei diritti, a cominciare dai cosiddetti diritti di libertà ma non solo. La nostra Costituzione distingue infatti quattro titoli: rapporti civili, rapporti etico-sociali, rapporti economici e rapporti politici.
Può apparire sorprendente, oggi, che i quattro capitoli in cui si articola la parte della Costituzione dedicata ai diritti siano definiti nei rispettivi titoli con la parola “rapporti”. Nel nostro tempo sembra che la questione dei diritti sia essenzialmente una questione individuale…I costituenti – e qui si sente l’apporto del personalismo cattolico ma anche della cultura socialista – avevano la
preoccupazione di evitare una lettura dei diritti in chiave prevalentemente individuale o per meglio dire individualistica.
Erano consapevoli di essere impegnati a costruire una comunità nazionale e l’idea che avevano è che nessuno è mai da solo, ma è sempre inserito in un insieme di relazioni.
Nel titolo sui rapporti economici è evidente il tentativo faticoso di contemperare il ruolo dello Stato e la libertà della proprietà e dell’iniziativa privata.C’è chi sostiene che questa parte, essendo stata scritta negli anni Quaranta, contenga un’eccessiva sottolineatura della dimensione programmatoria dell’economia e del ruolo dirigista dello Stato, che allora erano in auge. Peraltro ci sono anche alcuni estremisti che sono arrivati a dire che l’idea della Repubblica fondata sul lavoro sarebbe superata e il fondamento andrebbe invece posto sul libero mercato. Sono posizioni spesso viziate da una visione mercantilista. Altro è invece affermare che, dopo settant’anni, le formulazioni adottate allora risultino datate. Oggi noi non scriveremmo, come nell’articolo 42, che “la proprietà è pubblica o privata”.
Diritti e doveri dei cittadini. E per chi cittadino non è? Quando la Costituzione è stata scritta il fenomeno dell’immigrazione non era neanche all’orizzonte.Si è ribaltato tutto. Basti pensare che la Costituzione all’art. 35 si preoccupa di riconoscere la libertà di emigrazione. Però già nei principi fondamentali viene affermato il diritto d’asilo per gli stranieri a cui nei rispettivi Paesi siano negate le libertà democratiche e si specifica che dev’essere la legge stabilire la condizione giuridica degli stranieri in base al diritto internazionale. Di più. Proprio in virtù dell’impostazione personalista della Costituzione,
a tutti coloro che si trovano sul territorio nazionale, a prescindere dal loro statuto giuridico ma in quanto persone, sono riconosciuti alcuni diritti fondamentali, come per esempio il diritto alla salute.
È una delle tante dimostrazioni di quale ampiezza di vedute abbia dimostrato nel tempo la nostra Costituzione.
Il titolo sui rapporti etico-sociali si apre con un richiamo forte alla famiglia. Si trova qualcosa di analogo anche nelle altre costituzioni o è una specificità della nostra?Nelle altre costituzioni non si trova un riferimento così chiaro e della stessa ampiezza e in esso non si può non vedere la traccia dell’impegno dei costituenti cattolici, penso a La Pira, a Dossetti, a Lazzati, a Moro. Poiché in una costituzione è importante la posizione delle parole e dei concetti, è inoltre molto rilevante che nel titolo la prima parola sia “etica” e che il testo cominci proprio con i tre articoli dedicati alla famiglia. Vorrei sottolineare in particolare due aspetti. Innanzitutto l’art.29 dice che “la Repubblica riconosce i diritti della famiglia”: quindi la famiglia è una realtà che precede la stessa Repubblica. Inoltre c’è l’impegno ad agevolare la formazione della famiglia e a sostenerla, anche con misure economiche e con riguardo alle famiglie numerose. Purtroppo è un impegno a cui non si è ancora riusciti a dare pieno adempimento.