Film al cinema: verso gli Oscar con “Gli spiriti dell’isola” di McDonagh

Grande favorito nella 95a notte degli Oscar, direttamente dalla 79a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia, è “Gli spiriti dell’isola” (“The Banshees of Inisherin”) dell’anglo-irlandese Martin McDonagh con Colin Farrell e Brendan Gleeson. Una commedia nera sul tracciato del dramma storico nell’Irlanda degli anni ’20, un racconto metaforico condito di ironia tagliente che ha conquistato l’Academy con ben 9 nomination.

Su Prime Video dal 5 febbraio arriva il dramedy di matrice sentimentale-familiare “Una gran voglia di vivere” diretto da Michela Andreozzi con Fabio Volo e Vittoria Puccini, adattamento dell’omonimo romanzo dello stesso Volo. Un matrimonio al crocevia in un viaggio on the road in Norvegia. Infine, ritorna in sala in occasione del 25° anniversario il colossal “Titanic” firmato James Cameron.

“Gli spiriti dell’isola” (al cinema)

“È una storia in cui due persone combattono la loro propria guerra personale, mentre altrove infuria un conflitto più ampio”. Presenta così Martin McDonagh il suo quarto film “Gli spiriti dell’isola” (“The Banshees of Inisherin”), lanciato da Venezia79 e ora capofila nella corsa agli Academy Awards. Dopo i successi di “In Bruges” (2008) e di “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” – che ha portato all’Oscar Frances McDormand e Sam Rockwell -, McDonagh mette in campo la sua ricercata cifra narrativa, tra realismo sociale e sguardo beffardo-irriverente, per confrontarsi con una pagina della storia irlandese, la guerra civile negli anni ’20 del XX secolo, di cui però non viene mostrata alcuna traccia. Il conflitto infatti è sullo sfondo, perché il regista rivolge la sua attenzione nell’isola (immaginaria) di Inisherin, dove però divampa un’altra faida, quella tra due amici di vecchia data, che sconquassa gli equilibri comunitari divenendo metafora della follia bellica che alberga nell’animo umano.La storia. Isola irlandese di Inisherin, 1923. Pádraic (Colin Farrell) è un quarantenne mite e abitudinario che vive con la sorella Siobhán (Kerry Condon) e trascorre le giornate tra i suoi animali e il pub per la pinta di birra pomeridiana. All’appuntamento nel locale non manca mai l’amico Colm (Brendan Gleeson), un uomo più grande, taciturno e ombroso. D’un tratto Colm decide di non frequentare più Pádraic, chiudendosi in un inspiegabile silenzio; preferisce trascorrere il tempo diversamente, dedicandosi alla nuova passione: il violino. Incredulo, rammaricato e con non poca ostinazione Pádraic tallona Colm in cerca di risposte. L’imbarazzo iniziale tra i due si trasforma in aperta conflittualità che mette in subbuglio tutta l’isola…“Il dolore genera dolore – indica Colin Farrell -. La rabbia genera rabbia. La violenza genera violenza. Gli esseri umani sono capaci di azioni terribili. Pádraic è talmente ferito che agisce e compie delle azioni che altrimenti non avrebbe mai compiuto. Colm sperimenta, per una qualche ragione, inquietudine e dolore, tristezza, rabbia o paura che lo portano a compiere atti spregevoli”. Nelle parole di uno dei protagonisti si coglie bene il cuore pulsante del film, il racconto di un conflitto tra due amici, due persone tormentate nell’animo, che danno seguito a istinti di rivendicazione e ad azioni fuori controllo. Un micro-conflitto che diventa specchio di una guerra alle porte, su suolo irlandese, che si sente solo in lontananza. In generale, “Gli spiriti dell’isola” è metafora della futilità e cecità con cui spesso divampano opposizioni e guerre.Ancora, Martin McDonagh conferma tutto il suo talento nel mettere in piedi un copione che valica più generi, con una chiara densità tematico-allegorica: il racconto oscilla tra la commedia e la favola nera, esilarante, tragica e persino grottesca. A dare una scossa al ritmo narrativo è l’utilizzo di una violenza condita di ridicolo, ma non per questo meno bruciante. La regia di McDonagh risulta presente e vigorosa, proponendo soluzioni descrittive di grande suggestione; lavora poi con accuratezza, in chiave introspettiva, sui personaggi che i due attori Farrell e Gleeson tratteggiano con notevole bravura. È Colin Farrell a lasciare maggiormente il segno, nel costruire il suo Pádraic con dolcezza, vulnerabilità e al contempo irresponsabilità.Scandito da diffusi rimandi religiosi e folcloristici, il film corre veloce in maniera acuta e diffusamente surreale. Convince, dunque, e molto “Gli spiriti dell’isola”, racconto che possiede elementi tematico-valoriali di indubbia rilevanza, anche se a ben vedere rischia qua e là di diluire senso e pathos a favore di un taglio estetizzante-esasperante. Consigliabile, problematico, per dibattiti.

