Dalla Chiesa
Papa Francesco in Ungheria/7. “Giovani, abbiate il coraggio del vero, senza nascondere nulla. Non accontentavi di stare sui social”
“Sono felice di stare con voi”. Esordisce così papa Francesco nell’incontro che si è chiuso poco fa al Papp Laszlo Budapest Sportarena gremito di oltre 12 mila giovani pieni di entusiasmo. L’atmosfera è quelle delle partite di basket o dei grandi concerti. Il palazzo dello sport è un vero e proprio stadio coperto, con le pubblicità che si vedono nei confronti del basket made in Usa, l’Nba, per intenderci. Nel tempo prima dell’incontro va in onda un concerto, con clima travolgente. Sugli spalti non c’è un solo posto libero.
Sui megaschermi passano le immagini delle Gmg con papa Francesco: Rio de Janeiro (2013), Cracovia (2016) e Panama (2019). Sequenze che fanno riemergere in tanti emozioni ancora molto vive e proiettano verso l’appuntamento di Lisbona dell’agosto prossimo. Poi balletti, brevi riflessioni e canzoni e tanta musica, quella che piace ai giovani. Per incontrarli sul loro terreno, appunto, per una Chiesa che va nelle strade del mondo. Cristus vivit, è stato ripetuto più volte dal palco, un Cristo vivo nella Chiesa di oggi, che spalanca le braccia ai giovani.
Prima dell’arrivo del Pontefice i ragazzi si alzano tutti in piedi per cantare una sorta di loro inno dal titolo “Cammino” e poi la famosa Jesus Christ, you are my life di don Marco Frisina, per accompagnare l’ingresso di papa Francesco in carrozzina. Nonostante l’età e le difficoltà di movimento, l’anziano Papa è capace lo stesso di calamitare l’attenzione di migliaia di giovani che gli tributano un’ovazione. Lui scende dalla carrozzina e va a salutare i ragazzi disabili.
Sorride Francesco e saluta mentre si canta Alleluja per attendere il suo arrivo sul palco. Proseguono applausi scroscianti, da stadio. Al Papa vengono donati un pallone molto prezioso, firmato dal campione ungherese di calcio Ferenc Puskas deceduto nel 2006, un cubo di Rubik e una bottiglia di vino. Prima delle testimonianze viene eseguito un balletto tipico proprio davanti al Papa che al termine fa il gesto del pollice in alto, per indicare Ok, come è nel suo stile.
Bergoglio si sintonizza con quanti ha davanti. Tutti sono elettrizzati per il coinvolgente preludio. “È importante – dice il Papa – che ci sia qualcuno che ascolti le vostre domande” e che “vi aiuti a sfidare senza paura l’avventura della vita in cerca di risposte grandi”. Perché, aggiunge a braccio, “le risposte preconfezionate non fanno felici”.
Come è accaduto in mattinata durante l’incontro con i poveri e i rifugiati, Bergoglio riprende le testimonianze ascoltate. La prima è quella di Bertalan, un 15enne che per anni ha vissuto con l’ansia di affrontare le sfide che si ponevano davanti. “Cristo è Dio in carne e ossa, il Dio vivo che si fa vicino. È l’amico migliore degli amici, è il fratello, il migliore dei fratelli, ed è molto bravo nel porre domande. Nel Vangelo è Lui che fa domande”.
È un Dio che non condanna, ma perdona sempre, “pronto a rialzarci a ogni nostra caduta – dice Francesco -. Mettete questo in testa – aggiunge fuori testo – Dio perdona sempre. Come si dice in ungherese?”. E rivolgendosi al traduttore, gli intima: “Fallo dire a loro”. E lo fa ripetere due volte e termina con un “non dimenticatevi”.
“Che cosa cercate?”, si legge nel Vangelo. Bergoglio chiede ai suoi giovani di oggi a Budapest: “Anche io faccio una domanda: cosa cercate nella vita? Nel vostro cuore? In silenzio, ciascuno risponda”. E aggiunge: Gesù “non vuole che i suoi discepoli siano scolari che ripetono la lezione, ma giovani liberi e in cammino, compagni di strada di un Dio che ascolta i loro bisogni ed è attento ai loro sogni”.
Il Pontefice ammonisce i suoi interlocutori e li mette in guardia dalle finte scorciatoie. “Non si diventa grandi scavalcando gli altri – aggiunge – ma abbassandosi verso gli altri. Non a discapito degli altri, ma servendo gli altri. Vorrei ripetere: servendo gli altri. Gesù è felice che raggiungiamo grandi traguardi. Non ci vuole pigri e poltroni (e qui viene in mente la metafora del divano alla Gmg di Cracovia del 2016, ndr). Non ci vuole timidi e zitti. Ci vuole vivi, attivi, protagonisti (e scandisce la parola, ndr). Alza l’asticella dei nostri desideri”. E cita un proverbio ungherese, “chi osa vince”. E qui riceve un’ovazione ulteriore. Saranno tante durante tutto l’incontro, oltre venti interruzioni del discorso con gli applausi.
