Maturità e Covid. Affinati: “Ragazzi, mettetevi alla prova per dare un senso profondo alla vita”

È iniziato il conto alla rovescia: tra quattro settimane esatte, il prossimo 16 giugno, scatterà ufficialmente l’esame di maturità 2021, il secondo in tempo di Covid. Una prova orale articolata in quattro fasi, che partirà dalla discussione dell’elaborato che ogni studente deve presentare su un argomento concordato con i docenti: un “orale rafforzato” in presenza di circa 60 minuti. La Commissione sarà costituita da sei docenti interni, che fanno parte del Consiglio di classe, e da un presidente esterno. Coinvolti circa 490 mila maturandi tra interni e privatisti.

Un esame che, comunque lo si voglia guardare, continua a rappresentare un rito di passaggio dall’adolescenza all’età adulta, atteso con timore e apprensione da tutti gli studenti. A distanza di anni rimane impresso nella memoria di molti di noi e talvolta torna a popolare di notte i nostri sogni (o i nostri incubi) più di qualsiasi altro esame possiamo avere sostenuto.

Eraldo Affinati è uno scrittore e insegnante romano, fondatore 13 anni fa con la moglie Anna Luce Lenzi della Penny Wirton, una scuola gratuita di italiano per immigrati. È soprattutto un educatore, attento e sensibile ai bisogni e alle potenzialità dei ragazzi.

Professore, ancora una maturità in tempo di Covid dopo un anno scolastico non facilissimo. Se potesse rivolgersi agli studenti che si stanno preparando ad affrontare questa prova che cosa direbbe loro?Cari ragazzi, non dovete drammatizzare l’esame di Stato. I professori sono i vostri, quelli che già conoscete, quindi sapete cosa aspettarvi, l’unico esterno sarà il presidente. Per il punteggio conterà molto ciò che avete già fatto, quindi esistono tutte le premesse per sostenere un colloquio tranquillo, senza troppi patemi d’animo.

Sarà più una prova con voi stessi: se la farete bene acquisterete fiducia anche in vista dei futuri impegni, universitari o professionali, che vi attendono. Ma anche se qualcosa andrà storto, un’incomprensione, un equivoco, un fraintendimento, sappiate che questa è l’essenza della vita. Non possiamo pretendere che tutto funzioni sempre al meglio. Quindi mettiamo in conto anche l’errore nostro e altrui. E andiamo avanti lo stesso.

Che lezione possono avere tratto e che tipo di “maturità” possono aver acquisito gli studenti da un anno e mezzo di pandemia? Una prova che non può lasciare come prima…Credo non si possa fare un discorso unico. Molti ragazzi, inutile negarlo, sono entrati in crisi a causa della pandemia, alcuni hanno avuto reazioni rabbiose con gesti anche autolesionistici, numerosi purtroppo hanno abbandonato la frequenza scolastica, specie quelli più fragili che già prima del Covid erano sul punto di staccare: adesso sarà compito degli educatori aiutarli a rientrare.

Ma un gran numero di altri adolescenti, nel lungo periodo di isolamento, ha compreso il valore della comunità. Questa è stata una grande lezione.Ciò che magari prima del Covid potevano dare per scontato, ora sembra loro il bene più prezioso: trascorrere un pomeriggio insieme agli amici, parlare, ridere, scherzare. Per apprezzare la qualità delle relazioni umane certi giovani hanno dovuto sperimentare la loro assenza. Ma questo secondo me potrà renderli ancora più forti e consapevoli, al punto che negli anni venturi le generazioni che oggi hanno sofferto saranno quelle in grado di fornire il miglior aiuto a chi verrà dopo.

Il divulgatore scientifico Piero Angela ha formulato un augurio ai maturandi ricordando la propria maturità nel dopoguerra, tra macerie e voglia di ricostruzione. Anche oggi stiamo vivendo una “guerra”, seppure immateriale, con oltre 120mila vittime e macerie invisibili ma pesantissime dal punto di vista economico, sociale, psicologico. Che incoraggiamento dare ai ragazzi, non solo per l’esame ma anche, più in generale, per “ricostruire” il proprio futuro?Credo anch’io che i prossimi mesi estivi possano essere paragonati a una sorta di dopoguerra: del resto il numero delle vittime non lascia adito a dubbi. Tuttavia resto fiducioso.

Nel periodo della pandemia ho visto coi miei occhi tanti liceali mettersi in gioco nella scuola Penny Wirton per insegnare la lingua italiana ai loro coetanei immigrati: hanno potuto farlo grazie ai Pcto (Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento), l’ex Alternanza scuola lavoro. Questa esperienza, che i maturandi illustreranno alle Commissioni d’esame come prevede la quarta parte del colloquio orale, li ha fatti crescere, in quanto si sono confrontati con ragazzi della loro età provenienti da Africa e Asia, minorenni non accompagnati.

In particolare, leggendo i resoconti di alcune tirocinanti, io stesso, per l’ennesima volta, mi sono reso conto di quanto i giovani siano ricchi di energia prorompente: basta saperla indirizzare per scoprire nella loro sfera interiore straordinarie risorse che sarebbe davvero assurdo sprecare lasciandole inutilizzate. L’incoraggiamento è quindi quello di spingerli a mettersi alla prova per dare un senso profondo alla vita: soltanto in questo modo le idee non resteranno abbozzi sulla carta ma prenderanno corpo nell’azione concreta.

Non tutti gli studenti hanno avuto la possibilità di seguire la didattica a distanza in condizioni ottimali – case piccole, mancanza di dispositivi, connessioni poco stabili – soprattutto al sud del Paese. Che cosa si sente di dire ai docenti?I docenti vanno, prima di ogni altra cosa, ringraziati per lo straordinario lavoro che, nella grande maggioranza dei casi, hanno saputo fare in condizioni di assoluta emergenza: anche quelli che non erano abituati a usare gli strumenti tecnologici necessari per realizzare la didattica a distanza, si sono industriati così come hanno potuto, nel tentativo di raggiungere i loro studenti, spesso tappando i buchi: connessioni WiFi non adeguate, spazi domestici difficili. C’è stato chi si è limitato a riproporre la lezione frontale e chi invece ha escogitato forme nuove di apprendimento digitale che potranno esserci utili anche da settembre in poi, quando torneremo in presenza.

È chiaro che non tutto è andato per il meglio: la dispersione scolastica, lo sappiamo, è aumentata, le cosiddette competenze sono diminuite, ora bisognerà correre ai ripari, ma la tragica esperienza che abbiamo vissuto ha fatto capire a molti ciò che prima dicevano in pochi: la scuola, entrando nelle case degli italiani, ha dimostrato di essere il vero cemento spirituale del Paese. Teniamolo presente adesso che siamo chiamati a rimettere in sesto l’economia grazie ai grandi finanziamenti europei: l’istruzione non può tornare ad essere l’ultima ruota del carro come purtroppo finora è sempre stata. La struttura, checché se ne dica, è buona: altrimenti perché i nostri studenti, tanto bistrattati in patria, quando vanno all’estero ottengono spesso i risultati migliori?