Dall'Italia
Coronavirus. L’appello di Mattia dall’ospedale: “State a casa, seguite le regole, siate responsabili e altruisti”
“Mi manca il contatto fisico, l’abbraccio dei miei e pure Roma”. Mattia De Angelis parla dal reparto di malattie infettive di Rovereto. La voce ogni tanto è interrotta dalla tosse, regalo del virus che ha contagiato il mondo. “Non ti lascia mai – racconta −. È una malattia subdola che ogni tanto ti dà l’illusione di essere sparita ma poi ritorna”. Romano, 29 anni, era in Trentino da dicembre per lavorare agli impianti sulle piste da sci. Sulle montagne intorno a Canazei, prese d’assalto anche da chi era invitato a stare a casa dopo la chiusura delle scuole imposta dal governo il 5 marzo scorso. Appassionato di ginnastica artistica, Mattia è considerato il salutista di casa, una virtù che probabilmente ha dato del filo da torcere al virus.
La sua storia, prima ancora dai giornali, l’ha raccontata lui stesso sui social per mandare un messaggio: state a casa, seguite le regole, non affollate i parchi! Sì perché le immagini della gente sulle spiagge o le notizie di chi viene pizzicato dalle forze dell’ordine mentre fa festa sul terrazzo condominiale lo fanno arrabbiare.
Chi più di lui in questo momento non vorrebbe uscire dall’ospedale?
Da un ambiente dove tutti sono protetti da mascherine, tute e guanti? “Eppure mi hanno scritto cattiverie sui social – continua −. Dicono che faccio l’attore, che la mia malattia è finta perché non sono attaccato a un respiratore. Se lo fossi sarei in terapia intensiva dove non potrei comunicare. Solo nella prima fase ho avuto bisogno dell’ossigeno. Avevo la sensazione di affanno, la febbre alta, ero agitato, vedevo tutti intorno a me ‘imbacuccati’ “.
Sin dai primi giorni, quando la gente ha iniziato ad abbandonare le Dolomiti, Mattia si è autoisolato in casa. “Sia per le raccomandazioni del governo sia per la paura del contagio – dice −. Poi è iniziata la tosse che è stata forte, accompagnata dalla sensazione di avere polvere e piombo nei polmoni. Quando sono arrivato in ospedale ho capito che la situazione era grave perché la gente stava distante da me, tutti erano attenti a quello che toccavo”. “Nessuno mi ha denigrato, assolutamente – prosegue − ma sei un paziente da trattare con le massime precauzioni perché i sanitari rischiano tanto, continuamente”.
Adesso si trova di fronte a un nuovo bivio: “Ora potrei tornare a casa a Canazei – spiega − stare in isolamento continuando a prendere i farmaci ma non posso: nell’appartamento ci sono altre tre persone che potrebbero essere positive. Fra qualche giorno mi dovrebbero spostare in un altro reparto dove rimarrò in osservazione e alla fine mi faranno i tamponi. Mi auguro siano negativi perché ho voglia di tornare a casa, nella mia città”.
A parte le polemiche e le richieste di interviste, a Mattia arrivano tanti messaggi di affetto: “Per me è importante. Credo che le preghiere abbiano fatto tanto per permettermi di non peggiorare. La prima cosa che farò quando sarà tornata la normalità sarà abbracciare tutti. Mi manca tanto stare con i miei, i fratelli e gli amici”.
Le ultimissime restrizioni giunte ieri sera dal ministero della Salute vietano l’accesso ai giardini pubblici, l’attività sportiva o ludica lontano da casa e lo spostamento nelle seconde case. Misure necessarie che Mattia chiede vengano rispettate soprattutto dai suoi coetanei e a chi si crede ancora invincibile e immune dall’infezione. “Siate responsabili e altruisti – invita −. Un mese fa pensavo fosse una semplice influenza che potevo combattere invece mi ha sconvolto la vita perché non auguro a nessuno quello che sto passando. Abbiate pazienza, tutto andrà bene e tornerà alla normalità”.