Antonio da Padova, il santo

Padova, 13 giugno 1231. È giugno, un giugno umido e appiccicaticcio. All’improvviso orde di bambini escono fuori dai loro nascondigli gridando: “Il santo è morto, il santo è morto”. E nello stesso momento, misteriosamente, tutte le campane della città suonarono a festa all’unisono. Ma chi era il santo? Tutti conoscevano frate Antonio. Portamento nobile, gentile d’aspetto, capelli corvini, voce impastata che sapeva di terra di Spagna, e pelle ambrata e cotta al sole. Sì, Antonio non era italiano, ma oriundo della penisola iberica, nato proprio a Lisbona, (una delle metropoli del territorio sotto il dominio dei cattolicissimi Reali di Spagna) probabilmente il 15 di agosto del 1190 in una famiglia nobile e rispettata: i Bullhòes. Il padre era Alonso Martins e la madre Maria de Taveira. Una famiglia cristiana, ben voluta.

Fernando, questo era il suo nome di battesimo, crebbe educato con le buone maniere, tanto buone che, già a 15 anni, Fernando chiese e ottenne di farsi religioso ed entrare come novizio nei Canonici regolari agostiniani. Era un onore e un vanto per una famiglia nobile avere un figlio che si donasse tutto a Dio. Ottimo studioso, Fernando, doveva avere un dono speciale perché tutto gli veniva bene. A 24 anni fu ordinato sacerdote, prima del tempo (le costumanze di allora concedevano le ordinazioni solo a 30 anni) in una Cattedrale gremita di folla tra parenti, amici e curiosi. Ma ben presto dovette sfuggire queste presenze ingombranti. Chiese e ottenne di essere trasferito al convento di Santa Cruz a Coimbra. Qui riuscì ad avere giorni di pace e riuscire a terminare gli studi… ma i piani di Dio sono diversi dai nostri.

Passavano di là, in quei giorni, alcuni frati francescani che vivevano in un romitorio non troppo lontano di lì, a Olivares; sarebbero partiti tra breve, missionari per il Marocco. Bussavano chiedendo la carità… “Galeotto fu quell’incontro”. Nacque subito una profonda amicizia e grande empatia tra il giovane agostiniano e i poverelli. Spesso i frati si fermavano a parlare e raccontavano a Fernando del loro fondatore Francesco di Assisi. Fu amore a prima vista. La figura di Francesco entrò nel cuore di Fernando. Per un po’ di tempo non vide più i fraticelli. Un giorno suonarono al convento, qualcuno riportò la notizia che alcuni di quei  frati, i sacerdoti Ottone e Berardo e Pietro e i due laici Accursio e Adiuto, erano stati massacrati a colpi di scimitarra in Marocco. Fu quella “la goccia che fece traboccare il vaso” della vocazione di Fernando. Decise di farsi frate francescano. Era una scelta forte, consapevole. Abbandonò l’ampio e comodo abito lanoso agostiniano per il ruvido saio francescano… Cambiò persino il nome, in segno di totale rinnovamento spirituale: Antonio, lo stesso nome del santo di cui era intitolato l’eremo dei frati… Così padre Fernando lascia il posto a frate Antonio.

Di lì a poco lo sconosciuto fratino portoghese diverrà una “cima di sapienza”, un “luminare della Parola di Dio”, insegnò nelle università più famose del tempo, considerato dalla Chiesa Dottore, per i suoi testi, le opere e gli scritti…

Dopo una vita impiegata a insegnare la Parola di Dio, pur rimanendo nella umiltà e nel nascondimento, tra le continue penitenze e gli stenti, Antonio si spegne riconsegnando a Dio, a soli 36 anni la sua anima.