Dall'Italia
Incontro Ucsi alla Settimana sociale dei cattolici in Italia: “Non si può scrivere stando incollati alle proprie sedie”
Dalle 5W alle 5M, che sono poi delle W rovesciate. Non per abbandonare i famosi chi quando perché dove e cosa, ma per fare di più (more), e anche di meglio.
Davanti alla crisi che da anni attanaglia il giornalismo italiano, ma anche quello oltre confine, l’Ucsi, l’Unione cattolica stampa italiana, si è data appuntamento questa mattina a Trieste nel corso delle Settimane sociali dei cattolici italiani in corso a Trieste fino a domenica prossima, 7 luglio.
Giornalisti come sentinelle dello stato di salute di una democrazia? Questo il quesito da cui partono gli interventi coordinati dalla vicepresidente nazionale Ucsi, Maria Luisa Sgobba. “Giornalisti come cani da guardia, si diceva un tempo. Il rischio ora è che questi giornalisti si trasformino in cani da compagnia, come mette in evidenza il presidente nazionale Vincenzo Varagona. Invece, sottolinea, “occorre ascoltare con l’orecchio del cuore, come richiamato da papa Francesco, e mettere al centro la persona. Non siamo qui per un convegno, ma per un processo”, per innescare una discussione, un movimento. “Mettiamo insieme i giornalisti di buona volontà – prosegue Varagona – e diamo un orizzonte ai giovani, una prospettiva. Dalla nostra scuola di Assisi è venuto fuori questo opuscolo, un vademecum su come fare meglio questo mestiere”.
Il presidente dell’Ordine dei giornalisti del Friuli Venezia Giulia, Cristiano Degano, pone l’accento su democrazia e informazione. “Non poteva mancare un appuntamento dedicato all’informazione se si parla di democrazia”. In un tempo in cui molti sono condizionati dalle “camere dell’eco che crea il web”, rimane “fondamentale il ruolo del giornalista tenuto a rispettare una deontologia professionale”.
Come sta il giornalismo italiano? Se lo è chiesto anche Salvatore Ferrara, presidente Ucsi Friuli Venezia Giulia. “In tempi di affanno – risponde Ferrara – i giornalisti sono chiamati a fare di più. Siamo chiamati a lavorare per un giornalismo responsabile, abitando i luoghi in cui operiamo”. Varagona cita l’esperienza “Giornalismo costruttivo” presente anche su Facebook con 200 aderenti e quello comunitario rappresentato in gran parte dal mondo dei settimanali diocesani.
“Abbiamo bisogno di un terzo tempo per il giornalismo italiano – aggiunge la Sgobba -. Di una nuova cassetta degli attrezzi. Per dar conto della pluralità di voci e di linguaggi. Per riconoscere onore e legittimità all’avversario”.
Per Giuseppe Delle Cave “c’è bisogno di più giornalismo e di più qualità, visto che abbiamo perso il primato della notizia, perché chiunque pubblica online una foto e una riga di testo. Il rischio è quello della disinformazione e della misinformazione. Siamo immersi in un diluvio di stimoli. Quando si distrae il giornalismo, la democrazia va in crisi”.
Renato Piccoli mette in evidenza che siamo all’inizio di un processo (quello avviato con l’opuscolo sulle 5M, ndr) per lavorare assieme. Privare il giornalista del diritto di fare domande significa togliere al lettore il diritto di avere risposte. Non si può raccontare senza domandare e senza ricercare. Senza un giornalista che si dedica all’approfondimento non esiste una redazione. Definire privilegi tutele e diritti che spettano ai giornalisti significa imbavagliare la democrazia”. Poi chiude con una massima che tutti dovremmo applicare: “Non si può scrivere stando incollati alle proprie sedie”.
Il segretario nazionale dell’Ucsi, Salvo di Salvo, ricorda la formazione avviata oltre 30 anni fa in Sicilia da padre Alfio Inserra, per rammentare ai presenti la necessità della formazione sulla quale l’Ucsi è in campo da tempo, spesso assieme, come accaduto oggi a Trieste, all’ordine dei giornalisti. “Abbiamo svenduto la nostra professione – prosegue di Salvo – e ci siamo trovati isolati”. Poi ricorda i 22 giornalisti italiani sotto scorta e quelli morti per mafia o per mano della camorra. Invece, noi oggi ci siamo arroccati nella nostra professione. Cosa significa essere liberi di esprimerci? Dobbiamo essere baluardi per il mantenimento della democrazia”.
Interviene anche la giovane di Molfetta, Roberta Carlucci, che ha contribuito al lavoro sulle 5M. “Dobbiamo tornare a un giornalismo di prossimità”, chiosa, ricordando anche che vive di un altro lavoro.
Un altro giovane, Ivan Bianchi, sottolinea che “il nostro è un mestiere, non una professione. Un mestiere, come quello dell’artigiano. Dobbiamo evitare di essere pedanti – mette in guardia – per essere più autorevoli”.
All’incontro si è aggrega anche il gesuita padre Francesco Occhetta fondatore di “Comunità di Connessioni”. “Dobbiamo fare diventare cultura ciò che avete intuito e diffonderlo – ammonisce il sacerdote/giornalista – perché diventi una grande alleanza. La democrazia vive di parole e oggi viviamo un suo arretramento per assopimento”.
Nei saluti finali, il presidente Varagona assicura che l’Ucsi farà di tutto per diffondere le 5M “a cominciare dal coordinamento Copercom cui aderiscono 29 associazioni che si occupano di comunicazione”. Per fare rete e per fare opinione pubblica in Italia.