Dalla Chiesa
Papa in Cile: “ascoltare disoccupati, popoli autoctoni, migranti, giovani, anziani e bambini”. “Perdono” per gli abusi
“E’ una gioia per me potermi trovare nuovamente sul suolo latino-americano e iniziare la visita a questa amata terra cilena, che mi ha ospitato e formato durante la mia gioventù; vorrei che questo tempo con voi fosse anche un tempo di gratitudine per tanto bene ricevuto”. Sono le prime parole pronunciate dal Papa in terra cilena, e riferite all’anno di studio che ha passato da giovane nel Paese, ora prima tappa del suo 22° viaggio apostolico internazionale. “Mi torna alla mente quella strofa del vostro inno nazionale”, ha proseguito il Papa nel suo primo discorso, rivolto alle autorità, alla società civile e ai membri del Corpo diplomatico: “Puro, o Cile, è il tuo cielo azzurro / e pure brezze ti attraversano / e la tua campagna ricamata di fiori / è la copia felice dell’Eden”: “un vero canto di lode per la terra che abitate, colma di promesse e di sfide, ma specialmente carica di futuro”, il commento di Francesco, che ha ringraziato la presidente uscente Bachelet per il suo discorso di benvenuto e attraverso di lei ha salutato e abbracciato il popolo cileno, “dall’estremo nord della regione di Arica e Parinacota fino all’arcipelago sud e al suo dissolversi in penisole e canali”. “La vostra diversità e ricchezza geografica ci permette di cogliere la ricchezza della polifonia culturale che vi caratterizza”, il tributo del Papa ai cileni, salutando anche il presidente eletto, Sebastián Piñera Echenique, che ha ricevuto recentemente il mandato del popolo cileno di governare il Paese nei prossimi quattro anni. L’incontro con le autorità si è svolto questa mattina alle 8.20 locali (le 12.20 ora di Roma), al Palacio de La Moneda, dove l’11 settembre del 1973 è morto il presidente Salvador Allende. Al termine dell’incontro con l’autorità, la visita di cortesia alla presidente Bachelet, con la presentazione della famiglia e lo scambio di doni.
“Il Cile si è distinto negli ultimi decenni per lo sviluppo di una democrazia che gli ha consentito un notevole progresso”. Lo ha fatto notare il Papa, che nel discorso alle autorità cilene, pronunciato alla Moneda, ha definito le recenti elezioni politiche “una manifestazione della solidità e maturità civica raggiunta, e ciò acquista un particolare rilievo quest’anno nel quale si commemorano i 200 anni della dichiarazione di indipendenza”. “Momento particolarmente importante – ha sottolineato – poiché segnò il vostro destino come popolo, fondato sulla libertà e sul diritto, chiamato anche ad affrontare diversi periodi turbolenti riuscendo tuttavia – non senza dolore – a superarli”. “In questo modo voi avete saputo consolidare e irrobustire il sogno dei vostri padri fondatori”, il tributo di Francesco, che ha citato le “emblematiche parole del card. Silva Henríquez quando in un Te Deum affermò: ‘Noi – tutti – siamo costruttori dell’opera più bella: la patria. La patria terrena che prefigura e prepara la patria senza frontiere. Tale patria non comincia oggi, con noi; e tuttavia non può crescere e fruttificare senza di noi. Perciò la riceviamo con rispetto, con gratitudine, come un compito iniziato da molti anni, come un’eredità che ci inorgoglisce e al tempo stesso ci impegna’”. “Ogni generazione deve far proprie le lotte e le conquiste delle generazioni precedenti e condurle a mete ancora più alte”, la consegna del Papa, secondo il quale “il bene, come anche l’amore, la giustizia e la solidarietà, non si raggiungono una volta per sempre; vanno conquistati ogni giorno”. “Non è possibile accontentarsi di quello che si è già ottenuto nel passato e fermarsi a goderlo in modo che tale situazione ci porti a disconoscere che molti nostri fratelli soffrono ancora situazioni di ingiustizia che ci interpellano tutti”, l’appello.