Il Papa azzarda una sua ricetta da fornire ai giovani. Puntare in alto e allenarsi, dice. “Hai talenti? Metti in gioco ciò che hai. Investi sui grandi traguardi della vita”. E invita a fare squadra. “Mai da soli, ma con gli altri – aggiunge – nella comunità, insieme, vivendo esperienze comuni. E ammonisce sul pericolo di una grande tentazione, quella “di accontentarsi di un cellulare e di qualche amico. Poca cosa (dice ancora a braccio) quel gruppo piccolino col quale dialogare col cellulare. Permettetemi, è una cosa un po’ stupida”.
Riprendendo la testimonianza di Krisztina afferma di “non avere paura di andare controcorrente” e invita a “trovare un tempo di silenzio ogni giorno per fermarvi e pregare”. E prosegue, “fa tanto bene sapersi fermare per fare il pieno, per ricaricare le batterie. Ma attenzione: non per immergersi nelle proprie malinconie o rimuginare sulle proprie tristezze, non per pensare a chi mi ha fatto questo o quello, facendo teorie su come si comportano gli altri. Questo non fa bene. Questo è un veleno e non si fa”.
Francesco affronta il tema del silenzio, “il terreno su cui coltivare relazioni benefiche. Il silenzio ci dà la possibilità di leggere una pagina di Vangelo, di adorare Dio ritrovando così la pace nel cuore”. E mette in evidenza un pericolo diffuso per i giovani di oggi, e non solo per loro: “Il silenzio non è per incollarsi ai cellulari e ai social. No, per favore. La vita è reale, non virtuale, non avviene su uno schermo, ma nel mondo. Per favore, non virtualizzare la vita. Lo ripeto: non virtualizzare la vita che è concreta”.
Il silenzio, dunque, “la porta della preghiera e la preghiera è la porta dell’amore”, aggiunge Bergoglio. Oltre la preghiera il Papa sollecita i giovani a dedicare tempo alla Messa, alla Confessione. “Non abbiate paura, quando pregate – dice – di portare a Gesù tutto quello che passa nel vostro mondo interiore: gli affetti, i timori, i problemi, le aspettative, i ricordi, le speranze, anche il peccato”. E dice fuori testo: “pregare non è noioso, siamo noi a farlo noioso. È un incontro con il Signore. È bello”.
“Che bello quando si ha il coraggio del vero, senza nascondere, senza camuffare, senza indossare maschere. Persone vere, limitate come noi”. Niente apparenze. “Il pericolo oggi – dice ancora Francesco a braccio – è essere una persona finta. Per favore, mai essere una persona finta. Il Signore ci vuole bene così. Non spaventatevi delle miserie”. E poi incita a prendere in mano la propria vita per aiutare il mondo a vivere in pace. Lasciamoci scomodare da questo. Chiediamoci, ciascuno di noi: io che cosa faccio per gli altri? Per la Chiesa? Per la società? Che cosa faccio per i miei nemici?” e il pensiero di molti è andato alla vicina guerra in corso tra Russia e Ucraina.
A Gesù, prosegue il Papa citando il brano di Vangelo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, bastano cinque pani e due pesci di fare tanto. “lasciare nelle mani di Gesù questo basta e avanza – conclude il suo dialogo Francesco -. Poi il ragazzo del brano evangelico fa una cosa straordinaria, nonostante l’assurdità della richiesta di fronte al bisogno di sfamare miglia di persone: si fida, dà tutto, non tiene nulla per sé. Era venuto per ricevere da Gesù e si trova a dare a Gesù. Ma così avviene il miracolo. Nasce dalla condivisione: la moltiplicazione operata da Gesù comincia dalla condivisione di quel giovane con Lui e per gli altri. Il poco di quel ragazzo nelle mani di Gesù diventa molto. Ecco dove porta la fede: alla libertà di dare, all’entusiasmo del dono, al vincere le paure, a mettersi in gioco! Amici, ciascuno di voi è prezioso per Gesù, e anche per me! Ricordati che nessuno può prendere il tuo posto nella storia della Chiesa e del mondo: nessuno può fare quello che solo tu puoi fare. Aiutiamoci allora a credere che siamo amati e preziosi, che siamo fatti per cose grandi. Preghiamo per questo e incoraggiamoci in questo! E ricordatevi anche di fare del bene a me con la vostra preghiera. Köszönöm”, grazie in ungherese.
Gli applausi per il Papa sembrano non terminare più. È un’ennesima ovazione. Segue la preghiera insieme e la benedizione che chiude un pomeriggio nel segno della festa, dell’amicizia e della condivisione. Papa e giovani, il dialogo prosegue e si dà appuntamento alla Gmg di Lisbona. Da Budapest è arrivato un messaggio capace di gettare ponti, come quelli sul Danubio, con le nuove generazioni.