Dall'Italia
Verso le elezioni del 4 marzo. Le indicazioni utili per il voto
Queste elezioni politiche si svolgono a settant’anni dall’entrata in vigore della Costituzione. Era il 1° gennaio del 1948, il Paese era appena uscito dalla tragedia della guerra e l’articolo 48 della Carta affermava che l’esercizio del diritto di voto – “personale ed eguale, libero e segreto” – costituiva un “dovere civico”. Una formula efficace, che evocava responsabilità e solidarietà e la cui solennità faceva trasparire la consapevolezza di quanto fosse costata agli italiani la ritrovata libertà dopo gli anni della dittatura.
Chissà quanta di questa consapevolezza è ancora presente negli oltre 50 milioni di italiani chiamati alle urne. L’anagrafe non aiuta, evidentemente, ma la memoria non dovrebbe essere legata al certificato di nascita.
Certo è che sarebbe davvero il modo migliore di celebrare il settantesimo della Costituzione, il modo più significativo e il meno retorico, se gli italiani sorprendessero tutti – forse anche loro stessi – con una partecipazione al voto ben superiore alle non rosee previsioni dei sondaggi.
Magari cominciando dai quasi 600mila “ragazzi del ‘99” che, essendo nati nell’ultimo anno del XX secolo, sono chiamati alle urne per la priva volta. Del resto sono gli stessi sondaggi a dire chiaramente che votare non è inutile e che sarà decisivo proprio il voto degli indecisi.
Per tutti, comunque, l’apertura dei seggi è fissata dalle 7 alle 23 di domenica 4 marzo. In Italia i potenziali elettori sono 46.604.925, di cui 24.174.723 femmine e 22.430.202 maschi. È questo il numero degli aventi diritto al voto per l’elezione della Camera dei deputati, a cui vanno aggiunti 4.177.725mila italiani che voteranno all’estero. Per il Senato, secondo la Costituzione, possono votare soltanto i cittadini dai 25 anni in su: sono 42.871.428 più 3.791.774 all’estero. La differenza è di oltre quattro milioni. Questo è uno dei motivi per cui spesso è accaduto che gli equilibri in ciascuno dei rami del Parlamento fossero diversi e che fosse quindi difficile costruire maggioranze omogenee tra Camera e Senato.
Se ovviamente i riflettori sono puntati sui risultati delle forze politiche,soprattutto in vista della formazione di un nuovo governo, come si diceva c’è molta attesa anche per il dato dell’affluenza alle urne, un indicatore importante del rapporto tra i cittadini, partiti e istituzioni. Nelle elezioni del 2013 l’affluenza è stata pari al 75,20% degli aventi diritto, in netto calo rispetto alle politiche del 2008 (80,51%) e ancor di più rispetto al 2006, quando la partecipazione si attestò a quota 83,62%, superando anche il livello delle politiche del 2001 (81,38%). Il termine di confronto cronologicamente più ravvicinato è rappresentato dal referendum costituzionale del dicembre 2016 che ha fatto registrare un’affluenza del 65,48%. Si tratta però di consultazioni profondamente diverse e allora quel risultato fu per lo più commentato in termini di sostanziale tenuta della partecipazione.
In questa tornata debutta anche un nuovo sistema elettorale, ribattezzato dalle cronache politiche “Rosatellum”. Si tratta di un sistema misto proporzionale-maggioritario e questa non è una novità per gli elettori italiani. Poco più di un terzo dei seggi (232 alla Camera e 116 al Senato) viene assegnato in collegi uninominali maggioritari, in cui viene eletto il candidato che ottiene più voti degli altri in quel collegio. Sono molti di più, poco meno dei due terzi (386 alla Camera e 193 al Senato), i seggi che vengono attribuiti attraverso il riparto proporzionale tra le liste dei partiti. Al computo vanno aggiunti 12 deputati e 6 senatori eletti all’estero.
L’operazione materiale del voto è molto più semplice di quanto possa apparire. All’elettore vengono consegnate due schede (tre nel Lazio e nella Lombardia, dove si vota anche per le regionali con il sistema già collaudato): gialla per il Senato e rosa per la Camera. Ovviamente gli under 25 riceveranno soltanto la scheda rosa.
Il modello della scheda (vedi foto sopra, Ansa/Centimetri)è uguale ovunque, ma a seconda dei collegi ci saranno più o meno simboli in quanto non tutti i partiti sono presenti su tutto il territorio nazionale.
Sul sito del ministero dell’Interno risultano ammesse oltre quaranta liste, alcune già rappresentate in Parlamento e altre che hanno raccolto le firme necessarie per presentarsi.
Sulla scheda compaiono i nomi dei candidati nei collegi uninominali e per ognuno di essi il simbolo del partito collegato (o i simboli dei partiti collegati, nel caso di coalizioni). Accanto al simbolo del partito c’è una brevissima lista di nomi: sono quelli che concorrono all’elezione con il metodo proporzionale.
L’elettore può segnare il simbolo del partito o il nome del candidato uninominale. Può segnarli anche entrambi: il voto è valido ma la doppia operazione è praticamente inutile. Se l’elettore segna solo il simbolo del partito, infatti, il voto vale anche per il candidato uninominale collegato a quel partito. Se segna solo il candidato uninominale, il voto vale anche per il partito collegato. Se ci sono più partiti collegati, il voto viene distribuito in modo proporzionale tra questi partiti in base ai voti ottenuti da ciascuno di essi in quel collegio.
Non c’è voto di preferenza:i candidati delle piccole liste accanto ai simboli dei partiti vengono eletti nell’ordine in cui sono scritti. Non è possibile votare un candidato uninominale e allo stesso tempo segnare il simbolo di un partito che ne appoggia un altro.
Una novità di questa tornata è che le schede presentano un’appendice rimovibile, il cosiddetto “tagliando antifrode”, dotato di un codice progressivo. L’elettore non deve assolutamente staccarlo. Lo farà il presidente del seggio prima di inserire la scheda nell’urna, dopo aver controllato che il codice annotato al momento della consegna della scheda all’elettore corrisponda a quello della scheda votata. Dunque l’elettore non deve “imbucare” direttamente la scheda nell’urna, ma consegnarla al presidente del seggio.
Lo scrutinio inizierà subito dopo la chiusura dei seggi, cominciando dai voti per il Senato.