Dall'Italia
In Italia un bimbo su tre a rischio esclusione sociale. Servono azioni di contrasto a povertà e politiche di sistema
La pandemia da Covid-19 impatta gravemente sull’Agenda 2030 Onu per lo sviluppo sostenibile, sottoscritta da 19 Paesi tra cui l’Italia, e rischia di compromettere gli sforzi compiuti negli ultimi anni nel campo della tutela dei diritti delle bambine e dei bambini di tutto il mondo. Il tema dell’infanzia attraversa tutti e 17 i Sustainable Development Goals dell’Agenda 2030, che si basa sul principio della giustizia tra generazioni. “Per questo – afferma Asvis (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) occorre mettere in campo azioni di contrasto alle disuguaglianze tra i minori, che crescono anche a causa della diffusione del Covid-19, e misure volte a garantire istruzione di qualità per tutti, parità di genere e benessere”.
L’Agenda Onu guarda al mondo, ma anche in Italia non mancano ritardi e criticità nella condizione di bambini e ragazzi. Lo rivelano le 200 pagine del Rapporto Asvis 2020, diffuso l’8 ottobre scorso e rilanciato in occasione della Giornata mondiale dell’infanzia che ricorre oggi, 20 novembre.
In Italia continuano a diminuire le nascite, crescono le disuguaglianze tra bambini e ragazzi e cala la partecipazione alle attività educative. I dati dei nuovi nati confermano il trend negativo: “in dieci anni abbiamo perso oltre 385mila minori”, si legge nel report. Oggi, secondo Asvis, gli under 18 rappresentano il 16% del totale della popolazione e l’incidenza degli 0-14enni è la più bassa tra i Paesi dell’Ue (13,2% contro il 20,5% della capofila Irlanda)”. La pandemia ha avuto un grave impatto sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, come evidenziato dal WeWorld Index 2020. In 110 dei 172 Paesi analizzati, donne e bambini stanno subendo una forma di esclusione sociale, mentre due Paesi su tre non garantiscono una vita dignitosa alle fasce più vulnerabili, si legge nell’Index citato da Asvis. In Europa, è l’Islanda il Paese in cui i diritti dei bambini sono garantiti al meglio, seguita da Svizzera e Finlandia. L’Italia risulta al 15esimo posto.
Nel nostro Paese un bambino su tre è a rischio esclusione sociale. La percentuale, sottolinea Asvis, è più elevata rispetto alla media europea (uno su quattro), e si tratta di dati anteriori allo scoppio dei Covid-19. In Italia, nel 2019 quasi 1,7 milioni di famiglie erano classificate in povertà assoluta, di cui oltre 1,1 milioni minori, l’11 per cento del totale.
Un sostegno, fa notare Asvis, è arrivato dal Decreto “Cura Italia”, che ha istituito un bonus per l’acquisto di servizi di baby-sitting per i dipendenti del settore sanitario pubblico e privato, ed è intervenuto sulla necessità di garantire la cura dei figli durante il periodo di emergenza, prevedendo 15 giorni di “congedo straordinario” al 50 per cento di retribuzione usufruibile da tutti i lavoratori dipendenti, privati e pubblici, con figli fino a 12 anni di età.
Il Decreto “Rilancio” è invece intervenuto a supporto della condivisione del lavoro di cura dei figli per i genitori occupati: fino alla fine dello stato di emergenza nazionale i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di 14 anni hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza di accordi individuali. Ma, più in generale, servono politiche di sistema mirate al sostegno di bambini e adolescenti.
Tra scuole chiuse e didattica a distanza. La chiusura delle scuole a primavera e la conseguente adozione della Didattica a distanza (Dad) hanno avuto ricadute negative sia sui processi di insegnamento e apprendimento, sia sulla capacità di inclusione e, di conseguenza, sul livello di competenza degli studenti e sulla dispersione scolastica. Prima del lockdown, si legge nel report Asvis, il 12,3 per cento dei minori tra 6 e 17 anni non disponeva di un pc o tablet a casa.
Per questo, con il Decreto “Cura Italia”, il Governo “ha stanziato 85 milioni di euro per piattaforme, strumenti digitali, connessioni di rete e formazione del personale scolastico, per permettere a tutti di usufruire della Dad”.
Ma i ritardi del nostro Paese nel conseguimento del Goal n. 4 (Education) hanno radici più lontane. Già dal 2014 si era registrata una diminuzione della partecipazione culturale, delle competenze di base in lettura e da un più basso tasso di partecipazione alle attività educative dei bambini di cinque anni. Per questo, a giugno dello stesso anno, Asvis aveva contribuito a elaborare il documento “EducAzioni”, redatto insieme ad altre otto reti impegnate nel campo dell’infanzia e dell’adolescenza, che proponeva una serie di azioni per contrastare la povertà educativa, tra cui l’attivazione di “Poli educativi 0-6 anni” nei territori più svantaggiati; la costruzione di patti educativi territoriali per coordinare l’offerta educativa curriculare con quella extracurriculare; la definizione di un piano strategico nazionale sull’infanzia e sull’adolescenza.
Un documento da rilanciare, se si pensa che nel nostro Paese solo il 12,5 per cento dei bambini di età 0-2 anni ha accesso a un asilo pubblico comunale. E oltretutto con con gravissimi squilibri territoriali: la percentuale sale al 24,8 per cento in Emilia-Romagna e crolla al 2,1 per cento in Calabria. Complessivamente, solo il 24,7 per cento dei bambini nella fascia 0-2 anni ha accesso a un servizio pubblico o privato. I divari territoriali sono evidenti anche nella dispersione scolastica che sfiora il 20 per cento in alcune regioni del Sud contro una media europea del 10,6 per cento.