“Avete davanti una sfida grande e appassionante: continuare a lavorare perché la democrazia, il sogno dei vostri padri, ben al di là degli aspetti formali, sia veramente un luogo d’incontro per tutti”. È la parte centrale del primo discorso del Papa in Cile, durante l’incontro con le autorità nel palazzo presidenziale di Santiago. “Che sia un luogo nel quale tutti, senza eccezioni, si sentano chiamati a costruire casa, famiglia e nazione”, l’auspicio di Francesco: “Un luogo, una casa, una famiglia, chiamata Cile: generoso, accogliente, che ama la sua storia, che lavora per il presente della sua convivenza e guarda con speranza al futuro”. Poi il Papa ha citato San Alberto Hurtado, nel cui omonimo santuario concluderà la giornata di oggi, per la visita privata e l’incontro con 90 sacerdoti cileni della Compagnia di Gesù: “Una nazione, più che per le sue frontiere, più che la sua terra, le sue catene montuose, i suoi mari, più che la sua lingua o le sue tradizioni, è una missione da compiere. È futuro. E quel futuro si gioca, in gran parte, nella capacità di ascolto che hanno il suo popolo e le sue autorità”. “Tale capacità di ascolto acquista un grande valore in questa nazione – ha ammonito Francesco – dove la pluralità etnica, culturale e storica esige di essere custodita da ogni tentativo di parzialità o supremazia e che mette in gioco la capacità di lasciar cadere dogmatismi esclusivisti in una sana apertura al bene comune, che se non presenta un carattere comunitario non sarà mai un bene”.
“È indispensabile ascoltare”. È all’insegna di questo imperativo, che il Papa ha delineato le sfide più urgenti che il Cile deve raccogliere, per assicurare un futuro di diplomazia e di pace. “Ascoltare i disoccupati, che non possono sostenere il presente e ancor meno il futuro delle loro famiglie”, ha iniziato Francesco entrando nel dettaglio: “ascoltare i popoli autoctoni, spesso dimenticati, i cui diritti devono ricevere attenzione e la cui cultura protetta, perché non si perda una parte dell’identità e della ricchezza di questa nazione. Ascoltare i migranti, che bussano alle porte di questo Paese in cerca di una vita migliore e, a loro volta, con la forza e la speranza di voler costruire un futuro migliore per tutti. Ascoltare i giovani, nella loro ansia di avere maggiori opportunità, specialmente sul piano educativo e, così, sentirsi protagonisti del Cile che sognano, proteggendoli attivamente dal flagello della droga che si prende il meglio delle loro vite. Ascoltare gli anziani, con la loro saggezza tanto necessaria e il carico della loro fragilità. Non li possiamo abbandonare”. “Ascoltare i bambini, che si affacciano al mondo con i loro occhi pieni di meraviglia e innocenza e attendono da noi risposte reali per un futuro di dignità”, ha concluso il Papa facendo espresso riferimento alla pedofilia. “Non posso fare a meno di esprimere il dolore e la vergogna che sento davanti al danno irreparabile causato a bambini da parte di ministri della Chiesa”, le sue parole: “Desidero unirmi ai miei fratelli nell’episcopato, perché è giusto chiedere perdono e appoggiare con tutte le forze le vittime, mentre dobbiamo impegnarci perché ciò non si ripeta”.
“Prestare un’attenzione preferenziale alla nostra casa comune”. Si è concluso con questo appello il primo discorso del Papa in Cile, pronunciato alla Moneda di fronte alle autorità, ai rappresentanti della società civile e al Corpo diplomatico. “Far crescere una cultura che sappia prendersi cura della terra e a tale scopo non accontentarci solo di offrire risposte specifiche ai gravi problemi ecologici e ambientali che si presentano”, l’invito di Francesco, che sulla scorta della Laudato sì ha chiesto ai cileni l’audacia di “uno sguardo diverso, un pensiero, una politica, un programma educativo, uno stile di vita e una spiritualità che diano forma ad una resistenza di fronte all’avanzare del paradigma tecnocratico” che “privilegia l’irruzione del potere economico nei confronti degli ecosistemi naturali e, di conseguenza, del bene comune dei nostri popoli”. “La saggezza dei popoli autoctoni può offrire un grande contributo”, ha garantito il Papa, secondo il quale “da loro possiamo imparare che non c’è vero sviluppo in un popolo che volta le spalle alla terra e a tutto quello e tutti quelli che la circondano”. “Il Cile possiede nelle proprie radici una saggezza capace di aiutare ad andare oltre la concezione meramente consumistica dell’esistenza per acquisire un’atteggiamento sapienziale di fronte al futuro”, l’omaggio di Francesco: “L’anima del carattere cileno è vocazione ad essere, quella caparbia volontà di esistere. Vocazione alla quale tutti sono chiamati e rispetto alla quale nessuno può sentirsi escluso o dispensabile. Vocazione che richiede un’opzione radicale per la vita, specialmente in tutte le forme nelle quali essa si vede minacciata”.