Al via la nuova legislatura: le elezioni dei presidenti di Camera e Senato, i gruppi parlamentari e le consultazioni

Venerdì 23 marzo 2018: con le prime sedute della Camera e del Senato nasce ufficialmente la nuova legislatura, la XVIII. I deputati sono stati convocati a Montecitorio per le 11, i senatori a Palazzo Madama per le 10,30. A presiedere la prima seduta della Camera sarà il pd Roberto Giachetti in quanto vicepresidente uscente più anziano. Al Senato toccherà al più anziano per età, il senatore a vita Giorgio Napolitano. Ma il primo e fondamentale atto delle nuove Camere sarà proprio l’elezione dei nuovi presidenti, preceduto a dire il vero da alcuni delicati adempimenti che sono necessari per rendere operative le assemblee, per esempio la costituzione delle Giunte provvisorie per la verifica dei poteri.

I regolamenti dei due rami del Parlamento prevedono modalità diverse per l’elezione dei rispettivi presidenti, che comunque avviene a scrutinio segreto.

Al Senato nei primi due scrutini è richiesta la maggioranza assoluta dei componenti. Se l’elezione non ha luogo, il giorno successivo (quindi sabato) si procede a un terzo scrutinio in cui è sufficiente la maggioranza assoluta dei voti dei presenti. Dopo di che è previsto, nello stesso giorno, il ballottaggio tra i due candidati più votati. Quindi entro sabato Palazzo Madama avrà il suo nuovo presidente che, secondo la Costituzione, svolge anche le funzioni di supplente del presidente della Repubblica.Alla Camera nel primo scrutinio è richiesta la maggioranza dei due terzi dei componenti, nel secondo e nel terzo la maggioranza dei due terzi dei voti, dal quarto in poi la maggioranza assoluta dei voti. I primi tre scrutini dovrebbero tenersi tutti nella prima giornata, quindi da sabato sarà sufficiente la maggioranza assoluta dei voti, ma se nessun candidato otterrà questo consenso si andrà avanti a oltranza. Dal punto di vista politico, il meccanismo del Senato consente in teoria di eleggere il presidente anche con una maggioranza relativa, quello della Camera – in un Parlamento in cui nessuno ha la maggioranza assoluta – presuppone un accordo trasversale e non ha tempi certi.La prossima settimana le due Camere si riuniranno nuovamente per eleggere i rispettivi vicepresidenti e le altre figure (segretari e questori) che nel loro insieme costituiscono i vertici amministrativi dei due rami del Parlamento.

L’altro grande filone di adempimenti è quello relativo ai gruppi parlamentari, che sono i soggetti protagonisti dell’attività di Camera e Senato.

Entro due giorni dalla prima seduta a Montecitorio ed entro tre giorni a Palazzo Madama, i parlamentari devono comunicare a quale gruppo intendano aderire (coloro che non aderiscono ad alcun gruppo confluiscono nel Gruppo Misto). Per costituire un gruppo parlamentare sono necessari venti deputati o dieci senatori, ma è possibile che siano concesse delle deroghe (ad esempio per i rappresentanti delle minoranze linguistiche). I gruppi parlamentari costituiscono in linea di massima la proiezione dei partiti che si sono presentati alle elezioni, ma non sempre questo rapporto è così univoco e stringente. Nel corso della passata legislatura si erano costituiti molti gruppi nuovi, risultato di scissioni, fusioni e ripetuti cambi di “casacca”. Un fenomeno che aveva raggiunto un livello così esasperato che al Senato, con il nuovo regolamento varato proprio alla fine della legislatura in virtù di un accordo tra Pd, Forza Italia, M5S e Lega, sono stati introdotti dei paletti molto più rigorosi. Entro il 27 marzo i gruppi parlamentari eleggeranno al loro interno i rispettivi presidenti.

Quando il Parlamento avrà provveduto a completare la sua configurazione istituzionale, sarà possibile dare il via alle consultazioni del Presidente della Repubblica in vista della formazione di un nuovo governo.

Nel frattempo, infatti, l’esecutivo uscente si sarà dimesso, pur rimanendo in carica per gestire gli affari correnti, in quanto per un elementare principio di continuità istituzionale il Paese non può restare senza un governo operativo. E’ presumibile che l’attuale presidente del Consiglio salga al Quirinale subito dopo l’elezione dei presidenti delle Camere.