Cure palliative: don Angelelli (Cei), “sedazione profonda non è atto eutanasico”

“La sedazione palliativa profonda è stata erroneamente paragonata all’eutanasia, ma non è assolutamente un atto eutanasico, posto che venga fatta a determinate condizioni”.  A sgomberare il campo da ogni possibile equivoco tra sedazione profonda – trattamento sanitario previsto dalle legge 38 sulle cure palliative per consentire ad un paziente in fase terminale, come il giovane ex calciatore Giovanni Custodero scomparso nei giorni scorsi, di non provare dolore quando ogni altro trattamento farmacologico risulta ormai inefficace – ed atti eutanasici volti a procurare la morte, è don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei, introducendo oggi a Roma, presso la sede dei vescovi italiani, la giornata di studio e formazione per assistenti spirituali e cappellani degli hospice. Don Angelelli ribadisce il valore delle cure palliative, “elevate quasi a  diritto costituzionale dall’ultima sentenza della Consulta su fine vita e suicidio assistito”.

“Come Chiesa – puntualizza  –  abbiano elaborato una posizione chiara: il ricorso alle cure palliative è la risposta ad un’idea di abbandono nella fase terminale della vita. Siamo infatti convinti che se una persona viene accompagnata  in modo dignitoso al termine della sua vita, riesce a trovare un senso anche alla dimensione della sofferenza e ragionevolmente non chiederà di anticipare la morte”. Il direttore dell’Ufficio Cei annuncia che durante i lavori del Tavolo hospice che si è riunito ieri, sempre a Roma, è stato chiuso il documento sull’identità degli hospice cattolici e di ispirazione cristiana, attualmente 24 strutture sul territorio nazionale, il 10 per cento di tutti gli hospice presenti nel nostro Paese. Ora il testo, che si propone come punto di riferimento per l’accompagnamento delle persone negli ultimi momenti della loro vita, verrà sottoposto all’approvazione della Commissione episcopale per il servizio della carità e la salute.