Vescovi Ue, monsignor Crociata: “Il nostro impegno per l’unità e la pace”

“I temi dell’unità e della pace sono le grandi sfide che l’Europa sta affrontando, che il Papa interpreta in maniera puntuale e che noi sentiamo molto vive nella nostra missione”. In un’intervista rilasciata al Sir e a Tv2000, è monsignor Mariano Crociata, vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno e neo presidente della Commissione degli episcopati dell’Unione europea (Comece), a fare il punto dell’incontro che i vescovi delegati delle Conferenze episcopali dell’Ue hanno avuto con papa Francesco nell’ambito dell’Assemblea plenaria di primavera della Comece. Un’Assemblea importante che ha visto l’elezione del nuovo presidente, monsignor Crociata, e dei 4 vicepresidenti, scelti per le diverse aree geografiche del continente. “La guerra – ha detto Francesco – non può e non deve più essere considerata come una soluzione dei conflitti. Se i Paesi dell’Europa di oggi non condividono questo principio etico-politico, allora vuol dire che si sono allontanati dal sogno originario”.

Come avete accolto queste parole di Papa Francesco?

L’Unione europea nasce all’indomani di una guerra che ha provocato morte e distruzione. Si sentiva il desiderio, anzi il bisogno, di non dover tornare più a vivere esperienze del genere. L’Europa è dunque un progetto di pace nelle sue origini e nelle sue radici. L’esperienza di oggi e in particolare di questo anno ci dice che purtroppo la storia ritorna e ritorna simile a come è stata vissuta nel passato, come se questi 70 anni di pace siano trascorsi invano. Si tratta allora di riscoprire questo desiderio, vincendo ogni deriva di predominio, prevaricazione e affermazione sugli altri e mettendosi tutti alla ricerca di un dialogo e di un incontro che facciano capire che, nel rispetto di ciascuno, è possibile vivere in pace e progredire insieme. Adesso il momento è enormemente difficile. Non si sa quali strade potranno aprirsi. L’invito del Papa ci dice che dobbiamo adoperarci in tutti i modi per inseguire anche oggi il sogno originario della pace in Europa. I nostri mezzi sono semplici. Sono il dialogo, la riflessione, gli incontri, i contatti, le idee. Questo noi possiamo e dobbiamo fare.

In queste ore è in corso il Consiglio europeo che sta riunendo a Bruxelles i 27 capi di Stato e di governo. Tra i temi, spicca la questione ucraina. Spesso il dibattito sembra essere centrato solo sull’invio di armi. Qual è la vostra opinione?

Ci sono dinamiche molto complesse, certamente, finché la guerra si alimenta, rischiano di continuare inesorabilmente la distruzione, la lotta, la sofferenza immane dei popoli. E di un popolo in particolare. È una situazione unica per la gravità e la drammaticità. È difficile. Non possiamo ignorare che siamo in presenza di un aggressore e di un aggredito. Per cui bisogna auspicare che i protagonisti accettino di fermarsi e di dialogare alle condizioni giuste, secondo quello che il diritto internazionale – unanimemente riconosciuto – indica. Vogliamo chiedere davvero che a tutti coloro, che hanno la capacità e la possibilità di farlo, di lavorare in questo senso. Noi non ci stancheremo di ripeterlo, insieme al Papa che è il primo a rinnovare costantemente l’appello perché la guerra finisca e si cerchino vie di pace.

Il Papa ha toccato anche il tema dell’unità.

Proprio perché l’Unione europea nasce da un bisogno di pace, si tratta di capire come articolare unità e diversità, come ha detto giustamente il Papa. Il progetto europeo è un progetto originale tra le formule politiche di collaborazione e aggregazione di Stati e popoli. Nasce dalla volontà dei popoli e delle nazioni di mettersi insieme. È chiaro che questa volontà va sempre riscoperta e abbracciata. In questo senso l’invito del Papa coglie ancora una volta un punto nevralgico che è un nostro impegno. Noi oltretutto siamo i rappresentanti di popoli e di comunità, siamo vescovi diocesani che conoscono le gioie e le fatiche che la gente oggi vive nei vari territori e nei diversi contesti sociali e politici. Dobbiamo diventare come Chiese fermento di questa unità e fermento di una rinnovata e sempre nuova volontà di pace.

Altro grande tema di attualità sono i migranti. Le persone continuano a partire. La situazione disperata. Non ci sono canali di ingresso legali per arrivare in Europa. Da questo punto di vita, quale riflessione?

L’immagine che purtroppo nelle nostre società si ha dell’immigrazione, a volte, è forzata, alterata, distorta. È un movimento complesso. Lo dicono gli studi: non è una minaccia. Non siamo minacciati da un’invasione. Far passare questo messaggio non è corretto perché non rispetta la realtà. Il problema vero è che siamo di fronte ad un’immigrazione disordinata, oserei dire, non governata. È governata secondo intenti strumentali ma non alla ricerca di un rapporto equilibrato tra coloro che vogliono venire e coloro che effettivamente entrano, tra i Paesi da cui partono e i Paesi che accolgono. Rapporto equilibrato che l’Europa dovrebbe cercare. Dobbiamo poi constatare che c’è una disparità tra Paesi esposti alla presenza confusa e disordinata di immigrati. Tuttavia, la situazione è complessa perché spesso gli immigrati non si fermano nei Paesi di primo approdo ma vanno in altri. È pertanto auspicabile cercare – al di là degli schemi, dei pregiudizi e dei luoghi comuni – una visione oggettiva e un governo ordinato di questo movimento. L’auspicio è che questo fenomeno possa diventare un punto di forza per le nostre società occidentali che già hanno sperimentato in larga misura negli anni passati quanto la presenza di immigrati abbia arricchito e consentito alle nostre società di crescere. Da questo punto di vista, credo che abbiamo molto da lavorare per superare le spinte a semplificare i problemi e a cercare i consensi facili.