Fiammetta Borsellino a Savignano: “Arresto Messina Denaro, atto dovuto dello Stato”

“L’arresto di Matteo Messina Denaro era un atto dovuto da parte dello Stato. In uno Stato sano si dovrebbe arrivare in tempi più celeri all’arresto di persone che hanno seminato morte. Certo, meglio tardi che mai. È stato arrestato a casa sua, qualcosa di paradossale, tutti sapevano dov’era. Questi risultati dovrebbero avvenire in periodi e momenti tali da prevenire, oramai il peggio lo ha fatto. Mi faccio molte domande e mi chiedo quale possa essere il contributo di questa persona giunta alla fase terminale della sua vita e provo amarezza per uno Stato che non ha prevenuto”.

Così ha risposto Fiammetta Borsellino all’incontro di oggi promosso al Teatro Moderno dall’Istituto comprensivo di Savignano sul Rubicone e il Comune. La sala gremita di giovani, 18 classi tra scuola primaria, medie e superiori di Savignano oltre agli studenti collegati in streaming. Presenti i dirigenti dell’Istituto comprensivo di Savignano Catia Valzania, del “Marie Curie” Mauro Tosi e dell’istituto comprensivo di San Mauro Pascoli Jaime Amaducci. Presenti anche il vicesindaco di Savignano Nicola Dellapasqua, l’assessore regionale Paola Salomoni e la consigliera Lia Montalti. Tantissime le domande rivolte dai ragazzi alla figlia di Paolo Borsellino e a Pippo Giordano, palermitano, ex ispettore della Polizia di Stato, che ha operato in prima linea nella lotta contro la mafia nei momenti più duri e sanguinosi della storia recente del nostro Paese, con incarichi nella Direzione investigativa antimafia (Dia) e al fianco dei giudici Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Ninni Cassarà e Beppe Montana, tutti vittime della mafia.

Una testimonianza serena e molto forte quella della signora Borsellino che ha raccontato di quando la raggiunse, 19enne, la notizia della morte del padre (“Ero in vacanza in Thailandia ma lo chiamai al telefono proprio il giorno in cui morì, avevo una nostalgia fortissima, quando il cordone ombelicale sta per spezzarsi, lo si sente”), di come anche in quegli ultimi intensissimi giorni (era morto due mesi prima Giovanni Falcone) il giudice Borsellino si sentisse ottimista perché “convinto che i giovani non sono più indifferenti”.

“Siate liberi e non accettate favori, perché i favori si pagano a caro prezzo e rendono schiavi”, ha detto a voce chiara la testimone che si dedica anima e corpo a incontrare giovani e studenti. “La lotta alla mafia si fa con la scuola e l’istruzione”. Quindi l’esortazione ai ragazzi perché escano dalle loro stanze e conoscano i loro territori, si riapproprino delle piazze e dei giardini: “Fate in modo che tornino a essere luoghi di socializzazione”. E infine l’invito più forte di tutti a non girarsi dall’altra parte, a non cadere nell’indifferenza ma a fare propri i problemi e le criticità delle proprie terre.

“Mio padre aveva il tema della cura. Figlio di un farmacista, voleva curare la sua regione e tutta la nazione, perché la mafia era un problema del Paese e non solo della Sicilia, come a molti ha fatto comodo pensare”.

“Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato a cambiarla” diceva Giovanni Falcone, perché “il vero amore è amare ciò che non ci piace per cambiarlo, costi quel che costi”, ha sottolineato Fiammetta (“non datemi del lei”). Questa era la consapevolezza dei due giudici che non si sono tirati indietro. Si definivano dei morti che camminano, ma lo facevano con il sorriso perché è bello morire per ciò in cui si crede.

A chi fa del bene non può succedere niente? “Non è sempre così, si possono eliminare fisicamente le persone ma non le loro idee e gli insegnamenti che camminano sulle gambe di altre persone. Questa è la vera vittoria sulla vita e sulla morte”.

Dopo l’incontro mattutino con le scuole, questa sera alle 20,30 l’incontro aperto alla cittadinanza, ingresso libero.