Dall'Italia
Le Borse sono frenetiche, l’economia reale ha tempi lunghi
Anche se fanno titoli di prima pagina le periodiche cadute delle Borse non vanno scambiate per crisi delle economie.
Il legame tra i due mondi, quello finanziario e quello della produzione, certo esiste e buoni o cattivi andamenti societari prima o poi si riflettono sui listini. Sono però due mondi e due ritmi diversi. Come sta avvenendo in questi giorni, le Borse sono frenetiche, turbolente e le quotazioni volatili, cioè cambiano direzione in poche ore. La produzione reale e i commerci hanno tempi diversi e per cogliere un andamento bisogna mettere in fila i risultati di due o tre trimestri.
Le famiglie che hanno investito parte dei loro risparmi in Borsa soffrono i grandi ribassi di Borsa. In Italia il 15% dei nuclei ha investimenti diretti (cui bisogna aggiungere quelli indiretti attraverso i fondi pensione o fondi comuni che investono in azioni). Negli Stati Uniti il 70% delle famiglie è sensibile ai movimenti di Borsa. Negli investimenti finanziari gli italiani sono molto prudenti, hanno aumentato il possesso di titoli di Stato e tengono fin troppo denaro liquido sul conto corrente che non rende niente e perde valore quando l’inflazione corre. La crisi di inizio agosto è partita da Tokyo e in poche ore si è diffusa in Europa e negli Stati Uniti. Le cause sono diverse – secondo gli analisti dei mercati finanziari – e innanzitutto bisogna ricordare che a giugno e nella prima parte di luglio si erano visti importanti rialzi.
Se il valore delle azioni è alle stelle molto alta è anche la voglia di vendere subito e portare a casa i guadagni.
È stato indicato anche il rischio di recessione in America con un’attività economica debole e scarsa offerta di nuovi posti di lavoro. Per sostenere l’economia la Fed (la banca centrale americana) potrebbe abbassare anzitempo i tassi di interesse, incoraggiando con un costo del denaro più basso nuovi investimenti d’impresa e maggiori consumi. Le Borse sperano in un taglio dei tassi di interesse. La negatività dei listini viene addebitata alla grande tensione internazionale che infiamma il Medio Oriente ma anche il Venezuela, Bangladesh e altri. E alla convinzione che l’intelligenza artificiale avrà bisogno di più tempo per produrre utili alle aziende che la propongono e la utilizzano. Per questo le vendite in Borsa hanno colpito le sette grandi multinazionali tecnologiche che da sole valgono un quarto del listino di Wall Street. Le Big vanno al ribasso trascinano gli altri. Negli Stati Uniti e nel mondo i grandi investitori finanziari utilizzano sistemi di vendite automatiche: quando il ribasso è forte scattano gli smobilizzi. La caduta di neve diventa rapidamente una valanga.