Dall'Italia
Il punto streaming della settimana: “Chiami il mio agente!”, “La sfida delle mogli” e “Someone, Somewhere”
Nuovo appuntamento con le novità sulle piattaforme tra cinema e serie tv. Su Netflix c’è la quarta e forse ultima stagione dell’esilarante serie francese “Chiami il mio agente!” (“Dix pour cent”, 2015-2020) con guest star Jean Reno, Charlotte Gainsbourg e Sigourney Weaver. Sul fronte cinema, su Sky e NowTv troviamo la commedia drammatica “La sfida delle mogli” (“Military Wives”, 2019) del britannico Peter Cattaneo con Kristin Scott Thomas, e la commedia malinconica “Someone, Somewhere” (“2019”) del regista Cédric Klapisch, che torna a esplorare, dopo “L’appartamento spagnolo” (“2002”), il disagio giovanile.
Il “punto streaming” con la Commissione nazionale valutazione film della Cei e l’agenzia Sir.
“Chiami il mio agente!” (Netflix)
Se l’Italia ha raccontato con umorismo frizzante e anche un po’ feroce il mondo dell’audiovisivo attraverso la serie “Boris”, i francesi lo hanno fatto con altrettanta genialità e ironia (pungente e raffinata) con la serie “Chiami il mio agente!” (“Dix pour cent”),la cui quarta stagione (6 episodi da 45-60 minuti) è da pochi giorni su Netflix. Ideata da Fanny Herrero, la serie ci racconta le vicende di una delle più note e influenti agenzie dello spettacolo di Parigi, la Ask, dove lavorano come agenti i veterani Andréa (Camille Cottin), Gabriel (Grégory Montel), Arlette (Liliane Rovère) e Mathias (Thibault de Montalembert), affiancati dagli sgomitanti collaboratori Camille (Fanny Sidney), Noémie (Laure Calamy), Hervé (Nicolas Maury) e Sofia (Stéfi Celma). Le loro giornate sono scandite sull’agenda di attori, sceneggiatori e registi, rincorrendo contratti, arrovellandosi su clausole legali e facendo l’impossibile per far quadrare i piani delle riprese con le esigenze della produzione. A questo si aggiungono poi le loro vite personali, tutte schiacciate da dinamiche lavorative sfibranti.
Sia chiaro, non siamo di fronte a un dramma, anzi. La serie “Chiami il mio agente!” – il titolo originale si riferisce alla percentuale economica che spetta a un agente, esattamente il 10% – èuna ventata di aria fresca, un racconto sul dietro le quinte del mondo dello cinema e della serialità tv francese attraverso un umorismo riuscito ed esilarante.Si ride e non poco perché la scrittura è a dir poco geniale, così puntuale e serrata, sempre al passo in ogni episodio. Gli interpreti che sagomano i personaggi dell’agenzia sono formidabili, capaci di coniugare più registri al tempo stesso.E le star francesi hanno capito subito il valore del prodotto, facendo a gara a comparire come se stessi negli episodi, accettando ovviamente di prendersi in giro, e molto!Nel corso delle prime tre stagioni sono infatti intervenuti attori di peso come: Cécile de France, Nathalie Baye, Fabrice Luchini, Isabelle Adjani, Juliette Binoche, Isabelle Huppert, Jean Dujardin e la nostra Monica Bellucci. Ora special guest di questa quarta stagione sono ulteriori nomi di garanzia: Jean Reno, Charlotte Gainsbourg e Sigourney Weaver.
“Chiami il mio agente!” è diventata in poco tempo una serie popolarissima a livello globale grazie alla spinta diffusiva di Netflix. La forza della serie è quella di un racconto ad alto tasso di ironia, assolutamente originale, che snocciola le manie dello star system e nel contempo l’affannosa esistenza nella società odierna, delineata ovviamente in chiave tragicomica. Un racconto di matrice inequivocabilmente francese (“francesissima!”) ma pensato e realizzato con un deciso respiro internazionale. E ci si appassiona alle disavventure di questi professionisti, gli si vuole proprio bene, a tutti, donne e uomini coraggiosi e fragili insieme che antepongono le loro vite personali dinanzi alla realizzazione di un buon film, per accudire un attore o un regista come se fosse un figlio. Certo, nel racconto figurano anche non pochi temi densi come la genitorialità, il riconoscimento di un figlio nato fuori dal matrimonio, tradimenti coniugali o separazioni sofferte, ecc., temi affrontati però con immancabile ironia. Qualcuno potrebbe pure accusare la serie di banalizzare tali tematiche, ma a ben vedere “Chiami il mio agente!” segue un binario preciso, una chiave narrativa tesa esplicitamente alla leggerezza e sì anche all’irriverenza. Se si è capaci dunque di cogliere questa cifra narrativa, di accettare questo compromesso, allora la serie vola e le risate vanno al seguito, garantite. Dal punto di vista pastorale “Chiami il mio agente!” è consigliabile, problematica e per dibattiti sul mondo dello spettacolo, adatta a un pubblico adulto per i temi in campo.