“Una gran voglia di vivere” (su Prime Video)

A poco più di vent’anni dal primo romanzo (“Esco a fare due passi”, 2001) e dal debutto al cinema come attore (“Casomai”, 2002), Fabio Volo torna a incrociare nuovamente le sue due passioni artistiche con il film “Una gran voglia di vivere”, una commedia sentimentale con sfumature drammatiche sul rapporto di coppia. L’opera, diretta da Michela Andreozzi (“Brave ragazze” 2019, “Genitori vs influencer”, 2021), prende infatti le mosse dal suo omonimo romanzo del 2019 e Volo ne è protagonista insieme a Vittoria Puccini.La storia. Milano oggi, Marco è un ingegnere puntiglioso, Anna un architetto creativo. Si incontrano, si amano, formano una famiglia, suggellata dalla nascita del figlio Tommaso. Anni dopo, quando Tommaso è alle elementari, decidono di festeggiarne la pagella con un viaggio in camper in Norvegia fino a Capo Nord. Un’atmosfera di festa che però traballa quando iniziano ad emergere rumorose crepe nella coppia…“Il titolo mi aveva conquistato subito – spiega la regista Michela Andreozzi – dopo un anno di chiusura forzata, avevo io stessa un grande desiderio di riconnettermi alla vita, sentirla fluire, apprezzarla. Ho trovato un romanzo sincero, sulle contraddizioni dei nostri rapporti ma pieno di speranza”. “Una gran voglia di vivere” è un racconto che, attraverso la formula della commedia, esplora il nostro presente, la relazione di coppia e le dinamiche genitoriali, entrando nelle pieghe delle incomprensioni, nei silenzi e in quei gesti che detonano un allontanamento. Con un andamento narrativo piuttosto scorrevole puntellato da inserti brillanti – favoriti, oltre che dai protagonisti, dalla sempre brava Paola Tiziana Cruciani nel ruolo della madre di Anna -, il film offre un’interessante riflessione sul viaggio esistenziale, geografico e relazionale. Un mettersi in gioco per ritrovare se stessi, ma soprattutto per ricostruire un “Noi” sfibrato dalla frenesia del quotidiano.Funziona bene la regia della Andreozzi, che conferma il suo talento non solo come interprete ma anche dietro alla macchina da presa. Ben ancorati nei ruoli i due protagonisti Fabio Volo e Vittoria Puccini, che mettono in scena una coppia credibile che sperimenta le tonalità dell’innamoramento e poi i chiaroscuri di un rapporto finito nelle secche di un dialogo disperso. Nell’insieme una buona proposta, gradevole e brillante. Consigliabile, semplice, per dibattiti.

“Titanic” (dal 9 febbraio, al cinema)

Se con i due capitoli di “Avatar” (2009, 2022) James Cameron ha sbaragliato ogni record, in primis al box office, aiutando non poco il mondo dell’esercizio cinematografico alle prese con diffuse turbolenze, con il colossal sentimentale “Titanic” l’autore conferma un ulteriore primato. Uscito al cinema nel 1998, “Titanic” torna nuovamente nelle sale italiane dal 9 febbraio in occasione del suo 25° anniversario, con una veste nuova: rimasterizzato e in 3D. Come gli altri titoli di Cameron, “Titanic” ha ottenuto un successo straordinario: campione d’incassi nella stagione 1997-98, terzo titolo al box office nella storia del cinema e trionfatore con 11 statuette (forte di 14 nomination) nella 70a edizione degli Oscar, tra cui miglior film e regia. “Titanic” è ricordato sì per l’impresa produttiva, per la gestione di un set imponente e complicato, ma soprattutto per aver impresso un cambio di passo nella carriera dei divi Leonardo DiCaprio e Kate Winslet.