Il ritorno della fede in sala

Lo scorso 10 settembre è terminata la 79esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. L’Italia ha presentato in concorso cinque film prestigiosi: “Bones and all” di Luca Guadagnino, “Il signore delle formiche” di Gianni Amelio, “Chiara” di Susanna Nicchiarelli, “L’immensità” di Emanuele Crialese e “Monica” di Andrea Pallaoro. Tra questi lungometraggi è presente un film religioso: “Chiara”.

Nel film in questione, per la prima volta, santa Chiara d’Assisi è la protagonista e non la semplice comprimaria di san Francesco, come invece accade in numerose opere audiovisive di matrice francescana. A impersonare la fondatrice delle Clarisse è Margherita Mazzucco, un’attrice che si è affermata interpretando il ruolo di Elena Greco nel famoso telefilm “L’amica geniale”. A dare corpo e anima al Poverello assisano è invece Andrea Carpenzano, attore emergente che ha preso parte a film impegnati come “La terra dell’abbondanza” di Damiano e Fabio D’Innocenzo.

Con “Chiara” la Nicchiarelli ci consegna una Chiara rivoluzionaria che, in un mondo ecclesiale fortemente patriarcale come quello medievale, prende la decisione di lasciare la sua famiglia per seguire l’esempio di povertà proposto da san Francesco e di fondare in autonomia il secondo ordine francescano delle Clarisse. A parte la fuga della protagonista dalla casa paterna e qualche sguardo al viaggio di Francesco in Marocco, la Nicchiarelli ambienta tutto il film all’interno delle mura della chiesetta di San Damiano, sede delle Clarisse. Questa scelta è dettata dalla volontà di rappresentare Chiara come il fulcro attorno al quale ruota il piccolo mondo delle suore fondate dalla santa.

Uscendo dai film in concorso, è stato presentato a Venezia, nella sezione “Giornate degli autori”, un altro film religioso che ha attirato l’attenzione degli addetti ai lavori e non: “Padre Pio” di Abel Ferrara. In questo lungometraggio sono presenti i temi ferrariani come religione, redenzione e violenza all’interno di metropoli decadenti. La pellicola inizia con l’arrivo di padre Pio a San Giovanni Rotondo nel 1920, quando il piccolo paese è sconvolto da un terribile scontro tra contadini e latifondisti, costato la vita a tredici persone e conseguenza del generale impoverimento provocato dalla Prima guerra mondiale. Proprio in questo contesto di violenza e povertà endemiche si inserisce la figura religiosa e redentrice di san Pio, che predica l’amore per Cristo e per la pace in un modo più duro e sanguigno rispetto a quanto fatto da Sergio Castellitto e da Michele Placido nelle loro rispettive fiction. Il ruolo impegnativo del frate con le stimmate è svolto egregiamente da Shia LaBeouf, un attore versatile con un vasto curriculum che spazia da blockbuster d’azione come “Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo” di Steven Spielberg a pellicole impegnate come “Honey boy” di Alma Har’el. Proprio LaBeouf ci fornisce una bellissima testimonianza di vita grazie a questo film, in quanto ha vissuto anni difficili sul piano personale e proprio durante la lavorazione del lungometraggio, mentre studiava a fondo la vita di padre Pio, si è convertito al cattolicesimo.

La presenza di film come “Chiara” e “Padre Pio” suggeriscono il fatto che, come già accaduto in passato, anche in futuro il cinema religioso avrà un posto importante nella cinematografia italiana.