Papa Francesco in Ungheria/4. L’incontro con i giornalisti sul volo Roma-Budapest

Non si sa se durante il volo con destinazione Budapest il Papa riuscirà a fare il consueto saluto ai giornalisti. È il pensiero che serpeggiava tra gli addetti ai lavori già dal primissimo mattino di oggi, in attesa al terminal 5 di Fiumicino, a Roma, in partenza per Budapest, per il viaggio apostolico di papa Francesco che dura fino a domenica prossima.

A un certo punto in cabina si nota una certa agitazione e si sente un po’ di brusio. Al di qua della tenda che separa la zona riservata al Papa e ai suoi più stretti collaboratori si presenta Bergoglio. Prende il microfono per rivolgere un saluto, ma l’amplificazione non funziona. Dal fondo i colleghi si lamentano: “non si sente”, protestano. Il Pontefice riprova due tre volte, poi rinuncia. Si avvicina ai colleghi più vicini a lui. Li saluta, stringe mani, ascolta, riceve lettere, quadri, libri, richieste di dediche e di preghiere. Arranca con il bastone lungo lo stretto corridoio, ma non rinuncia a incontrare uno per uno tutti gli operatori della comunicazione che viaggiano con lui. È una tradizione e la vuole mantenere. Molti si commuovono, altri hanno richieste di preghiere. Altri hanno gli occhi lucidi e chiedono. 

Arriva il mio turno. Mi sono preparato due parole da rivolgergli. Francesco mi ascolta. Il fido Salvatore Scolozzi della Sala stampa vaticana gli dice che è la prima volta che salgo sull’aereo papale. E io gli dico che vengo da un giornale di periferia e gli ricordo la sua visita a Cesena. Aggiungo alcune note di famiglia e gli consegno una busta con qualche riga preparata la sera prima che conservo in copia sul cellulare. Il Papa mi ascolta con attenzione, mi fissa negli occhi, mi fa una battuta, si interessa a me, come se ci fossi solo io.

L’emozione è altissima. So che non gli ho detto tutto quello che volevo, ma fa lo stesso. Essere qui è un’occasione unica e aver dialogato col Papa lo è ancora di più, per me e per quanti sono qui su questo volo. Francesco mi scuote e ci scuote, come gli riesce sempre quando guarda negli occhi e scruta i cuori di chi incrocia il suo sguardo.