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Tragedia in Marmolada, Magalotti (esperto): “Dire che si poteva evitare è una sciocchezza”
Tommaso Magalotti è lapidario: “Dire che questa tragedia poteva essere evitata è una sciocchezza”. Non può sopportare certi commenti l’autore di “Marmolada regina”, un libro che narra il suo amore per la montagna più bella delle Dolomiti.
Magalotti è un grande esperto di montagna. Conosce le Dolomiti come le sue tasche e per tanti anni è stato presidente della sezione di Cesena del Club alpino italiano (Cai).
“Ogni volta che andavo in montagna – ricorda Magalotti raggiunto al telefono – iniziavo con una salita alla Marmolada, anche in solitaria. Dal rifugio Pian dei Fiacconi, dove si arriva con un impianto di risalita, è un attimo arrivare in vetta, lungo la via normale, quella percorsa ieri dalle cordate travolte dalla valanga di ghiaccio e detriti. Ci si va a tutte le ore del giorno. Molti partono nel primo pomeriggio poi dormono alla capanna di punta Penia, a 3343 metri di quota. Ci tornavo sempre, ancora una volta, prima di viaggiare verso casa”. Per Magalotti la Marmolada ha avuto un fascino speciale, anche se di ghiacciai se ne intende e ne conosce, anche quelli più famosi sulle Alpi occidentali, dal Bianco al Rosa al Monviso fino al Bernina che è in Lombardia.
“Su quel versante della montagna – prosegue Magalotti – la Marmolada ha sempre scaricato. È successo anche due anni fa, in inverno. È successo nel 1954: una grande frana si portò via il rifugio. È una linea di caduta, sotto punta Rocca, lungo la via normale. Ha ceduto il piede, complice il grande caldo che crea enormi fusioni di ghiaccio”.
Magalotti fa memoria della tragedia che colpì la comunità cesenate nell’agosto del 1964, quando proprio sulla Marmolada morì Anna Maria Mescolini per una frana, appena sotto lo spallone che regge la “schiena di mulo”, sul lato nord.
“Ci sono state le ere geologiche e quelle glaciali. Ci sono sempre state. Forse oggi l’uomo amplifica certi cambiamenti. Ma c’erano i mammut e ora non ci sono più. Dire che era evitabile – insiste Magalotti – sono tutte frasi fatte. Sì, si poteva evitare questa tragedia rimanendo a casa, magari col Covid-19. I ghiacci si stanno sciogliendo e quando vengono a valle si portano dietro frane enormi. Non c’è da stupirsi per questo. La Marmolada è un ambiente super affollato. Ricordo che nel gennaio del 1992 andammo per due giorni su quella stupenda montagna per fare degli esperimenti. Per verificare come si comportavano i globuli rossi sotto stress. Rimanemmo due giorni in quota, a una temperatura di meno 14 gradi. Eravamo con il professor Enzo Pretolani dell’ospedale “Bufalini” di Cesena”.
Secondo Magalotti non sembra praticabile la salita e la discesa della vetta della Marmolada dal rifugio Contrin, lungo la ferrata della cresta occidentale, un itinerario che si potrebbe percorrere in andata e ritorno. “Non credo sia proponibile – dice Magalotti -. La via ferrata in discesa è difficile e scendere al Contrin è un percorso molto lungo”.
Verrà chiuso il ghiacciaio della Marmolada?, è l’ultima domanda. “Verrà chiuso perché si dovranno fare molti rilievi e verificare lo stato del ghiaccio. Non sarà semplice neppure avvicinarsi, per il momento. Bisognerà vedere come andranno le temperature. Per adesso proibirei l’accesso al ghiacciaio”.