Una vita spericolata. Il regista cesenate Paolo Santolini racconta don Luigi Ciotti

“Per due anni sono stato l’ombra di don Luigi Ciotti. Camminavo con lui, correvo con lui. Ma non eravamo mai soli. Con noi, a proteggerlo, c’erano gli uomini della sua scorta”. In oltre 140 ore di girato Paolo Santolini, regista cesenate trapiantato a Roma, ha raccolto i momenti recenti più significativi vissuti da don Ciotti, fondatore e presidente di “Libera” che dagli anni ’90, ossia dalle stragi di Capaci, si batte contro la criminalità organizzata. “Sono felice – dice il sacerdote – di dedicare la mia vita a saldare la terra con il cielo”, e proprio su queste parole Santolini ha costruito il docu-film “Così in terra” andato in onda in prima serata esclusiva su Rai 3 lo scorso 8 giugno e introdotto da Vasco Rossi, che di Ciotti è amico.

Santolini don Ciotti viaggia sempre con due testi: il Vangelo e la Costituzione italiana. Due libri molto attuali che lei pone al centro del suo film. Perché?

In questo momento il Vangelo e la Costituzione sono testi rivoluzionari. La forza del messaggio di don Ciotti si distacca dal discorso pastorale e religioso e mira alla coscienza di tutte le persone. Ha un’azione rivoluzionaria: lui parla di cristiani sovversivi, gente che vive seguendo quello che c’è scritto. Siamo consapevoli che è giusto così, ma metterlo in pratica è diventato difficile perché oggi siamo uomini assenti e timorosi. 

Da qui nasce l’idea di farne un film?

Ho scoperto che non esisteva un film documentario su di lui per suo esplicito desiderio. Non voleva essere protagonista di un lavoro biografico. È un po’ timido. Però dopo tre anni di nostri incontri ha capito che la mia idea era di lavorare a un film di un certo tipo che non avrebbe consacrato il personaggio, ma che si sarebbe basato sulla forza della parola. Da quel momento ho vissuto corpo a corpo con lui. 

Forse sarebbe meglio dire con “loro”?

È corretto. Don Ciotti è sempre scortato dagli uomini della sua scorta che viaggiano su due automobili. Al suo fianco ci sono ragazzi che hanno 25 anni e i capi scorta. Uno di loro lo protegge da 18 anni.

Ha avuto paura andando con loro?

Il pericolo non lo avvertivo. Non ci facevo caso. Ero seduto accanto a lui in auto. Registravo e non si parlava. Il dialogo è sempre stato ridotto al minimo, una regola per riuscire a fare il film con lui era di rispettare i suoi tempi. Dorme quattro ore per notte, la sua è una missione continua, come essere un po’ in guerriglia. 

Qual è la giornata tipo di don Luigi Ciotti?

Non si ferma mai. La sua agenda è colma di impegni e di incontri tutti tesi a costruire un percorso con le persone che vivono in situazioni problematiche. Nei luoghi dove lui si reca si fa davvero fatica a respirare lo Stato. Per questo diventa un punto di riferimento. E non dorme mai nello stesso posto.

Nel film Ciotti non fa altro che dire “Bisogna cominciare a fare qualcosa”…

Fare qualcosa a partire dai ragazzi e dalla scuola. La maggior parte degli incontri si svolgono con loro. Il suo obiettivo è creare una rete che sopravviva a se stesso. Spesso ci si chiede cosa succederà quando non ci sarà più. 

Da dove nasce il titolo “Così in terra”?

Nel film a un certo punto dice “Abbiamo solo questa vita quaggiù”. Una frase abbastanza eversiva perché da credente non puoi dire abbiamo una sola vita. È un discorso potente, ma ci è sembrato quello più onesto che corrispondeva a quello che è lui in vita. 

Una vita spericolata che guarda agli strambi. Queste le parole di Vasco Rossi. Cosa significano?

Vasco conosce don Luigi da tempo e va a trovarlo regolarmente a Torino. Per certi versi si assomigliano: Ciotti vivendo una situazione di bivio ha poi convogliato tutte le sue energie nella direzione della fede e della lotta al crimine. Dietro uno strambo lui non vede uno fuori di testa, ma una persona santa.

Quanto somiglia al Papa invece?

Questo Pontefice condivide molti aspetti con Ciotti. Sono due uomini coraggiosi. Anche un laico riconosce che la Chiesa fa e dice delle cose che non dice nessun altro.