Dalla Chiesa
Papa Francesco alla Curia romana: “Ascoltiamoci di più, senza giudicare”
“Anche nella Curia c’è bisogno di imparare l’arte dell’ascolto”. Ne è convinto papa Francesco, che nel tradizionale discorso di auguri natalizi alla Curia romana, dall’Aula della Benedizione – che ha percorso a piedi aiutandosi con il bastone, fino ad arrivare alla sua postazione tra gli applausi dei presenti – ha lanciato un monito preciso: “Prima dei nostri doveri quotidiani e delle nostre attività, soprattutto prima dei ruoli che rivestiamo, occorre riscoprire il valore delle relazioni, e cercare di spogliarle dai formalismi, di animarle di spirito evangelico, anzitutto ascoltandoci a vicenda. Con il cuore e in ginocchio”.
“Ascoltiamoci di più, senza pregiudizi, con apertura e sincerità; con il cuore in ginocchio”, la consegna di Francesco: “Ascoltiamoci, cercando di capire bene cosa dice il fratello, di cogliere i suoi bisogni e in qualche modo la sua stessa vita, che si nasconde dietro quelle parole, senza giudicare”.
Poi la citazione di sant’Ignazio: “È da presupporre che un buon cristiano deve essere propenso a difendere piuttosto che a condannare l’affermazione di un altro. Se non può difenderla, cerchi di chiarire in che senso l’altro la intende; se la intende in modo erroneo, lo corregga benevolmente; se questo non basta, impieghi tutti i mezzi opportuni perché la intenda correttamente, e così possa salvarsi. È tutto un lavoro per capire bene l’altro”.
“Abbiamo bisogno di ascoltare e ricevere sempre questo annuncio, soprattutto in un tempo ancora tristemente segnato dalle violenze della guerra, dai rischi epocali a cui siamo esposti a causa dei cambiamenti climatici, dalla povertà, dalla sofferenza, dalla fame e da altre ferite che abitano la nostra storia”, il riferimento al Natale imminente, all’inizio del suo discorso, incentrato su tre verbi – ascoltare, discernere, camminare – e tre rispettive figure di riferimento: Maria, Giovanni il Battista, i Magi.
“Il discernimento deve aiutarci, anche nel lavoro della Curia, a essere docili allo Spirito Santo, per poter scegliere gli orientamenti e prendere le decisioni non in base a criteri mondani, o semplicemente applicando dei regolamenti, ma secondo il Vangelo”, l’imperativo per il secondo verbo: “Per tutti noi è importante il discernimento, questa arte della vita spirituale che ci spoglia della pretesa di sapere già tutto, dal rischio di pensare che basta applicare le regole, dalla tentazione di procedere, anche nella vita della Curia, semplicemente ripetendo degli schemi, senza considerare che il Mistero di Dio ci supera sempre e che la vita delle persone e la realtà che ci circonda sono e restano sempre superiori alle idee e alle teorie”, l’indicazione di Francesco.
“La vita è superiore alle idee, sempre”, ha aggiunto a braccio. Poi la citazione del cardinal Martini: “Il discernimento è ben altro dalla puntigliosità meticolosa di chi vive nell’appiattimento legalistico o con la pretesa di perfezionismo. È uno slancio d’amore che pone la distinzione tra buono e migliore, tra utile in sé e utile adesso, tra ciò che in generale può andar bene e ciò che invece ora bisogna promuovere”. E ancora: “La mancata tensione per discernere il meglio rende spesso la vita pastorale monotona, ripetitiva: si moltiplicano azioni religiose, si ripetono gesti tradizionali senza vederne bene il senso”.
“Quando il servizio che svolgiamo rischia di appiattirsi, di “labirintare” nella rigidità o nella mediocrità, quando ci troviamo ingarbugliati nelle reti della burocrazia e del “tirare a campare”, ricordiamoci di guardare in alto, di ripartire da Dio, di lasciarci rischiarare dalla sua Parola, per trovare sempre il coraggio di ripartire”.
Così il Papa ha spiegato il terzo verbo scelto come guida del suo discorso alla Curia: camminare. “Dai labirinti si esce solo “da sopra” – ha suggerito -. Ci vuole coraggio per camminare, per andare oltre. È questione di amore”.
“Anche nel servizio qui in Curia è importante restare in cammino, non smettere di cercare e di approfondire la verità, vincendo la tentazione di restare fermi e di ‘labirintare’ dentro i nostri recinti e nelle nostre paure”, l’esortazione di Francesco, secondo il quale “le paure, le rigidità, la ripetizione degli schemi generano staticità, che ha l’apparente vantaggio di non creare problemi – quieta non movere – ci portano a girare a vuoto nei nostri labirinti, penalizzando il servizio che siamo chiamati a offrire alla Chiesa e al mondo intero”. A questo proposito, il Papa ha citato “la riflessione di uno zelante sacerdote sull’argomento, che può aiutare anche noi nel nostro lavoro di Curia”: “Egli dice che si fa fatica a riaccendere le braci sotto la cenere della Chiesa. La fatica, oggi, è quella di trasmettere passione a chi l’ha già persa da un pezzo. A sessant’anni dal Concilio, ancora si dibatte sulla divisione tra progressisti e conservatori. E questa non è la differenza. La differenza centrale è tra innamorati e abituati. Questa è la differenza. Solo chi ama può camminare”.
“La fede cristiana non vuole confermare le nostre sicurezze, farci accomodare in facili certezze religiose, regalarci risposte veloci ai complessi problemi della vita”, ha ricordato Bergoglio, esortando a restare “vigilanti contro il fissismo dell’ideologia, che spesso, sotto la veste delle buone intenzioni, ci separa dalla realtà e ci impedisce di camminare”.
“Per favore, mi raccomando, non perdiamo il senso dell’umorismo, che è salute!”, la raccomandazione finale prima degli auguri di Buon Natale.