“La sfida delle mogli” (Sky-NowTv)
Atteso in sala nella primavera 2020 (ma fermato a causa del Covid-19), dopo un passaggio di successo alla 14a Festa del Cinema di Roma, il film inglese “Military Wives” (in Italia è stato adottato il titolo meno accattivante “La sfida delle mogli”) riesce a trovare grande visibilità solo ora sulle principali piattaforme a cominciare da Sky-NowTv. Firmato da Peter Cattaneo – che molti ricordano per il suo “The Full Monty” del 1997 – e interpretato dalla sempre raffinata Kristin Scott Thomas, il film è un racconto tra commedia e dramma che si ispira a una storia vera, il coro delle mogli dei soldati nelle basi militari britanniche. La storia si svolge nella campagna londinese: Kate (Scott Thomas) è la moglie di un militare di alto rango, marito che sta per lasciare la base insieme a un cospicuo numero di soldati per l’Afghanistan. Non volendo rimanere con le mani in mano, Kate prova a mettere in piedi con l’amica-rivale Lisa (Sharon Horgan) alcune attività ricreative per aggregare le varie donne della base. I primi tentativi risultano a dir poco fallimentari, poi la scelta cade sul canto, sulla formazione di un coro. Ben presto le loro voci “spaiate” trovano note comuni, scoprono lo spirito di un vero e proprio coro, al punto da essere invitate a esibirsi nella prestigiosa sede della Royal Albert Hall, durante una cerimonia dedicata alle forze armate. Dietro questa linea narrativa apparentemente semplice il film presenta una chiara densità tematica: la solitudine e l’isolamento delle donne nelle basi militari, la paura costante per un incidente in battaglia per i propri cari, la gestione di dolori indicibilicome la perdita di un figlio (è il dramma che custodisce Kate), come pure il sentirsi inutili o marginali. La sala prove del coro diventa così uno spazio di decompressione, o meglio di aggregazione: superate le reticenze, queste donne si scoprono simili, uguali, tutte nella medesima condizione, pertanto si tendono la mano e provano empatia, assaporano il confortante valore dell’amicizia. Film dalla messa in scena accurata, elegante, con ritmi da commedia brillante intervallata da composte note drammatiche. Dal punto di vista pastorale “La sfida delle mogli” è da valutare come consigliabile, problematico e per dibattiti.
“Someone, Somewhere” (Sky-NowTv)
Il regista-sceneggiatore Cédric Klapisch ha trovato grande popolarità nel 2002 con “L’appartamento spagnolo” (“L’auberge espagnole”, 2002) dedicato ai giovani del progetto Erasmus. Con il suo nuovo film “Someone, Somewhere” (“Deux Moi”, 2019), che dall’inizio del 2021 figura sulla library di Sky-NowTv, torna a raccontare i sogni e le incertezze di giovani non più giovanissimi. Il target di osservazione sono infatti i trentenni, che pur vivendo in una grande metropoli si sentono dispersi, deragliati. La storia: nella periferia di Parigi, in due edifici confinanti, troviamo Rémy (François Civil) e Mélanie (Ana Girardot): lui è un ragazzo educato e dallo stile di vita semplice, modesto, lavorando senza troppo slancio nel settore della logistica; lei è ugualmente gentile e con una routine di vita molto regolare, ricercatrice nel campo medico-oncologico. Rémy e Mélanie sono però profondamente infelici: nella grande città si sentono tagliati fuori, passano le notti insonni assaliti dall’ansia per un’esistenza che non gira come dovrebbe; le relazioni, poi, sono un capitolo ancor più complesso, segnate da delusioni a ripetizione. Entrambi frequentano un terapista, provando a ricentrare la propria vita. I loro percorsi sono simili, spesso siedono pure accanto nello stesso vagone della metro, ma non riescono a incrociare mai lo sguardo… Il regista Klapisch scrive e dirige un’altra efficace istantanea-indagine sulla società odierna, mettendo a fuoco i giovani di oggi, apparente appagati ma di fatto insidiati da fragilità sotterranee. Il racconto è interessante e di certo acuto, ma non sempre del tutto riuscito; alcuni passaggi risentono infatti di lungaggini che appesantiscono la fluidità della narrazione. Nel complesso il film è valido e realistico, e dal punto di vista pastorale “Someone, Somewhere” è da valutare come consigliabile, problematico e per dibattiti.